David Allegranti, Panorama 27/11/2014, 27 novembre 2014
PREMIATA DITTA BO-BO
Non è più il tempo dei «professionisti della tartina», come ama dire il premier Matteo Renzi riferendosi ai frequentatori di terrazze romane e salotti, quelli dove ci si conosce un po’ tutti, si scambiano lavori e favori, si condividono relazioni. Adesso è l’ora dei «ragazzi del Lampredotto», che ai salotti preferiscono l’aperitivo, anche se un locale che i renziani amano a Roma si chiama proprio «Salotto 42» e sta in piazza di Pietra. Ma cambia poco: l’importante è far gruppo, costituire una falange macedone solida a tutela del capo e di se stessi.
È in questi non-salotti alla moda che vanno, all’inizio della loro avventura romana, Francesco Bonifazi e Maria Elena Boschi, membri autorevoli del «Giglio magico», diventati il nucleo della nuova classe dirigente renziana. Sono loro i volti della nuova Italia rottamatrice. I due si conoscono da anni, a Firenze frequentano gli stessi locali. Alle primarie del 2009 sostengono il candidato sindaco dalemiano Michele Ventura, poi vengono fulminati sulla via di Rignano e si avvicinano svelti al renzismo. All’epoca sono solo due avvocati, specializzati in diritto societario e tributario, anche se alle spalle hanno famiglie che la politica l’hanno sempre masticata. Comunisti i Bonifazi, democristiani i Boschi. Babbo Bonifazi, Franco, è stato per anni direttore della Mukki, la centrale del latte di Firenze. Lo zio è Alberto Bruschini, un tempo membro della Deputazione generale di Mps ed ex direttore della Cassa di risparmio di Prato. Babbo Boschi, invece, from Laterina, provincia di Arezzo, conobbe la moglie Stefania Agresti, vicesindaco di Laterina, a un comizio della Dc. Oggi è vicepresidente della Banca Etruria.
Anche gli amici dei ragazzi del Lampredotto fanno gli avvocati. Uno di questi è Federico Lovadina, classe 1981. Come gli altri due, ha fatto pratica d’avvocato e lavorato nello studio del professor Umberto Tombari, noto civilista. Il 2009 è un anno di svolta per Bo-Bo, premiata ditta Bonifazi e Boschi. Renzi viene eletto sindaco e la loro carriera politica prende il largo. Bonifazi, segretario di uno dei circoli più importanti di Firenze, le Vie Nuove, rifiuta un incarico di assessore («Preferisco ruoli politici» dirà) e diventa capogruppo Pd in Palazzo Vecchio. È lì che conquista la fiducia del Rottamatore: attutisce i colpi della minoranza renziana dissidente, a quell’epoca ancora vivace. Il rapporto con Renzi si fa più solido, Bonifazi lo segue ovunque, il capo si fida di lui e qualche volta si sfoga pure, perché Bonifazi, che parla poco, sa ascoltare. Quando Renzi vuole spacchettare l’Ataf, la società di trasporto pubblico, per privatizzarne una parte, Bonifazi gli dice che Maria Elena Boschi è bravissima in queste cose. E infatti trova una soluzione.
Da quel 2009, che ha mutato la storia politica di Firenze (e non solo), a oggi, le cose sono molto cambiate. Bonifazi è stato nominato deputato in Piemonte (era nel listino bloccato) e tesoriere nazionale del Pd. La Boschi è diventata deputata, nel listino bloccato come Bonifazi, poi ministro, poi volto mediatico del renzismo, poi icona pop a colpi di interviste sulla maternità desiderata e bikini in spiaggia. Ma non sono solo loro ad aver fatto carriera. Il gruppo di amici fiorentini li ha seguiti. Bonifazi ha uno studio legale a Firenze, insieme ad altri tre soci, tutti al 25 per cento. Tra questi anche l’avvocato Lovadina, che da quando Renzi è stato eletto sindaco e la premiata ditta BoBo si è affermata, ha avuto diversi incarichi. Nel 2011 è stato indicato nel cda di Mercafir (delibera firmata da Renzi sindaco), la società partecipata del Comune di Firenze che gestisce il mercato ortofrutticolo, dove è rimasto fino al luglio scorso.
La stessa Boschi, prima di diventare deputata e ministra, è stata nominata nel cda di Publiacqua, ai tempi in cui il presidente era Erasmo D’Angelis, oggi capo struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche di Palazzo Chigi. Entrambi i nomi furono suggeriti da Bonifazi. L’opposizione sollevo il caso, ma lui rispose così: «Se mi viene chiesto di proporre dei nomi, io indico chi conosco. Non posso indicare chi non conosco. Semmai è da valutare l’opportunità di una normativa che prevede per le nomine un atto monocratico anziché un concorso». Lovadina non ha ricoperto solo quell’incarico, a Firenze e Roma. Dal dicembre 2013 è consigliere delegato di Ataf Spa e con Renzi al governo ci sono stati nuovi upgrade: a maggio, il giovane avvocato 35enne è entrato nel consiglio di Fs; ad agosto è stato nominato presidente dell’Agens, l’Agenzia dei trasporti e servizi di Confindustria, cui aderiscono, oltre al Gruppo Fs, Trenord, Busitalia Sita Nord, Ataf Gestioni, Autoguidovie e Consorzio Angel Service. Un altro socio dello studio di Bonifazi, Federico Gianassi, segretario del Pd fiorentino, è diventato assessore nella giunta di Dario Nardella. Non stupirebbe se, nel giro di qualche mese, arrivasse a Roma pure lui.
E il professor Tombari, dal cui studio sono passati Bonifazi, Boschi e Lovadina? A maggio è diventato presidente dell’Ente Cassa di risparmio, che oltre ad avere il 10 per cento della Cassa di Firenze, ha il 3,4 per cento di Intesa. L’illustre luminare è in buona compagnia. Nel cda siede anche il Gianni Letta renziano: Marco Carrai, imprenditore trasversale che si muove con la velocità adatta ai tempi che corrono. Non è uno di quelli, per dirla con Renzi, che «organizzano convegni e tra una tartina e l’altra discutono di problemi che stanno sul tavolo da 30 anni». Capita però, in quest’Italia nuova, fresca, nella quale il merito premia e il motto renziano è «con me andranno avanti i più bravi, non i più fedeli», che qualcuno non aderisca perfettamente al nuovo corso. La novella sposa di Carrai, Francesca Campana Comparini, a inizio anno ha ricevuto l’incarico di curare una mostra, da 100 mila euro, di Pollock e Michelangelo. E invece, si sa, il canone del renzismo impone nuovi codici: si lavora perché «si conosce qualcosa e non qualcuno». Premier dixit.