Fabio Tamburini, Corriere della Sera 27/12/2014, 27 dicembre 2014
ILVA, DUE MILIARDI E TRE COMMISSARI
Lunedì prossimo i tecnici del ministero per lo Sviluppo economico, della presidenza del Consiglio e del ministero dell’Economia metteranno nero su bianco la versione definitiva del decreto che modifica la legge Marzano estendendo l’amministrazione straordinaria anche alle imprese industriali d’interesse strategico nazionale non in stato d’insolvenza. Lo stesso giorno, nel primo pomeriggio, la ministra per lo Sviluppo economico, Federica Guidi, incontrerà i sindacati per spiegare i contenuti della decisione presa dal Consiglio dei ministri della vigilia di Natale. L’ultimo timbro di Palazzo Chigi è previsto per mercoledì 31 dicembre. Poi, a stretto giro, seguirà la pubblicazione del decreto legge sulla Gazzetta ufficiale.
Il dado però è tratto, esattamente come nelle previsioni. Ora tocca al commissario straordinario, Piero Gnudi, staccare la spina e procedere con l’entrata dell’Ilva in amministrazione straordinaria, che taglia fuori gli azionisti di controllo attuali, i Riva. Lo farà nella seconda metà di gennaio, dopo avere pagato stipendi e fornitori. Priorità dell’amministrazione straordinaria sono il rilancio dell’attività produttiva e l’attuazione degli interventi di carattere ambientale previsti dall’Autorizzazione integrata ambientale (Aia), con due, tre anni al massimo di gestione pubblica. Contemporaneamente partiranno gli investimenti per la riorganizzazione e il rilancio del porto di Taranto e della città.
I prossimi passaggi prevedono la nomina dei commissari dell’amministrazione straordinaria e le scelte su come procedere, sia organizzative sia per gli interventi di risanamento. Nella conferenza stampa della vigilia di Natale il premier Matteo Renzi ha detto che i commissari dell’amministrazione straordinaria saranno tre. Gnudi ha spiegato che, essendosi chiusa una fase, è pronto a farsi da parte ma ha il vantaggio di conoscere bene il caso Ilva e, come esperto professionista, ha le caratteristiche per gestire le pratiche collegate al passato. Per questo potrebbe essere confermato, come pure Corrado Carrubba, oggi subcommissario all’Ambiente. Il terzo nome, quello più incerto, è l’amministratore delegato attuale, Roberto Renon.
La nuova Ilva, secondo lo schema che verrà discusso e approfondito nei prossimi giorni, farà da ponte alla società che prenderà in affitto gli impianti siderurgici, con l’entrata in scena di un nuovo fondo, specializzato nel rilancio di aziende industriali in crisi ma non decotte e con un ruolo più defilato della Cassa depositi e prestiti. Ciò permetterà di venire incontro ai timori del ministero dell’Economia, preoccupato che l’intervento diretto della Cdp esponga alla bocciatura dell’operazione da parte dell’Unione Europea in quanto considerato aiuto di Stato. Cdp, tuttavia, resterà come finanziatrice, magari con la distribuzione di un dividendo straordinario che incasserebbero anche le Fondazioni, azioniste insieme al ministero dell’Economia.
Comunque vada, servirà un numero uno operativo della parte acciaio, che dovrà gestirla e dovrà avere il dna di manager esperto del settore. In Italia non è facile trovarne con esperienze adeguate. Una possibilità è che venga scelto un dirigente di nazionalità estera e la ristrutturazione avviata dalla tedesca ThyssenKrupp, uno dei colossi dell’industria siderurgica europea, offre qualche opportunità. Ma non è così facile, anche perché l’ambientamento a Taranto non è scontato.
A disposizione ci saranno 2 miliardi di euro che, tuttavia, comprendono le somme stanziate per il porto di Taranto e la città. Ne serviranno certamente di più, anche se molto meno delle previsioni fatte dai consulenti della McKinsey per il commissario straordinario precedente a Gnudi, Enrico Bondi. Un’altra società di consulenza incaricata da Gnudi, il Boston consulting group, ha fissato l’asticella a 2,4 miliardi di euro in quattro anni, immaginando la revisione dell’Aia. Il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, tuttavia, ha ottenuto che il decreto in arrivo non contenga il principio che le disposizioni ambientali approvate in Italia, e quindi anche quelle sull’Ilva, non possono essere più severe degli standard europei. Ma la scelta, molto probabilmente, è solo rimandata.