Fabrizio Roncone, Style 12/2014, 26 novembre 2014
GIUSTIZIA PIÙ VELOCE? RISOLVERE I PROCESSI PRIMA CHE ARRIVINO AI GIUDICI
[Andrea Orlando]
Andrea Orlando è un ministro della Giustizia determinato e sicuro. Un politico esperto e prudente. Un uomo pignolo che sa essere gelido. L’intervista sta per finire ed è inevitabile chiedergli di quella volta che Matteo Renzi, con aria ironica, disse; «Orlando? Un po’ doroteo...». Lui allora alza lo sguardo e ti osserva senza che un solo muscolo del viso si contragga (forse, a essere attenti, si muove leggermente il sopracciglio destro). La riforma più complessa e importante del Paese è affidata a questo ex ragazzo della Fgci di La Spezia che, a 45 anni, ha una biografia importante: fu scoperto da Piero Fassino che nel 2003, all’epoca segretario diessino, lo volle nella sua direzione; Walter Veltroni lo nominò poi portavoce del neonato Pd; Pier Luigi Bersani lo spedì a fare il commissario nella palude napoletana; Enrico Letta gli affidò il ministero dell’Ambiente. Aneddotica scarsa; era nelle strade di Genova durante i tremendi giorni del G8, il taglio dei suoi abiti è impeccabile.
Iniziamo con questa domanda: può provare a spiegarci la riforma della giustizia al di là degli slogan e delle polemiche sulle ferie dei magistrati?
Vent’anni di battaglie campali su questa materia hanno fatto quasi del tutto perdere di vista le sacrosante esigenze dei cittadini e del sistema Italia di far funzionare il servizio giustizia, un bene comune. E un buon servizio, perché sia tale, ha bisogno di essere certo nelle sue regole e nel suo funzionamento. La filosofia alla base della riforma si muove da questa consapevolezza: serve una giustizia più veloce ed efficace. Il che significa, ad esempio nel civile, selezionare la domanda e specializzare la risposta. Risolvere quindi preventivamente i conflitti evitando che arrivino di fronte al giudice laddove non è necessario. Allo stesso tempo sappiamo che oltre a norme nuove servono risorse e investimenti nel personale e nell’informatica…
Responsabilità civile dei magistrati: l’Europa ci chiede di cambiare da anni...
L’Europa in verità ci dice che i cittadini italiani non sono tutelati da eventuali gravi errori che la magistratura compie nell’applicazione del diritto comunitario. Quello che dobbiamo chiederci noi è se lo siano per l’applicazione di quello interno. E mi pare di poter dire, a quasi 30 anni dal varo della legge Vassalli, che questo sistema di tutela non ha funzionato. Il punto di partenza è chiaro: come risarcire il cittadino per un grave errore e poi come corresponsabilizzare il magistrato che ha eventualmente causato questo errore, tutelando il principio dell’indipendenza della magistratura.
Palmiro Togliatti, ministro della Giustizia nel primo governo De Gasperi, subito dopo la guerra, varò indulto e amnistia: lei ha mai pensato a simili provvedimenti? Lo stesso presidente Napolitano chiese interventi di genere «togliattiano»... (va ricordato che Orlando fu tra i pochissimi, la scorsa estate, a partecipare alle celebrazioni per i 50 anni della morte del «Migliore» che si tennero al cimitero del Verano, nda).
L’amnistia di Togliatti servì a chiudere una guerra civile, oggi eventualmente servirebbe ad affrontare l’emergenza del sovraffollamento carcerario. Guardiamo i fatti. Dopo l’ultimo indulto del 2006, questo Paese si è trovato ad affrontare una drammatica emergenza di sovraffollamento carcerario, generato da leggi che hanno incrementato il ricorso al carcere come pena. Io non sono ideologicamente contrario a questi provvedimenti, ma mi chiedo se non sia il caso di affrontare le cause del sovraffollamento piuttosto che i suoi effetti.
Capisco, ma insisto: non crede che indulto e amnistia possano essere soluzioni concrete e rapide per il risolvere il dramma del sovraffollamento delle carceri?
La prima emergenza che ho affrontato è stata esattamente quella del sovraffollamento. Ricordo che a maggio sull’Italia pendeva il rischio di una pesante condanna, anche economica, della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo. Ci siamo messi al lavoro, abbiamo puntato sulle pene alternative, sugli accordi con le regioni per i detenuti tossicodipendenti, il Parlamento ci ha dato un grande aiuto approvando leggi che hanno permesso di allentare un eccessivo utilizzo della carcerazione. I primi effetti possiamo vederli: siamo passati da quasi 70 mila detenuti agli attuali 54 mila e la Corte di Strasburgo ci ha evitato l’onta della condanna. Questo ovviamente non significa che non ci sia ancora tantissimo lavoro da fare.
Il Pd, dal giustizialismo a volte sfrenato degli ultimi anni, è diventato garantista grazie ai mutamenti d’identità imposti da Matteo Renzi al partito?
Non direi che il Pd sia stato sfrenatamente giustizialista, il clima di contrapposizione costante, di assedio alla giurisdizione ha sicuramente ridotto gli spazi per il senso critico. L’ambizione di ridare centralità e autonomia alla politica, stimolata anche da Renzi, consente oggi un approccio nuovo: la giustizia come grande infrastruttura democratica piuttosto che come terreno di scontro.
Corruzione, piaga per l’Italia. La legge Severino deve essere modificata e in molti sollecitano una revisione della materia.
La legge Severino ha introdotto importanti novità nel campo della prevenzione alla corruzione, attività che ruota attorno all’Autorità Nazionale Anticorruzione oggi guidata da Raffaele Cantone. Si può discutere su come correggerla dopo la prova dei fatti, anche se al momento non c’è alcun progetto di modifica.
Torniamo alla riforma: per anni s’è detto che non si poteva mettere mano alla giustizia perché la presenza di Silvio Berlusconi avrebbe inquinato il dibattito. Eppure oggi Berlusconi ha assunto una nuova centralità. Quanto pesa il patto del Nazareno sui riformatori, ministro?
Le ricordo che la centralità di Berlusconi si è rafforzata anche a seguito della decisione di altre forze politiche di non partecipare al percorso delle riforme istituzionali...
Saranno modificate o abrogate le famose leggi ad personam volute dai governi Berlusconi? Ricorda? Falso in bilancio, legge ex Cirielli...
Il rafforzamento del reato del falso in bilancio è uno strumento necessario per rafforzare la lotta alla corruzione, dare trasparenza al mercato, contrastare le infiltrazioni criminali nell’economia. Per questo è stato associato a un nuovo reato, l’autoriciclaggio. L’ex Cirielli è già stata modificata in una parte significativa dal Parlamento lo scorso anno e noi prevediamo di rivedere i meccanismi di prescrizione.
Trattativa Stato-mafia: il presidente Napolitano costretto a subire un interrogatorio. Alcune procure fanno politica?
Nella mia veste di ministro della Giustizia mi sono ripromesso di non commentare mai un procedimento in corso o una sentenza, anche la più controversa per l’opinione pubblica come è recentemente successo nella dolorosa vicenda del caso Cucchi. Come cittadino, non posso che applaudire la levatura politica di Giorgio Napolitano che con grande umiltà e deferenza per le istituzioni ha scelto una condotta che ha replicato con i fatti a inaccettabili attacchi alla sua persona.
Lei, all’interno del Pd, apparteneva alla corrente dei cosiddetti Giovani Turchi, poi è diventato ministro: cosa pensa degli atteggiamenti di Renzi che, nei confronti della minoranza (bersaniani, dalemiani, cuperliani) è spesso sprezzante?
Renzi ha rotto molti schemi... In alcuni casi era necessario, in altri avrei forse modulato diversamente i toni.
Ultima domanda: lei, per carattere, sembra molto diverso dal premier. Timido, riservato, mite. Renzi la definì «un po’ doroteo». Come riuscite ad andare d’accordo?
Guardi, io sono meno mite di quello che sembro... Renzi comunque ha sempre rispettato il mio lavoro così come io ho sempre assicurato la massima collaborazione alla squadra di cui lui è il capitano. Si è enfatizzata molto quella battuta, che tale resta. Tanto più per uno come me, che non si vergogna di essere stato iscritto al Partito Comunista Italiano.