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 1979  luglio 23 Lunedì calendario


COSÌ CROLLÒ L’IMPERO SINDONA


Ecco le tappe del crack di Michele Sindona e dei rapporti Giorgio Ambrosoli, liquidatore della Banca privata italiana.

Agosto 1973. Michele Sindona, nato a Patti in Sicilia l’8 maggio 1920 è all’apice della carriera. Del suo impero, costruito dopo anni di vertiginose speculazioni di Borsa, perfino il mensile americano Fortune: è una costellazione di società vere e di scatole vuote, con al centro la Banca privata italiana, la Generale immobiliare e la Finambro in Italia e la Franklin National bank negli Usa.
Gennaio 1974. L’ambasciatore americano in Italia, John Volpe, conferisce a Sindona il premio «Uomo dell’anno 1973». Giulio Andreotti arriva a definire «salvatore della lira» lo spericolato finanziere siciliano.
Luglio 1974. La fortuna volta le spalle a don Michele che, a causa di una serie di speculazioni sbagliate sui cambi condotte dal suo braccio destro Carlo Bordoni, accusa perdite per circa 200 miliardi di lire. Si apre un «buco» gigantesco prima nella Privata italiana e poi nella Franklin. Ugo La Malfa, ministro del Tesoro, gli aveva già negato il permesso di aumentare il capitale della Finambro da 500 milioni a 160 miliardi. Con l’operazione, Sindona meditava di salvarsi a spese dei risparmiatori che avessero sottoscritto l’operazione.
12 settembre 1974. Un vertice alla Banca d’Italia, presieduto da Guido Carli, boccia il salvataggio della Priva italiana da parte del Banco di Roma, che già aveva prestato a Sindona 128 milioni di dollari.
27 settembre 1974. La Banca privata italiana viene messa in liquidazione coatta dal ministero del Tesoro. È il crack che segna la fine di Sindona.
4 ottobre 1974. Il giudice istruttore di Milano, Ovilio Urbisci, emette un primo mandato di cattura contro Sindona per le irregolarità di cui era stato accusato dalla Banca d’Italia nel 1971 («falsità in scritture contabili»).
8 ottobre 1974. A New York viene dichiarato il fallimento della Franklin.
24 ottobre 1974. Dopo la sentenza di fallimento, della Privata italiana, i magistrati Guido Viola e Ovilio Urbisci emettono due mandati di cattura contro i latitanti Michele Sindona e Carlo Bordoni con un’imputazione pesantissima: bancarotta fraudolenta. Le perdite superano i 200 miliardi. L’incarico di liquidatore della Privata italiana viene affidato a Giorgio Ambrosoli, che metterà a nudo le pazzesche e truffaldine operazioni di Sindona.
22 novembre 1976. Con un «affidavit» reso al viceconsole americano, Carmelo Spagnuolo, presidente di sezione della Corte di Cassazione, dichiara il falso per bloccare l’estradizione di Sindona. Si scopre che Sindona e Spagnuolo (espulso dalla magistratura nel 1979) fanno parte della massoneria di piazza del Gesù.
9 novembre 1977. Il giudice Urbisci arresta Mario Barone, amministratore delegato del Banco di Roma e amico di Giulio Andreotti, di fronte al suo rifiuto di fornire l’elenco dei 500 clienti privilegiati di Sindona, sospettati di esportazione di capitali.
19 marzo 1979. La magistratura di New York, con 99 capi d’accusa, incrimina Sindona per il fallimento della Franklin. Ma questa inchiesta allontana l’estradizione del finanziere in Italia.
20 marzo 1979. Dalle indagini di Ambrosoli emergono le dimensioni dei crack: 257 miliardi di lire.
Aprile 1979. Panorama scopre che Franco Evangelisti, braccio destro di Andreotti, ha fatto pressioni sulla Banca d’Italia e su Mario Sarcinelli perché i debiti di Sindona siano coperti con un intervento della Banca centrale.
1 luglio 1979. Nuovo procedimento dei giudici americani a carico di Sindona, accusato di minacce contro Ambrosoli.
11 luglio 1979. Ambrosoli viene assassinato a Milano.
Tino Oldani