Davide Colombo, Il Sole 24 Ore 20/12/2014, 20 dicembre 2014
PROVINCE, NESSUN TAGLIO IN BUSTA FINO AL 2017
ROMA
Il Governo prevede un percorso molto graduale per gestire la mobilità del personale in esubero delle province e delle città metropolitane: poco meno di 20mila dipendenti sui circa 44mila che attualmente hanno un contratto a tempo indeterminato. Una procedura soft e senza impatti sulle buste paga prima dell’aprile del 2017, quando i dipendenti in mobilità che ancora non fossero stati trasferiti ad altri enti potrebbero essere «collocati in disponibilità», come prevede l’articolo 33 del dlgs 165/2001, e subire un taglio del 20% sull’indennità base. Mentre per arrivare all’ipotesi estrema, quella del licenziamento perché proprio non è stato trovato un ricollocamento adeguato, bisognerà arrivare all’aprile del 2019. Ma l’Esecutivo esclude che anche un solo dipendente possa essere licenziato.
È questo il cronoprogramma previsto per la gestione della mobilità che verrà presentato ai sindacati e che, di fatto, rappresenta l’attuazione della norma confermata nel maxi-emendamento alla Stabilità 2015 che taglia del 50% e del 30% le dotazioni organiche di province e città metropolitane. Tra l’altro, come si legge nell’intervista del sottosegretario Gianclaudio Bressa, i numeri reali in gioco sarebbero molto minori di 20mila: escludendo gli 8mila dei centri per l’impiego, si arriva a 12mila e di questi circa 3.500 hanno un’età media attorno ai sessant’anni. Risultato: 8.500 dipendenti (esclusi i dirigenti) da ricollocare.
Si partirà il prossimo gennaio con i tagli degli organici e l’individuazione dei contingenti del personale, mentre entro aprile Regioni e Dipartimento Funzione pubblica individueranno i posti disponibili per assumere il personale in soprannumero delle ex province. Ma attenzione: quei posti saranno disponibili solo in parte, restano infatti i vincoli del blocco del turn over e la precedenza ai vincitori di concorso. La procedura speciale prevista dalla legge Delrio si conclude a fine 2016. A quel punto si aprirà il confronto con i sindacati per l’eventuale utilizzo dei contratti a tempo parziale degli addetti ancora in mobilità (dirigenti e più anziani esclusi) e dal febbraio 2017, fatte le ulteriori verifiche, si entra nella procedura ordinaria prevista dal Testo unico del pubblico impiego per gli eventuali soprannumeri residui. I quali ultimi, solo da aprile di quell’anno, potranno davvero rischiare il taglio del 20% della busta paga base ed entrare nella prospettiva del licenziamento per mancato ricollocamento che scatterebbe 24 mesi dopo.
Fin qui il piano per la mega-mobilità nelle province, un percorso che, come detto, non riguarderà i circa 8mila dipendenti dei Centri per l’impiego, compresi i 1.200 contrattisti a termine per i quali in Stabilità è prevista una dote di 60 milioni (via Fondo sociale europeo) da usare per i rinnovi che dovranno assicurare le Regioni per non far mancare personale coinvolto nella gestione del Garanzia giovani. Restano fuori dal processo i contrattisti a termine delle province impegnati su altri fronti: il Governo punta a una soluzione con il proroga termini di fine anno ma, come sempre, andrà risolto il nodo risorse e per il momento il ministero dell’Economia non avrebbe acceso la luce verde.
I sindacati ieri hanno chiesto un incontro urgente con il Governo e sostenuto le iniziative di protesta dei dipendenti che hanno occupato diversi Consigli e sedi istituzionali in tutt’Italia. La preoccupazione, la stessa dell’Upi, e che i super-tagli previsti alle province (1 miliardo nel 2015 che sale a 3 nel 2017) non siano compatibili con il piano di ricollocazione del personale e la contemporanea garanzia dei servizi prestati sui territori.
Davide Colombo, Il Sole 24 Ore 20/12/2014