Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  novembre 09 Domenica calendario

IL BANDONEÓN È SALVO, L’ARGENTINA NO


L’Argentina ha fabbricato il suo primo bandoneón. Detta così, sembra quasi surreale: come annunciare che la Scozia ha fabbricato la sua prima cornamusa, o che la Russia ha fabbricato la sua prima balalaika. Eppure è così, e anzi il prodotto presentato nel febbraio del 2013 e di cui ora è annunciata la partenza delle fabbricazioni in serie per il prossimo anno è diventato quasi una battaglia politica, quasi una rivalsa da contrapporre alla sentenza del giudice Griesa che ha portato il Paese in default e all’inflazione fuori controllo. Ma qua ci sono alcune cose da spiegare. La prima è che il bandoneòn, inventato nel 1848 dal tedesco Heinrich Band, non è una fisarmonica, anche se viene spesso con essa confuso. Non ha infatti accordi preselezionati, e anche nella bottoniera per la mano sinistra ogni tasto corrisponde a una nota singola. Secondo punto importante: in realtà lo strumento di Astor Piazzolla non era stato inventato per il ballo ma per la musica di chiesa, come un surrogato portabile dell’organo. E la terza è che sebbene una volta portato a Buenos Aires e Montevideo da emigranti centro-europei a partire dal 1900 è diventato lo strumento simbolo del tango, in realtà le fabbriche sono sempre rimaste in Europa. La più famosa era la Alfred Arnold di Carlsfeld, in Sassonia: la «Stradivari dei bandoneón», che però chiuse nel 1939. Ma dopo il 1945 l’intera industria del bandoneón fu quasi azzerata, un po’ per le distruzioni della guerra, un po’ per il cambio dei gusti musicali. E i musicisti argentini dovettero andare avanti riciclando gli strumenti vecchi. Poi dal 1990 la fabbricazione è ripartita, pompata dalla nuova moda del tango a livello mondiale. Ma il prezzo medio è tra i 4000 e i 6000 euro a strumento. In più tra i turisti denarosi è diventato un must fare incetta di vecchi strumenti per portarli via dall’Argentina, ed è famoso il caso di un riccone giapponese con una collezione di 60 bandeoneón che non fa vedere a nessuno. Insomma, già nel 2003 era uscito un documentario significativamente intitolato L’ultimo bandeoneón. Protagonisti, un vecchio suonatore e una giovane studentessa che deve fare i salti mortali per procurarsi uno strumento. E dal 2010 era iniziata una campagna per far istituire un registro nazionale dei bandoneón che vietasse farli uscire dall’Argentina, un po’ come opere d’arte. Qualcuno però aveva osservato che forse la cosa più logica sarebbe stata appunto quella di far partire una produzione nazionale. Si è messo all’opera il dipartimento di design industriale all’Universidad Nacional Lanús di Buenos Aires, e appunto in due anni ha realizzato il Pichuco: dal soprannome di quell’Aníbal Troilo che fu il più grande suonatore di tutti i tempi, maestro anche di Piazzolla. È ispirato all’Alfred Arnold, ma in gran parte dei 2300 pezzi la plastica sostituisce legno e cartone, in modo da dimezzare il prezzo.