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 2014  ottobre 21 Martedì calendario

IL RADICAL CHIC DORIA È NEL FANGO

Uno lotta come un leone, presidia tv e i giornali, sbraita, si arrabbia, tuona contro chi lo accusa dei disastri accaduti e riesce pure a fare uscire dallo studio di Servizio Pubblico uno come Marco Travaglio. L’altro sembra quasi spaventato e spaesato, non infonde sicurezza.
Di fronte alle proteste e agli insulti, barcolla, sussurrando che potrebbe pure dimettersi, salvo poi fuggire in un’amena località lontano dalle preoccupazioni.
Claudio Burlando e Marco Doria, due facce di come due diverse sinistre stanno affrontando i postumi dell’emergenza alluvione a Genova, un disastro figlio anche della poca lungimiranza al governo di quella stessa sinistra che entrambi rappresentano.
Tra i due, l’uomo forte è ovviamente il governatore Burlando, da dieci anni in sella alla Regione, bersaniano e adesso pure un po’ renziano, ma da una trentina d’anni ai vertici della politica genovese, prima come assessore, poi come sindaco, ministro, quindi come presidente di Regione; dunque, di certo non esente da responsabilità politiche rispetto a quanto accaduto nel capoluogo ligure.
Doria, invece, di politica e amministrazione ne ha masticata meno. E si vede. Salvo qualche militanza giovanile nella Fgci quindi la vicinanza prima a Rifondazione poi a Sel, il nobile comunista, di professione docente universitario, ha compiuto il grande salto nel 2011 quando alle primarie del centrosinistra ha sconfitto la candidata del Pd, l’ex sindaca Marta Vincenzi, per poi diventare primo cittadino nel 2012. E fu proprio l’alluvione del novembre 2011, con le sue sei vittime in città, a costare il bis alla pasionaria amministratrice dem, sommersa da una valanga di polemiche.
Adesso Doria, che anche sull’onda di quelle proteste aveva avviato la rivoluzione arancione a Genova dopo Luigi de Magistris a Napoli, a seguito del nubifragio del 9 ottobre scorso in cui ha perso la vita una persona, si trova in una situazione analoga a quella della Vincenzi di tre anni fa.
Le polemiche si sono scatenate quando il sindaco ha visitato le vie del centro storico invase dal fango. È successo domenica 12, cioè due giorni dopo quella notte disastrosa tra giovedì 9 e venerdì 10, e Doria era scortato dal deputato Pd Marco Tullo.
Prima di lui a sporcarsi nel fango c’era addirittura andato l’arcivescovo Angelo Bagnasco.
Il sindaco s’è quindi dovuto difendere dagli attacchi, tanto da vagheggiare dimissioni nel caso fosse servito a qualcosa; imbarazzato e mortificato, non ha saputo dare una pronta risposta ai suoi cittadini.
Ironia della sorte per un dotto e fine amministratore come lui, proprio mentre i fiumi straripavano in quella maledetta serata di giovedì 9 ottobre, Doria si accomodava sulle poltrone del teatro Carlo Felice per assistere allo spettacolo di inaugurazione della stagione.
Tutto questo è poi sfociato nello spiacevole episodio di sabato scorso, quando sindaco, moglie e figli sono stati visti cenare in un esclusivo ristorante di Courmayeur, in Valle d’Aosta. Apriti cielo, il Secolo XIX ha riportato la notizia, raccontando della protesta di una signora che l’ha notato e gli ha chiesto perché non fosse nella sua città a spalare il fango insieme ai suoi cittadini invece di stare in un posto non certo accessibile a tutti e lontano dalle preoccupazioni.
Roba da sindaco della sinistra radical chic, quale peraltro Doria è. Inutile scandalizzarsi. E così domenica scorsa il variegato popolo a sinistra del Pd ha iniziato a scaricarlo; alla manifestazione genovese del partito anti-cemento tra No Tav, centri sociali, Arci e gruppi studenteschi, nel mirino c’è finito pure lui, accusato di non aver fatto abbastanza per prevenire questi disastri.
Giovanni Bucchi, ItaliaOggi 21/10/2014