Valentina Conte, la Repubblica 27/12/2014, 27 dicembre 2014
NUOVI SUSSIDI AI COCOPRO FIN DA GENNAIO
Il Jobs Act prende corpo con i primi due decreti delegati approvati il 23 dicembre dal Consiglio dei ministri. L’articolo 18 scompare quasi del tutto, sostituito dagli indennizzi. Nascono tre nuovi ammortizzatori sociali: per i disoccupati dipendenti, i disoccupati poveri e i disoccupati precari (quest’ultimo operativo da gennaio, gli altri da maggio). Ma la convenienza ad assumere per licenziare, lucrando sui bonus, rimane.
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ASSEGNI PIÙ BASSI PER CHI VERRÀ LICENZIATO NELLE PICCOLE AZIENDE –
Il primo decreto delegato del Jobs Act disciplina il nuovo contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti.
QUALE TIPO DI TUTELA CRESCERÀ?
Non l’articolo 18. Al contrario i neoassunti dovranno farne a meno, nella maggior parte dei casi. Al posto del reintegro nel posto di lavoro, crescerà l’indennizzo, se il licenziamento è illegittimo perché così ha stabilito il giudice.
A QUANTO AMMONTA L’INDENNIZZO?
A 2 mensilità per anno lavorato, da un minimo di 4 a un massimo di 24. Questo significa che il primo anno lavorato vale 4 mensilità, i successivi ne valgono 2, fino al tetto di 24 (ora è 12 o 18 per i lavoratori maturi).
E PER LE AZIENDE SOTTO I 15 DIPENDENTI?
Sono penalizzate rispetto ad oggi, laddove possono contare su indennizzi tra 2,5 e 6 mensilità (decide il giudice indipendentemente dall’anzianità). Da gennaio avranno una mensilità per anno lavorato, con un massimo di 6, e uno scalino il primo anno pari a 2 mensilità. In ogni caso, meno.
SARÀ POSSIBILE LA CONCILIAZIONE?
Sì. Per evitare di andare in giudizio, il datore può offrire al lavoratore un importo, ma esentasse (né Irpef né contributi), novità assoluta del decreto. La somma sarà pari a 1 mensilità per ogni anno di servizio, da un minimo di 2 a un massimo di 18, concessa via assegno circolare in tempi stretti.
COSA C’È PER LA RICOLLOCAZIONE?
Il lavoratore licenziato illegittimamente ha diritto di ricevere un voucher dal Centro per l’impiego da presentare a una agenzia del lavoro per ottenere il contratto di ricollocazione.
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UNA TRIADE DI SOSTEGNI PER I DISOCCUPATI NASPI, ASDI E DISCOLL –
Il secondo decreto delegato del Jobs Act introduce i nuovi ammortizzatori sociali.
QUALI E QUANTI SONO?
Sono tre: Naspi, Asdi e Discoll. I primi due operativi dal primo maggio 2015. Discoll già in funzione dal primo gennaio.
A CHI SI RIVOLGONO?
La Naspi sostituisce Aspi e mini Aspi attuali ed è destinata a coprire, nei calcoli del governo, il 97,5% dei lavoratori dipendenti qualora perdano il lavoro. L’Asdi è l’assegno di disoccupazione che spetta a chi, esaurita la Naspi, è in condizione di bisogno e non riesce a trovare lavoro. Discoll è invece il sussidio di disoccupazione per 300-350 mila cococo e cocopro, una semplificazione dell’attuale una tantum.
QUALE PERIODO COPRONO E CON QUALE IMPORTO?
La Naspi dura fino a 24 mesi, rispetto ai 12 o 18 attuali e sarà al massimo pari a 1.300 euro al mese. L’Asdi non va oltre i sei mesi e i 500 euro mensili. Discoll ha gli stessi importi della Naspi (massimo 1.300 euro), ma durata non superiore ai sei mesi, comunque il doppio dell’attuale.
SONO STRUTTURALI?
Solo la Naspi. Anche se il decreto dice che nel 2017 la durata massima scende da 24 a 18 mesi. Esiste però un impegno politico del governo a riportarla a 24, trovando le risorse mancanti nella prossima Stabilità (circa mezzo miliardo su due totali). Asdi e Discoll sono misure sperimentali, valgono cioè solo per il 2015. Il primo potrebbe diventare strutturale. Il secondo potrebbe sparire in primavera se il governo, come promesso, cancellerà i contratti di collaborazione.
ESISTONO DEI VINCOLI?
Essenzialmente l’iscrizione nelle liste di disoccupazione, l’accettazione di corsi di formazione e offerte di lavoro.
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DIRITTO A RIENTRARE SE C’È DISCRIMINAZIONE O ACCUSA INFONDATA –
Il primo decreto del Jobs act riscrive anche l’articolo 18.
IL REINTEGRO RIMANE O SCOMPARE?
Resta solo per tutti i licenziamenti alla cui base c’è una discriminazione (per sesso, orientamento sessuale, appartenenza sindacale o politica, colore della pelle, religione), com’è ovvio. Il contrario sarebbe contro la Costituzione italiana, la Carta Ue e la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. La tutela reale rimane anche nei licenziamenti disciplinari in cui «sia direttamente dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore».
IN TUTTI GLI ALTRI CASI COSA SUCCEDE?
Nei licenziamenti economici e in quelli disciplinari per cui non si riesce a dimostrare l’insussistenza del fatto contestato, il decreto prevede il solo indennizzo, crescente al crescere dell’anzianità di lavoro. Facile immaginare un’esplosione dei licenziamenti per motivo economico (diminuzione di produzione o commesse, ad esempio).
E NEL LICENZIAMENTO COLLETTIVO?
Il decreto estende anche a questo caso (disciplinato dalla legge 233 del 1991) il regime dell’indennizzo anziché il reintegro. Qualora cioè l’imprenditore (in un’azienda con più di 15 dipendenti) decida di licenziare almeno cinque dipendenti per ragioni economiche e il licenziamento risulti illegittimo, i neoassunti nel 2015 con il contratto a tutele crescenti introdotto dal Jobs Act potranno ottenere solo i soldi dell’indennizzo, non anche il posto che invece spetta agli altri licenziati con il contratto “vecchio”. Anche questa una dicotomia che spacca i lavoratori in due e che esploderà nei prossimi anni.
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I premi ad assumere superano ancora i costi dei licenziamenti
L’EFFETTO
combinato delle norme inserite nella Stabilità (sgravi Irap e contributivi) e nel primo decreto delegato del Jobs Act inciderà sulle politiche occupazionali delle aziende.
UN INCENTIVO AD ASSUMERE E POI A LICENZIARE?
La cancellazione dell’articolo 18 per i neo assunti renderà monetizzabile l’uscita e conveniente l’entrata. Ma il primo importo è inferiore al secondo, per molte classi di reddito. Ne deriva un vantaggio per l’impresa.
È POSSIBILE QUANTIFICARE QUESTO VANTAGGIO?
La Uil, Servizio politiche territoriali, l’ha fatto. Il guadagno per l’azienda sarebbe di circa mille euro per un lavoratore con reddito medio (22-25 mila euro annui) licenziato dopo un anno. Tra 12 e 14 mila euro, se licenziato dopo tre anni. Sugli 8-9 mila euro, se messo alla porta dopo 5 anni, quando uno dei bonus non c’è più (lo sgravio contributivo triennale).
SI TIENE CONTO NEI CALCOLI DEL TICKET FORNERO?
Sì. L’imprenditore quando licenzia deve pagare al lavoratore 490 euro per un massimo di 3 anni, oltre all’indennizzo dovuto se il licenziamento è illegittimo. Nonostante questo importo, la convenienza ad assumere per licenziare presto, nel giro di uno o tre anni, esiste.
SI RIDUCE IL COSTO DEL LAVORO. È VERO?
Certo. La deduzione integrale del costo del lavoro dall’Irap è una misura strutturale e benefica per le aziende. I contributi azzerati valgono per tre anni (2015-2017) e si riferiscono solo alle assunzioni del 2015. Se però il governo decidesse di rendere anche questa misura strutturale, potremmo assistere alla fine del contratto indeterminato e all’inizio di un turn over forsennato, favorito dalle leggi e foraggiato dagli incentivi. L’opposto dell’obiettivo.
Valentina Conte, la Repubblica 27/12/2014