Elvira Serra, Corriere della Sera 28/12/2014, 28 dicembre 2014
QUEI MENU ESOTICI BOCCIATI DAGLI SCOLARI ITALIANI
Sarebbe bastato ricordare come era andata a Milano: migliaia di piatti finiti nella spazzatura durante la «giornata mondiale della cucina vegetariana». Un anno fa. Gli 80 mila frequentatori delle mense scolastiche non avevano gradito il menu vegano con grano saraceno e crema di zucchine e zucca, insalatina di tofu con salsa di soia e muffin alle carote. Milano Ristorazione aveva dovuto ridimensionare le nuove iniziative, e oggi, alla peggio, agli studenti può capitare il misto di finocchi e insalata, ma tanto poi arrivano pizza e budino al cacao. Insomma, si può fare.
Non sta andando meglio a «Viva l’Europa», il progetto voluto dall’assessore romano Alassandra Cattoi per «far conoscere agli studenti la cultura gastronomica di tanti Paesi diversi e aumentare la consapevolezza di appartenenza dell’Italia all’Europa». L’idea non sta raccogliendo il favore di mamme e bambini. Soltanto capricci? Forse. Eppure ci vuole una bella dose di ottimismo a pensare di far digerire (prima dei pasti) ai genitori le Æggekage danesi (uova strapazzate, patate e pancetta), i Würstel tedeschi con patate, lo Stampott olandese (patate, salsiccia e carote) o il Fish & chips inglese (pesce e patate fritte).
Vero che nell’offerta scolastica ci sono pure la paella catalana, il croque-monsieur francese, il bigos polacco e, del resto, la geografia si impara anche in cucina. Ma una efficace educazione alimentare deve poter contare su papille gustative collaborative: operazione non facile, come insegna Alain Ducasse, lo chef pluristellato che ha addirittura scritto una guida culinaria per piccolissimi (Ducasse bebè. 100 ricette semplici, sane e buone dai 6 mesi ai 3 anni , Ippocampo).
I piatti stranieri, con alterne fortune, hanno già debuttato nelle nostre mense, complice una popolazione studentesca sempre più multietnica. Milano ha testato pollo alle mandorle, riso alla cantonese, samosa indiani, falafel e tortillas e cous cous (respinto con perdite). C’è poi stato lo scatto campanilista: a Roma è tornato l’abbacchio e a Cremona, nel 2009, un neoassessore leghista ha restaurato l’orgoglio local a colpi di polenta.
Da qualche tempo va di moda il piatto unico. Ma neppure così va bene. A Bologna un mese fa i rappresentanti dei genitori han protestato perché le tagliatelle al ragù non bastano. Non ci resta che Masterchef.