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 2014  ottobre 21 Martedì calendario

GIANLUCA CIFFERRI, L’IMPRENDITORE IN CRISI CHE UN MESE FA UCCISE A COLPI DI PISTOLA DUE SUOI EX DIPENDENTI CHE RECLAMAVANO GLI STIPENDI ARRETRATI, SI È IMPACCATO IN PRIGIONE

Si è impiccato in carcere il piccolo imprenditore edile marchigiano Gianluca Ciferri, 48 anni, che un mese fa uccise due ex operai a Fermo. Si è annodato al collo una corda fatta di lenzuola e federe dopo aver scritto una lettera, trovata dai compagni di cella accanto al corpo senza vita appeso alla grata del bagno. La lettera era in una busta chiusa senza indirizzo ed è stata affidata al magistrato. La verità, il brutale motivo di un gesto che nessuno poteva prevedere, è stata trovata nell’armadietto dove Ciferri teneva un diario con frasi appuntate, quasi un canovaccio di difesa, e un appunto diceva: «L’ho fatto per difendere gli interessi della famiglia». Frase che riporta alla sua azienda, alla crisi dell’edilizia, ai debiti accumulati. E Ciferri, incensurato e gran lavoratore, non avrebbe retto a una situazione economica non più florida, alle continue richieste di denaro e ai mancati pagamenti che mettevano in pericolo il benessere che comunque voleva continuare a garantire alla sua famiglia, moglie e tre figli (solo uno appena diciottenne).
«L’HO FATTO PER LA FAMIGLIA»
Ed era segnato nel profondo dalla consapevolezza di aver spezzato la vita a due persone. «E’ una tragedia nella tragedia», dice il suo avvocato Savino Piattoni. Cgil, Cisl e Uil di Fermo parlano di «un’altra vittima dei tempi cupi che stiamo attraversando». Sul decesso è stato aperto un fascicolo. Un’inchiesta interna verrà aperta anche dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria anche se nessuno - difensore e operatori del carcere - aveva notato segnali che facessero temere gesti autolesionistici.
Nella villetta-ufficio di via Molini Girola a Fermo, dove il 15 settembre Ciferri ha ucciso a colpi di pistola due suoi ex dipendenti che reclamavano gli stipendi arretrati, ieri mattina era radunata la famiglia Ciferri.
«Siamo distrutti dal dolore - dice la cognata - io ho appreso la notizia da Sky Tg24, il dolore è immenso, siamo nella più completa disperazione. Rispettate il nostro dolore». Per ogni commento rimandano al loro avvocato. «Ho visto Gianluca Ciferri giovedì scorso - dice il legale - Abbiamo parlato a lungo: nulla nelle sue parole faceva pensare a un gesto del genere. Aveva preso consapevolezza che i fatti accaduti il 15 settembre avevano cambiato per sempre la sua vita e le vite delle altre famiglie coinvolte». Ciferri, accusato del duplice omicidio volontario di Nexhmedin Mustafa, 38 anni, e Avdyli Valdet, 26, carpentieri immigrati dal Kosovo, aveva sempre detto di aver agito per difendersi da un’aggressione: «I due operai erano armati di una piccozza, ho avuto paura e ho sparato».
LE DUE VERITÀ
Ma c’è anche l’altra verità, che parla di un appuntamento fissato dallo stesso Ciferri per regolare bonariamente un debito che aveva con i due muratori. Gli operai vantavano circa 20 mila euro di stipendi arretrati (16mila con buste paga e 4mila in nero), più volte richiesti all’imprenditore, anche attraverso un contenzioso curato dalla Uil e in fase di decreto ingiuntivo. Nexhmedin aveva moglie e 4 figli piccoli, Valdet un figlio e un altro in arrivo. «Non sapevano più come sfamarli» ha detto il fratello di Mustafa. Appassionato di armi, Ciferri deteneva 41 fucili e pistole nella villa-ufficio e in un’altra abitazione.
Rosalba Emiliozzi, Il Messaggero 21/10/2014