Gianluigi Paragone, Libero 28/12/2014, 28 dicembre 2014
PREMIAMO IL MERITO: IL MAESTRO MUTI O LA SCIENZIATA GIANOTTI
Due nomi. Fabiola Gianotti e Riccardo Muti. Due cittadini italiani da - uso un’espressione infelice ma utile come sintesi - esportazione. Ecco le due proposte che mi sento di avanzare. Riccardo Muti è la bacchetta attorno a cui si avvita un patrimonio culturale senza eguali, è cultura e impegno sociale e politico senza appartenenza di partito. Muti è libertà di andare in direzione ostinata e (forse) contraria. Come Fabiola Gianotti. La Gianotti è il direttore del Cern, è un fisico che affonda le radici nella formazione umanistica. Non è una quota rosa né ha bisogno di noiose discussioni sulla maturità dei tempi per vedere una donna al Colle. Fabiola Gianotti è l’esempio di chi, con merito, è arrivato a scrivere il proprio nome accanto a una straordinaria (basta citare il Nobel?) scoperta qual è quella del bosone di Higgs. È la ricercatrice italiana finita sulla copertina di Time. È la modernità sulle spalle della conoscenza. Ecco, questi sono i nomi che mi piacerebbe vedere più di tutti al Quirinale. Ma so che non accadrà, perché la politica ha bisogno di sentire la sua eco in tutti i palazzi, quindi anche in quello della massima presidenza. I partiti non metabolizzeranno mai una scelta che, in qualche maniera, li supera e li anestetizza. È il motivo per il quale non si sono mai fatte riforme serie. La presidenza della Repubblica che vorrei è senza appartenenza politica; una presidenza di garanzia per i cittadini e per la Costituzione che non assegna al Capo dello Stato i poteri che Napolitano si è autoassegnato in nome della pseudo-emergenza. Dopo questa lunga parentesi presidenzialista o semi-presidenzialista urge un nome alto, terzo. Un nome che rappresenti l’Italia per il merito. Un nome che abbia con sé un pezzo di storia di cui essere orgogliosi. L’arte e la scienza parlano italiano. Muti e Gianotti non sarebbero statuine nel presepe della politica. Hanno voce e personalità per rimettere in riga una classe politica che, al contrario, perde filigrana e corpo per sue stesse responsabilità. Dopo la lunga presidenza Napolitano, c’è bisogno che questa casella istituzionale si depuri dalle alchimie e torni ad appartenere agli italiani anziché ai partiti. Aggiungo una considerazione. È nota la mia diffidenza verso l’edificio europeo a cominciare dalla sua moneta. Avrei potuto indicare il nome di un antieuropeista. Non l’ho fatto per evitare che la proposta di cui sopra scivoli alla voce «provocazioni». Ho ragione a pensare che sia Muti che la Gianotti siano europeisti convinti. Io rispetto questo europeismo, nel senso che è metapolitico più che politico. Se dunque l’Europa va salvata, allora va resettata quella monetaria e ricostruita una identitaria, una in cui i popoli sono coinvolti nel rispetto delle loro storie. È possibile?