Terry Marocco, Panorama 27/11/2014, 27 novembre 2014
DUE CUORI E UNA SCRIVANIA
La pausa pranzo è diventata la pausa letto e l’ufficio sempre più spesso è un’alcova. Perché in fondo, come saggiamente diceva Hannibal Lecter: «Noi desideriamo ciò che vediamo ogni giorno». Le statistiche dicono che il 70 per cento delle persone sperimenta almeno una volta nella vita una relazione con un collega, ma solo un quarto dei flirt si
trasforma in rapporto duraturo. In Europa più del 50 per cento dei lavoratori dipendenti ha provato un sentimento di attrazione per un (una) collega, il 66 per cento di loro è stato testimone della nascita di un idillio tra colleghi.
«Il 60 per cento delle infedeltà coniugali avviene sul luogo di lavoro» rivela l’avvocato Gian Ettore Gassani, presidente dell’Associazione matrimonialisti italiani, che sull’argomento ha condotto uno studio. «Siamo il primo Paese in Europa per tradimenti, proprio in ufficio, e nella maggior parte dei casi è causa di divorzi e separazioni. D’altronde passiamo dieci ore al giorno con i colleghi, spesso ci sentiamo più accasati con il vicino di scrivania che con il coniuge».
Pausa caffè, pranzo di lavoro, convention e team working a ore tarde, party aziendali, dove l’alcol allenta le distanze. «Io lavoro in una zona centrale a Roma, piena di uffici, e lì ormai è un pullulare di alberghetti, bed and breakfast, che non chiedono i documenti e all’ora di pranzo si trasformano in rifugi d’amore. Nella Capitale dalle due alle quattro succede di tutto» assicura Gassani.
Ma è così non solo a Roma. L’avvocato Andrea Casale, matrimonialista a Milano, conferma: «Il 40 per cento delle mie pratiche di separazione parte da un’infedeltà sul lavoro. Mi ricordo di una signora che aveva avuto con il suo dirigente non solo una storia clandestina, ma pure un figlio».
Anche il mitico protagonista della serie tv cult Breaking bad (incornificabile, eppure anche ai migliori capita) veniva tradito dalla bella moglie con il suo capo, e tutto scattava nel più asettico degli uffici della provincia americana mentre lei, da brava contabile, guardava i bilanci e lui rapito la accarezzava. «Il luogo di lavoro è il nuovo boudoir e più è squallido, più sembra che tiri fuori erotismi sopiti: bagni, magazzini, angusti sgabuzzini per le fotocopie, ascensori» osserva Bettina Zagnoli, sensual coach (cioè esperta di costumi sessuali) a Bologna. Abbiamo perso la confidenza, spiega Zagnoli: il contatto umano, le risate. I social network spengono ogni forma di corteggiamento tra uomini e donne. «Resta solo l’ufficio come luogo di contatto: ci si conosce, ci si confronta e anche involontariamente si mettono in atto dinamiche erotizzanti. Volete mettere un magazzino buio, di sera, quando tutti se ne sono andati? O una scrivania in un ufficio deserto? È il luogo perfetto».
Secondo la sensual coach, in realtà, manca qualcosa sul piano emotivo: «Online trovi tutto quello che vuoi, anche le donne ormai hanno a disposizione siti dove possono trasgredire con un’avventura di solo sesso, ma dai racconti che ascolto non è quello che vogliono veramente». La donna vuole l’affaire romantico e si trasforma in geisha anche in ufficio. Così, almeno, racconta Francesco, 59 anni, dirigente in una grande azienda: «Lei era bruttina, ma ogni giorno mi portava una cosa che aveva cucinato, si occupava di me, parlavamo per ore. Una volta si offrì pure di venirmi ad aggiustare la doccia: si presentò a casa mia vestita da idraulico. Fu allora che decisi: l’avrei sposata».
La cosa che stupisce è che anche gli uomini vogliono la stessa cosa: stufi del virtuale, trovano in ufficio quella realtà che a casa sembra mancare. «Secondo le nostre ricerche» racconta il sessuologo e psicotera peuta Alberto Caputo «un italiano su tre ha vissuto un’affaire o lo sta vivendo con un collega. È nei momenti di crisi come oggi che si tende sempre più a unirsi, a cercare qualcuno di affine con cui condividere problemi e frustrazioni».
È anche una questione di gerarchie. A sdoganare la segretaria del nuovo millennio fu Secretary, un film del 2002 tratto da un racconto di Mary Gaitskill, dove una sublime Maggie Gyllenhaal strisciava ai piedi del suo principale, James Spader, portandogli addirittura tra le labbra le lettere da visionare, in un rapporto intenso tra lavoro e flirt sadomaso. «C’è la rivalità, la competizione, che secondo una ricerca dell’Università del Surrey, in Inghilterra, è la prima molla che scatta nelle donne per dare il via a una tresca sul lavoro. I maschi invece tradiscono per insoddisfazione del ruolo, monotonia e noia. I luoghi dove più si pratica l’amore tra colleghi sono gli ospedali, gli uffici pubblici, le redazioni dei giornali» conclude il sessuologo.
Sull’amore in redazione si potrebbe scrivere un volume della Treccani e nei giornali molte storie iniziate clandestinamente si sono trasformate in matrimoni riusciti. Come tra Gabriella Mencucci, per anni caporedattore della cultura all’Unità, e Renzo Foa: «Eravamo amici, poi senza accorgercene, ci siamo innamorati» racconta la giornalista. «Ma non fu facile, quando lui divenne direttore del giornale gli altri iniziarono a guardarmi con sospetto: anche la mia promozione che non dipendeva da lui, non fu vista in modo benevolo. Abbiamo comunque vissuto 20 anni bellissimi: parlato, discusso, scritto insieme. Il lavoro ci ha unito: non abbiamo mai consegnato un articolo senza che l’altro lo leggesse prima».
Laura Hoesch, matrimonialista milanese, ride pensando alle relazioni che s’intrecciano negli ospedali: «Coinvolgono anche baroni universitari e assistenti. Spesso è lui che cerca la collega e lei ha una posizione gerarchicamente più bassa. L’uomo è abituato a una cultura dominante, però oggi le donne hanno fatto strada e vedo nei maschi un senso d’inadeguatezza. Ed è quello che li fa buttare sulla collega più giovane e carina». Certo, non è più la storia tra il capo e la segretaria stile anni Sessanta; oggi secondo Hoesch sono tradimenti che sempre più spesso finiscono in tribunale.
In America, dove una donna su due dichiara di avere avuto una liaison con il suo capo, fioriscono i siti di consigli su come evitare una relazione sul lavoro. Bisogna tenere sempre in vista la foto della moglie che sorride abbracciata ai figli, in modo che la controparte sappia bene in che ginepraio va a ficcarsi. Anche perché negli Stati Uniti le conseguenze possono essere molto più drastiche e arrivare fino alla perdita del lavoro. Molte aziende americane proibiscono i rapporti tra dipendenti. E anche se Richard Branson, l’imprenditore illuminato fondatore del Virgin Group, ha dichiarato che i rapporti tra dipendenti favoriscono creatività e aumentano il desiderio di recarsi al lavoro, secondo una recente inchiesta della Bp Academy su 200 manager la realtà è diversa. Il 73 per cento dei dirigenti intervistati si è detto pronto, qualora scoprisse una tresca tra i suoi collaboratori, a licenziarne uno dei due mentre il 45 li sposterebbe in reparti diversi. Perché l’amore in ufficio rende più nervosi (33 per cento), più distratti (28 per cento), meno competitivi (20 per cento) e anche meno corretti con i colleghi (7 per cento).
C’è una nutrita bibliografia, a cominciare dal best seller americano Office mate, manuale dell’impiegato per trovare e gestire l’amore sul posto di lavoro di Helaine Olen e Stephanie Kisee Ossia: da come non innamorarsi del proprio capo a come non chiedere un appuntamento a un proprio dipendente. Nel mondo anglosassone il problema è molto sentito: il 43 per cento delle donne inglesi ha una relazione in ufficio, il 94 flirta con il collega e l’82 per cento quando torna a casa ha fantasie erotiche non su Lenny Kravitz, ma sul collega.
In Francia invece Loick Roche, vicedirettore dell’Ecole de management di Grenoble, ha addirittura inventato una regola matematica per stabilire il numero effettivo di relazioni a seconda degli anni di anzianità. «Ogni 7 anni di anzianità lavorativa una persona avrà in media un nuovo partner sessuale fra le persone che appartengono al suo ambiente professionale» così teorizza nel suo pamphlet Cupido al lavoro. L’amore al tempo della pausa pranzo (Castelvecchi editore).
La sua Legge di Cupido, così l’ha chiamata Roche, tiene conto anche delle variabili: le percentuali aumentano negli ambienti di lavoro più creativi e anche tra persone di grado superiore verso i lavoratori gerarchicamente più in basso. Nei bellissimi e melanconici racconti di Richard Ford Infiniti peccati (Feltrinelli) le convention in sperduti paesini del Midwest sono il teatro di notti dissolute e liberatorie, di sogni da motel e tradimenti che svaniscono all’alba.
Ma lo sono anche le pause pranzo a Milano, come racconta Natalia Aspesi, acuta osservatrice dei rapporti amorosi dalla sua posta del cuore sul Venerdì di Repubblica: «Da casa mia li vedo uscire dagli uffici, tutti a coppie, alcuni che si tengono per mano. Un tempo c’erano poche donne nei posti di lavoro, oggi non è così e ricevo tantissime lettere di sposati e innamorati in ufficio». Secondo Aspesi è l’abitudine a vedersi, il caffè insieme, il farsi guardare, mettere i tacchi, sfiorarsi... «L’ufficio resta il luogo più brillante per una seduzione, può essere un posto di pazzo divertimento. Nascondersi in bagno senza farsi scoprire. Però quasi tutte queste storie alla fine non durano, a meno che uno dei due sia importante e l’altro molto giovane».
La rottura, alla fine, è la parte più dura: bisogna considerare che si vedrà quel collega ogni giorno, magari riaccasato.
In Giappone, società rigida e gerarchica, questo aspetto è preso teneramente in considerazione. E per i cuori infranti sul lavoro sono previste apposite settimane di vacanze, per riprendersi dal dolore e poi tornare a produrre. Queste le conseguenze dell’amore ai tempi della pausa pranzo.