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 2014  dicembre 12 Venerdì calendario

COS’È PEGIDA, IL MOVIMENTO ANTI-ISLAM DI «SEMPLICI CITTADINI» TEDESCHI

Il rituale si ripete ogni lunedì da metà ottobre. Siamo a Dresda, capitale della Sassonia, dove gli “Europei patriottici contro l’islamizzazione dell’Occidente” (Pegida) scendono in piazza a manifestare, tutti lunedì, al grido di “Noi siamo il popolo”, come nell’89, quando i cittadini della Ddr chiedevano la fine del regime socialista.
Il numero dei partecipanti a questi cortei è raddoppiato di settimana in settimana, fino a che, l’8 dicembre, si è arrivati a circa 10mila, una cifra che ha messo in allarme media, politiche e forze dell’ordine, anche se finora non si sono verificati scontri o episodi di violenza. I simpatizzanti di Pegida sono “normali cittadini”, non affiliati ad alcun partito, anzi mossi da una profonda avversione per un sistema politico ai loro occhi troppo permissivo in materia di immigrazione e di politiche di asilo.
Nonostante il riferimento ai valori cristiani nel nome non è la religione l’aspetto centrale delle mobilitazioni di piazza delle scorse settimane: “Fuori gli stranieri criminali” è uno degli slogan più scanditi per le strade di Dresda.
Pegida nasce intorno alla metà di ottobre su iniziativa di Lutz Bachmann, 41enne di Dresda non legato a una formazione politica precisa. Coi media parla poco, sul Web racconta invece di cosa lo abbia spinto a organizzare la prima “passeggiata serale”, così chiama le manifestazioni sul suo sito. Bachmann parla di “guerre religiose combattute sul suolo tedesco”. Il riferimento è alle mobilitazioni dell’autunno scorso a sostegno della resistenza curda a Kobane, quando appartenenti a gruppi salafiti cortei armati di bastoni e coltelli avevano aggredito manifestanti curdi e sostenitori del Pkk.
Alle prime iniziative avevano partecipato solo poche centinaia di persone. Poi il 26 Ottobre a Colonia il gruppo “Hooligans contro i Salafiti” (HoGeSa) aveva portato in piazza 5.000 persone, in gran parte appartenenti ai settori violenti delle tifoserie tedesche e a gruppi di estrema destra in difesa dell’”Europa bianca e cristiana” contro la presunta avanzata dell’Islam radicale in Germania. Il corteo di Colonia, sfociato in violenti scontri tra Hooligans e polizia, ha dato al gruppo di Dresda un impulso decisivo.
A seguire Bachmann però non sono militanti neonazisti. Si tratta piuttosto di un insieme poco omogeneo ideologicamente di “Wutbürger”, cittadini arrabbiati, delusi da una classe politica alla quale rimproverano di non fare abbastanza per i tedeschi, mentre sostiene le minoranze, siano esse etniche, religiose o sessuali, in nome di valori universali come la tolleranza e il multiculturalismo, che questa maggioranza ormai non più silenziosa percepisce come una minaccia per per la propria “germanicità”. È questa rabbia diffusa a spingere pensionati, giovani disoccupati, piccoli commercianti e qualche teppista da stadio in strada in difesa di cultura e tradizione.“Prima i tedeschi”, questo il messaggio. Con i giornalisti non parlano, ma si sentono vittime della “propaganda mediatica” quando vengono chiamati razzisti e populisti.
“Non ho nulla contro gli immigrati, se si comportano bene e non sputano o buttano i mozziconi di sigaretta per terra.” Commenti simili vengono postati dai simpatizzanti sulla pagina Facebook del gruppo, l’unico organo ufficiale del movimento. Anche nel programma di Pegida, sintetizzato in un documento di 19 punti, si mette in chiaro, già al punto 1: “Siamo per l’accoglienza di rifugiati provenienti da paesi in guerra o perseguitati per motivi politici e religiosi. Questo è un dovere umanitario”. Segue una serie di richieste in materia di diritto di asilo: leggi più severe, partecipazione diretta dei cittadini attraverso referendum secondo il modello svizzero (dove all’inizio dell’anno era passato il referendum contro l’immigrazione di massa), lo smantellamento dei centri di accoglienza per gli immigrati che devono essere distribuiti in modo “decentrale” e interventi decisi contro le cosiddette “società parallele”, ovvero i quartieri in cui gli stranieri, soprattutto di fede musulmana, vivono quasi del tutto separati dal resto della società.
“Sentimenti reali, verità sbagliate”, commenta Lenz Jacobsen sul settimanale “Die Zeit”. Che lo spettro dell´islamizzazione venga strumentalizzato per canalizzare una paura più generalizzata dello straniero e del diverso lo confermano i dati statistici. L’Istituto federale per i rifugiati parla di circa 200mila richiedenti asilo arrivati nel 2014 in Germania. Lo Stato Federale della Sassonia che conta solo 0,4 % di popolazione di fede musulmana, ne ha accolti 12mila, troppo pochi per parlare di invasione.
Ma i fatti sembrano interessare poco i dimostranti del lunedí, con cui la politica ormai deve fare i conti. Mentre nei due partiti della grande coalizione si discute di quanto sia lecito cercare un dialogo con un movimento di carattere populista animato da pregiudizi e a tratti da puro e semplice razzismo, il partito degli euroscettici, Alternativa per la Germania, che aveva avuto un grande successo alle elezioni europee sostiene apertamente le proteste, proclamandosi l´unico partito in grado di sentire il polso del “paese reale” e di prendere sul serio i timori dei cittadini.
Nella società civile sono anche altri a prendere sul serio queste paure. A Dresda lunedì scorso hanno sfilato per le strade anche migliaia di persone che hanno seguito un appello comune di gruppi antirazzisti e antifascisti, associazioni religiose e delle comunità islamica ed ebraica. Torneranno anche loro lunedì prossimo a Dresda, dove i difensori dell´Occidente cristiano, con spirito sempre più natalizio, stanno preparando la prossima passeggiata serale.