Francesco Viviano e Alessandra Ziniti, la Repubblica 28/12/2014, 28 dicembre 2014
IN CELLA CON VERONICA: «SONO INNOCENTE, PRESTO TORNERÒ A CASA»
Gli occhi sono sempre quelli. Occhi neri liquidi, un lago di dolore, come quelli che la mattina del 30 novembre impressionarono l’Italia intera, gli occhi vuoti di una giovane mamma sorretta a braccia mentre viene portata via dal luogo dove è stato trovato il corpo senza vita di suo figlio. Ma un mese dopo lo sguardo di Veronica è diretto, non lascia trasparire emozione mentre, ritta in piedi sulla soglia della sua cella, tende la mano al visitatore che è andato a trovarla dopo il Natale più brutto della sua vita trascorso in assoluta solitudine, con la compagnia di una piccola tv, unico legame con quel mondo esterno da cui si sente dimenticata e già condannata, e dei medici e degli psicologi che la assistono quotidianamente.
È una giovane donna dalla “forza straordinaria” quella che Giovanni Panepinto, deputato regionale del Pd, si trova di fronte nel carcere di Petrusa dove è stata trasferita pochi giorni dopo il suo arresto avvenuto il giorno dell’Immacolata, quando le sue troppe bugie svelate dalle telecamere di sorveglianza di Santa Croce Camerina, e la sua ostinazione nel negare l’evidenza, hanno convinto prima i pm e poi il gip di Ragusa che è stata la mamma a strangolare Loris con una fascetta abbandonando poi il corpo in un canalone.
«Sono innocente, lo dimostrerò. Uscirò di qui e presto tornerò dalla mia famiglia», dice con voce ferma, senza mai abbassare lo sguardo e respingendo la timida offerta del parlamentare di tornare a trovarla per portarle quello che potrebbe servirle in carcere. Lei che è stata abbandonata da quasi tutta la sua famiglia e soprattutto dal marito Davide che non è mai andato a trovarla né (per il momento) ha intenzione di farlo, dilaniato dal dolore e da mille dubbi, ma convinto anche che le bugie di sua moglie siano la prova del suo coinvolgimento nell’atroce morte di Loris. Solo Francesco Panarello, il “padre” che non è suo padre, è andato di nuovo a trovarla portandole due pacchi di indumenti nuovi, alcuni dei quali inviati dai “fan” che si ritrovano sulle pagine Facebook aperte per solidarizzare con lei e sulle quali si confrontano, dividendosi, anche i familiari. È avvolta in una tuta blu Veronica, il viso smunto e i capelli tirati in una coda. Avvisata dell’arrivo di una visita si alza dalla brandina sommersa di coperte e si fa trovare dietro la porta della cella, l’unica abitata di tutto il piano. Le altre 24 detenute del settore “media sicurezza” sono tenute lontane da lei, per prudenza. «Veronica, vorrei farle le condoglianze per la perdita di suo figlio». È l’unico momento in cui lo sguardo di Veronica, le mani strette in quelle del deputato Pd, sembra velarsi di commozione. Risponde a monosillabi alle timide domande del consigliere regionale. «Come sta?» «Sto bene». «Mangia? È assistita bene?». «Sì, viene il medico tutti i giorni». «Ma quanti anni ha, 25? Sembra così piccola...» «Ne ho 26». «Desidera qualcosa? Se ha bisogno posso tornare a trovarla». «Non mi serve nulla, dimostrerò la mia innocenza e uscirò presto di qui. Devo tornare a casa da mio marito e mio figlio». «Deve avere pazienza...», chiosa il deputato quasi intimidito dal confronto con questa ragazza così esile e mingherlina ma la cui resistenza non sembra minata da tre settimane di detenzione.
Poche battute, secche, senza un’incrinatura nella voce, nessun appello. Anche il commiato da Giovanni Panepinto è significativo. Lei gli tende la mano. Lui commosso le dice: «La posso abbracciare?», lei si lascia stringere tenendo le braccia inerti lungo il corpo. Poi la porta della sua cella si richiude e Veronica rimane di nuovo sola in quello che da quindici giorni è il suo mondo: un piano intero del carcere di Petrusa solo per lei, guardata a vista 24 ore su 24 da due giovani guardie carcerarie, con il tempo scandito dal colloquio quotidiano con lo psichiatra, dalla visita del medico che la costringe a pesarsi ogni giorno per controllare che il suo rifiuto (ormai non più totale) del cibo non vada oltre il livello di guardia. Il Natale più triste della sua vita è alle spalle, davanti a lei c’è la speranza di un inizio d’anno migliore: il 31 a Catania il Tribunale del riesame esaminerà la richiesta di scarcerazione presentata dal suo legale Francesco Villardita che dice: «Una ricostruzione senza prove, basata solo su indizi e senza movente». La decisione dei giudici arriverà entro sabato 3 gennaio.
Francesco Viviano e Alessandra Ziniti, la Repubblica 28/12/2014