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 2014  dicembre 12 Venerdì calendario

SENZA REPULISTI NON SI RIPULISCE

Riunione di maggioranza al Comune di Roma, presieduta dal sindaco Ignazio Marino. È il 2013, mese di novembre, e si discute del bilancio. Riccardo Magi, radicale, appena eletto consigliere comunale nella lista Pd, racconta: «Mi è stato chiesto di indicare le destinazioni di una somma di 50 mila euro. Ritengo assolutamente inaccettabile usare le risorse pubbliche in tale modo. A questa cosa mi opporrò strenuamente: giustificarla, com’è accaduto, sostenendo che si è sempre fatto così, non fa parte delle motivazioni espresse in una campagna elettorale basata al contrario su principi di legalità e trasparenza».
La chiamano «manovra d’aula». Magi la spiega così a chi non è addentro ai (perversi) meccanismi della politica: «La manovra d’aula è quel meccanismo grazie al quale i singoli consiglieri comunali possono distribuire denari ai propri collegi elettorali. Un obolo ragguardevole, che ha raggiunto l’ultima volta le dimensioni di 15 milioni. E anche se ora, complice la riduzione del numero dei consiglieri (da 60 a 48), calerà forse a una decina di milioni, resta pur sempre uno schiaffo alla città delle strade piene di buche, degli autobus che non vanno, del traffico infernale. Ogni consigliere ha una somma stabilita a disposizione e può indicarne la destinazione a proprio piacimento».
Certo non si tratta di quelle «schifezze» (così definite dal premier Matteo Renzi) del Mondo di mezzo. Ma indicano un andazzo che, con buona pace del sindaco Marino, certamente non era emblema di trasparenza e buon governo. Ovvero, chi va con lo zoppo (diceva un uomo di satira ante-litteran, Marcello Marchesi) impara il twist. Si incomincia con l’elargizione e si finisce con la cupola. Magi così come si oppose alla «manovra d’aula» denunciò anche il malaffare attorno ai rom e agli immigrati. Ma c’è voluto un procuratore della repubblica per affondare il bisturi. I politici collusi si adoperarono per ovattare le iniziative del consigliere ribelle, gli altri preferirono mettere la testa sotto la sabbia. Sì perché, sostiene l’esponente radicale (al Pd va riconosciuto il merito di averlo accolto in lista) bastava andare a visitare i campi e fare una botta di conti per comprendere che c’era del marcio.
«Per esempio il campo di via Visso- racconta Magi- era un lager dai costi esorbitanti, l’anno scorso è costato oltre 1 milione di euro dei cittadini romani e nel 2014 ne costerà almeno il doppio. Roma Capitale spende infatti 600 euro al mese a persona per tenere famiglie intere accalcate in stanze di appena 12 mq senza finestre». Le denunce caddero nel vuoto, ma ora Magi può rivendicare: «Io l’avevo detto». «Ho denunciato in tutte le sedi –afferma- la verità del sistema romano, fondato su spese disastrose e clientele trasversali, da destra a sinistra. Non è vero che mancano i fondi per governare l’accoglienza di rifugiati e rom, per rilanciare la mobilità e per offrire servizi con standard minimi di decenza. Le risorse ci sono, ma vengono sperperate da un apparato deficitario e fallimentare, gestito con logiche che vanno perfino oltre quelle della partitocrazia_. Ho denunciato anche la gestione del ciclo dei rifiuti e le concessioni demaniali sul lungo mare di Ostia, sto aspettando».
Ma non ci si può fermare alla denuncia, e qui sta il distinguo dei radicali rispetto ai 5stelle, costato anche uno scontro tra Magi e il pentastellato Alessandro Di Battista. Il primo aveva proposto ai 5stelle di indicare un loro candidato alla vicepresidenza del consiglio comunale (dopo il terremoto giudiziario), ricevendo un sì dai consiglieri grillini. Poi però è planato il direttorio post-Grillo e ha rovesciato il tavolo: nessun candidato né accordi coi partiti.: «Quando è arrivato il direttorio nazionale, capitanato da Alessandro Di Battista- dice Magi- l’ordine è stato chiaro: rifiutare ogni dialogo e unirsi al coro urlante di Lega e Forza Nuova. Spero che nel movimento 5 Stelle si discuta urgentemente, e con onestà, di questo sconcertante atteggiamento e non sia sacrificata sull’altare della visibilità elettorale la possibilità concreta di condurre insieme, con la maggior efficacia possibile, le battaglie per la decenza delle istituzioni e la qualità della vita dei cittadini romani».
Sul fronte propositivo Magi sostiene che se Marino vuole promuovere davvero la discontinuità deve intraprendere cinque iniziative: «E’ ora- dice- che questa amministrazione realizzi quella discontinuità che finora è stata più annunciata che davvero perseguita. Da mesi vincolo il mio voto sul bilancio a cinque richieste: gare regolari per appalti e affidamenti, trasparenza su consulenze e incarichi dirigenziali, vendita di aziende comunali che svolgono servizi non essenziali e sono fabbriche di preferenze elettorali, stop all’obolo a disposizione di associazioni scelte direttamente dei consiglieri, legalità e tempi certi per la realizzazione della Metro C». Ma la discontinuità passa anche attraverso il repulisti all’interno del Pd: Matteo Orfini, se ci sei batti un colpo. «Un ostacolo reale- dice Magi- è il sistema delle clientele che regge da sempre anche le preferenze elettorali del Pd».
Magi come Robin Hood? Lui si schernisce. «Quando denunciavo mi chiamavano un marziano a Roma- dice- adesso mi salutano con rispetto». Sulla scia del suo leader, Marco Pannella, ha anche incominciato uno sciopero della fame, sospeso quando il sindaco gli ha assicurato che supererà il sistema dei campi rom, cancellando (si spera) tutto il business che vi ruota attorno svelato dalla procura. A proposito della vicenda giudiziaria romana, essa dimostra l’importanza della nomina di procuratori al di sopra di ogni sospetto e non ammiccanti a questa o quella parte politica: il governo Renzi è messo alla prova anche su questo delicato versante.
Dice Magi: «Salvatore Buzzi, presidente della coop 29 giugno, al centro dello scandalo romano, era una delle facce che vedevo più spesso in consiglio comunale, tanto che pensavo ci lavorasse».
Infine una riflessione sulla moralizzazione della politica: «come si spiega – afferma il consigliere radicale- che un consigliere comunale, al massimo delle presenze in aula, arriva a guadagnare 1.700 euro al mese mentre per la campagna elettorale spende 100-150mila euro? E questo fenomeno riguarda anche il sistema elettorale. Come fanno i politici che non partecipano mai al dibattito pubblico a prendere fino a 10mila preferenze? Attenzione, perché questa riflessione non riguarda solo Roma. È un tema nazionale che poniamo anche a Renzi. A lungo andare il sistema delle preferenze alimenta le clientele».
Roma si merita un commissario? «Sarebbe- conclude Magi- il fallimento della politica».
Giorgio Ponziano, ItaliaOggi 12/12/2014