Paola Zanca, il Fatto Quotidiano 19/10/2014, 19 ottobre 2014
L’OPERAZIONE “24 METRI QUADRI” E 6 CHILOMETRI E MEZZO DI CORRIDOI
L’#oraics è scattata il 18 aprile. Nuovo obbligo di legge: 24 metri quadri a testa, i dipendenti pubblici non si allarghino con anticamere e divani. “Un passaggio molto importante, che costringe a ripensare tutto il sistema degli affitti delle strutture pubbliche - diceva allora Matteo Renzi ai giornalisti - So che non vi affascina, però...”. Però, affascinava Carlo Cottarelli, il commissario incaricato della spending review appena dimesso. Lo intrigava non poco, quel risparmio di spazi: oggi la media italiana è di 44 metri quadri a testa, all’estero si accontentano perfino di 12. Ma da dove cominciare i lavori di ristrutturazione? Di certo non dai ministeri. Perchè, racconta Cottarelli al Corriere della Sera gli “enormi corridoi ministeriali” non si possono restringere: servono a dare alloggio ai commessi che “non hanno un vero lavoro da svolgere” e stanno lì “seduti alla scrivania”. Sono i superstiti di tagli e accorpamenti: dai 23 dicasteri dell’ultimo Berlusconi, per dire, si è passati ai 16 del Matteo I. E poi, va detto, prima che per gli occupanti a braccia conserte, quei corridoi sono intoccabili per valore storico e artistico. Mica Cottarelli pensava di soppalcare le stanze del cinquecentesco palazzo Vidoni, sede del ministero della Semplificazione e della Pubblica amministrazione? (ah, saperlo: il suo rapporto - costato 258 mila euro - al momento non è stato reso pubblico, come denuncia Arturo Scotto di Sel).
Così, l’ampia letteratura sulle stanze dei bottoni si arricchisce di nuovi capitoli. Deputati e senatori sono alle prese con il trasloco (ancora tutto da organizzare) dai palazzi di Sergio Scarpellini in affitto a cifre da capogiro. Ma finora a nessuno era venuto in mente di restringere gli spazi di ministri, sottosegretari e personale amministrativo. A volte, separati in casa. Prendiamo il ministero della Salute. Beatrice Lorenzin, la sua segreteria, l’ufficio stampa, il legislativo ed alcune strutture stanno in Lungotevere Ripa 1, a Trastevere. Seimila e ottocento metri quadri, compresi archivi e magazzini, per 210 dipendenti: 32 a testa, sotto la media calcolata da Renzi. Il resto dell’apparato (1300 dipendenti) siede nella nuovissima sede di viale Giorgio Ribotta, quartiere Eur: 52 mila metri quadri, 633 uffici, garage e auditorium. Nei sotterranei si trovano tesori: per esempio, nei bassi dei cinque piani del Viminale c’è stato un tempo in cui si accatastavano poltrone e scrivanie scartate dai sottosegretari a ogni cambio di governo. E il vezzo di rifarsi il mobilio è ancora cronaca di questi mesi, visto che la sottosegretaria Simona Vicari (lo scrisse qui Tomaso Montanari) si rivolse ai musei di Stato per avere quadri in comodato d’uso per il suo ufficio. Una collezione di arte contemporanea, dal 2000, arreda il palazzo della Farnesina. E da fare ce n’è: il ministero degli Esteri occupa 169 metri in lunghezza, 51 in altezza, volume complessivo di 720mila metri quadri e corridoi da circuito campestre: 6 chilometri e mezzo.
Centocinquant’anni fa, regista del trasferimento della macchina burocratica a Roma (capitale dell’Italia fresca di unità) fu Quintino Sella. Sognava di costruire nei dintorni di via XX Settembre il polo amministrativo inaugurato con il ministero delle Finanze. Oggi, in quel quadrilatero, hanno sede le Infrastrutture, le Politiche Agricole, la Difesa. All’epoca si valutò se valesse la pena recuperare i palazzi pontifici o costruirne di nuovi. Vinse la prima strada, ma già nel 1878 - ricostruisce un saggio dell’Università Roma-Tre - si iniziò “a dubitare della convenienza del sistema adottato”. Scriveva la Commissione incaricata di autorizzare nuove spese: “l’insediamento nei conventi e nei monasteri, od in edifizi costruiti per altra destinazione, non portò a veruna economia nella spesa in confronto di quella incontrata per collocare uffizi in quantità equivalente entro locali costruiti di sana pianta ed a bella posta”. Cottarelli si consoli, non si è inventato niente.
Paola Zanca, il Fatto Quotidiano 19/10/2014