Marco Moussanet, Il Sole 24 Ore 22/10/2014, 22 ottobre 2014
LA MORTE ASSURDA DI CHRISTOPHE DE MARGERIE, NUMERO UNO DI TOTAL. IL SUO AEREO SI È SCHIANTATO AL DECOLLO SU UNO SPAZZANEVE GUIDATO DA UN UBRIACO
Erano le 23,57 di lunedì sera (le 21,57 a Parigi) quando il Falcon 50 di Total con a bordo il presidente e amministratore delegato del gruppo Christophe de Margerie, i due piloti e una hostess, in decollo dall’aeroporto moscovita di Vnukovo, ha toccato con il carrello uno spazzaneve, è precipitato e ha preso fuoco. L’inchiesta per chiarire l’esatta dinamica dell’incredibile incidente è ovviamente ancora in corso, ma gli inquirenti russi hanno già chiarito che «non si tratta di una tragica somma di circostanze bensì di una negligenza criminale da parte dello staff dell’aeroporto». A partire proprio dallo spazzaneve, il cui conducente a quanto pare era ubriaco e che certo non avrebbe dovuto trovarsi lì in quel momento, fino ai controllori, che evidentemente non hanno controllato.
Con de Margerie non scompare solo il "patron" del colosso petrolifero (prima società francese per fatturato e utili, quinto gruppo mondiale del settore), ma un vero personaggio del panorama mondiale del business e un top manager anomalo, fuori dagli schemi.
Nato il 6 agosto del 1951 a Maureuil-sur-Lay, villaggio di 2.800 abitanti in Vandea, de Margerie avrebbe potuto optare per la diplomazia, seguendo la strada tracciata dalla famiglia del padre Pierre-Alain Jacquin, o per l’attività imprenditoriale, sfruttando il fatto che la madre Colette era una degli otto figli di Pierre Taittenger, fondatore del piccolo impero del lusso noto soprattutto per lo champagne ma anche per la cristalleria Baccarat e gli alberghi Crillon e Lutétia a Parigi o Martinez a Cannes (asset ceduti nel 2005).
Ha preferito costruirsi un percorso tutto suo, che alla fine l’ha portato a unire le due tradizioni familiari, come lui stesso a volte amava ricordare: «Faccio della diplomazia… e tante altre cose». Nel 1974, all’uscita dall’università, aveva preferito Total (allora Compagnie française des pétroles) «perché la sede era a due passi da casa». Entrato alla direzione finanziaria, si era via via fatto largo, lui che aveva una formazione commerciale, in un mondo controllato in maniera ferrea dalla setta degli ingegneri. Senza fretta ma con perseveranza, com’era nel suo carattere, aveva pian piano salito i gradini della gerarchia, fino a diventare, nel 1995, direttore generale per il Medio Oriente.
La vera svolta, l’accelerazione è stata in quegli anni. De Margerie si è costruito la reputazione di abile negoziatore e di profondo conoscitore di una delle aree cruciali del mondo - se non, allora, la più cruciale e strategica - per una compagnia petrolifera. «Nel corso di una trattativa - diceva di lui l’allora numero uno Thierry Desmarest - Christophe capisce immediatamente l’attitudine degli interlocutori e adotta la tattica necessaria. Sembra una dote innata».
Quattro anni più tardi, dopo la fusione di Total con il gruppo belga Petrofina, il suo lavoro sul terreno («Fatto di calore umano, di una stretta di mano, perché un contratto non si ottiene mai al telefono») viene premiato con la direzione della potentissima, e ricchissima, divisione "ricerca e produzione". Entra nella stanza dei bottoni. Ed è quindi logico ed evidente per tutti che sia lui, nel 2007, a essere scelto come amministratore delegato, in un breve periodo di governance duale, a fianco del presidente Desmarest.
Ma è ormai l’ultima fase di definitiva messa a punto prima di assumere, nel 2010, anche la carica occupata da Desmarest, che rimane in Total come presidente onorario.
"Big Moustache", com’era stato soprannominato per i folti baffi bianchi, era un uomo di gran classe, rotondo in tutti i sensi, bonario d’aspetto ma capace di essere rude quando la circostanza lo richiedeva, dotato di un senso dello humour che poteva essere sferzante.
Stimato e apprezzato - e non è una frase fatta anche se lo sembra - da tutti. Dai dipendenti: che a volte lo incrociavano davanti alla sede della società, una delle torri della Défense, quando scendeva a fumarsi un sigaro (una delle sue grandi passioni, insieme al whisky pregiato); che ammiravano il suo rapporto passionale, quasi viscerale con l’azienda in cui ha fatto l’intera carriera e le capacità di coinvolgimento; che ieri, scioccati e commossi, si sono fermati alle 14 per un minuto di silenzio.
Dal mondo della politica, di destra e di sinistra: vicino al presidente François Hollande anche attraverso il segretario generale dell’Eliseo Jean-Pierre Jouyet, che ha sposato un’altra Taittenger, e a tanti dirigenti socialisti, de Margerie amava parlare di politica; e lo faceva nel suo modo molto diretto e concreto, senza peli sulla lingua (altra anomalia); ancora di recente aveva strapazzato Eliseo e Governo, dicendo chiaramente che il tanto declamato "modello francese" era morto e che la Francia era vista con «crescente diffidenza» dal mondo del business internazionale.
La disponibilità, la facilità, la naturalezza nei rapporti umani e professionali l’aveva certo aiutato nella difficile opera di ricostruzione dell’immagine di Total. Appannata, se non danneggiata, da scandali e polemiche, soprattutto con le Ong: il naufragio dell’Erika, la presenza in Birmania/Myanmar, i sospetti di corruzione in Iran, il coinvolgimento nell’inchiesta "oil for food", i rapporti amichevoli con Putin. Ma de Margerie, che da neo presidente aveva passato 24 ore in stato di fermo con le manette ai polsi, sapeva commentare anche queste vicende con tono scherzoso e distaccato. Da buon diplomatico.
Marco Moussanet, Il Sole 24 Ore 22/10/2014