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 2014  ottobre 18 Sabato calendario

DRAGHI CONTRO LE 4 E

U n crollo o una correzione? È la domanda che tutti si fanno di fronte al forte calo registrato in borsa dall’inizio del mese. Come al solito, si è trovato uno slogan efficace per descrivere la situazione. A turbare i mercati sono le 4 E: Ebola, Europa, Energia, Earnings, gli utili delle società. L’andamento dei mercati dimostra che per dissipare i timori legati alle 4 E ce ne vuole una quinta, Easing, ovvero l’allentamento delle politiche monetarie da parte delle banche centrali mondiali. E visto che i tassi d’interesse sono praticamente a zero ovunque, l’unico Easing che si può fare è l’allentamento quantitativo, ovvero l’acquisto di titoli di Stato e di altri asset da parte delle banche centrali, detto QE. Un QE per le Quattro E, insomma, e tutto sarà risolto. Almeno nel breve termine, che poi è lo spazio temporale entro cui si muovono le borse.
Ebola è dunque il primo fattore di preoccupazione e qui non c’è QE che tenga. Facile capire quali conseguenze avrebbe un mutamento del virus e una sua più ampia diffusione. Facile intuire che i primi a rimetterci sarebbero i titoli delle compagnie aeree a causa delle probabili misure di restrizione ai viaggi. Mediobanca Securities ha sfornato un report in cui sostiene che i titoli del lusso potrebbero perdere il 10%. «Il business generato dai turisti rappresenta circa il 20% del fatturato totale del settore», spiega l’analista Chiara Rotelli. «Questa percentuale è di gran lunga maggiore, il 40-50%, per Brunello Cucinelli, Salvatore Ferragamo, Prada e Moncler, che sarebbero particolarmente colpiti dai minori flussi di viaggiatori, dato che il travel retail è il canale che per primo potrebbe risentire di eventuali restrizioni nei movimenti turistici».
Europa. Se si esclude il campo sanitario, è in realtà di gran lunga il primo fattore di preoccupazione. La situazione è questa: Eurolandia rischia di cadere in recessione per la terza volta dallo scoppio della crisi globale nel settembre 2008, i mercati chiedono alla Bce un intervento d’urgenza per bloccare la caduta, ormai non si accontentano più delle magie retoriche di Mario Draghi. Anche perché la retorica ufficiale parla di rischi al ribasso di inflazione, mentre in realtà si tratta di rischi al rialzo di deflazione (già una realtà in Italia), come dimostra il misero aumento dello 0,3% dell’indice dei prezzi al consumo in Eurolandia a settembre. Occorrerebbe quindi passare ai fatti, ma il presidente della Bundesbank; Jens Weidmann dice nein a tutto.
Energia. I prezzi del petrolio stanno colando a picco e nel giro di un anno hanno perso oltre il 20%. Il Brent si aggira fra 83 e 85 dollari al barile e giovedì 16 per qualche momento è sceso addirittura sotto 80 dollari. Gli esperti sono divisi sugli effetti di questo ribasso. Gli ottimisti sostengono che prezzi più bassi del greggio (e dell’energia in generale) aiuteranno i consumi perché i cittadini avranno a disposizione più soldi da spendere. I pessimisti ribattono, però, che il calo aumenta le pressioni deflazionistiche a livello globale. Il calo mette inoltre a serio rischio le economie di alcuni Paesi produttori, come la Russia e l’Iran. Mosca ha infatti calcolato il pareggio di bilancio assumendo un prezzo del petrolio di 105 dollari al barile, Teheran di 130 dollari. Secondo Bank of America, inoltre, con il petrolio a 75 dollari non sarebbero più convenienti molti giacimenti di shale gas, che ora assicurano agli Usa l’indipendenza energetica. Le chiavi della produzione restano comunque in mano all’Arabia Saudita, stretta alleata di Washington e alla fine le considerazioni politiche potrebbero prevalere su quelle economiche: conviene spingere sull’orlo della bancarotta la Russia, anche a costo di mettere in difficoltà l’industria dello shale gas negli Usa?
Earnings. Le prime tre E faranno male alla quarta, ovvero ridurranno i profitti delle aziende quotate? Domanda che si può tradurre anche così: la caduta delle borse è giustificata dai fondamentali? Secondo Ubs ci vorrebbe una revisione al ribasso del 29% delle stime dell’utile per azione negli Usa per riportare il premio di rischio azionario in linea con la sua media di lungo periodo e addirittura del 40% in Europa, numeri giudicati eccessivi dagli analisti di Ubs, segno che la caduta dei mercati è esagerata. Anche Goldman Sachs ha gettato acqua sul fuoco, sostenendo che i mercati «sembrano prezzare un forte calo della crescita sia negli Usa sia a livello globale e un rischio molto più basso d’inflazione per le principali economie di quanto non facessero poche settimane fa. Ma la realtà economica sembra essere cambiata poco». La conclusione è che «probabilmente il mercato sta reagendo in maniera esagerata».
Che cosa ha innescato l’ondata di vendite? Non c’è il minimo dubbio: la caduta è cominciata lo scorso 2 ottobre, quando dal consiglio direttivo della Bce, che si è tenuto a Napoli, non sono arrivate nuove indicazioni su un possibile QE, ovvero un massiccio piano di acquisti di titoli di Stato. A peggiorare la situazione ha contribuito il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, che in un’intervista al Wall Street Journal del 7 ottobre ha ribadito il suo nein non solo al QE ma anche all’acquisto di Abs e covered bond perché come ha poi ripetuto venerdì 17, anche quest’ultimo piano, che ha avuto già il via libera dall’Eurotower, «sposta i rischi dalle banche al bilancio della Bce» e quindi lo trasferisce potenzialmente dalle banche «ai contribuenti». Non solo, il nuovo programma di acquisti cambia la politica monetaria dell’istituto di Francoforte indirizzandola «dai piani per facilitare il credito a una filosofia del QE». E quindi spianando il terreno all’aborrito acquisto dei titoli di Stato.
Le borse hanno proseguito la loro caduta, interrotta giovedì 16 dalle dichiarazioni di James Bullard. Il presidente della Federal Reserve di St. Louis da falco è diventato colomba, sostenendo che la Fed potrebbe rinviare a dicembre la fine del QE, prevista invece per la fine del mese. Le borse hanno subito interrotto la caduta, recuperando parzialmente le perdite e il giorno successivo, venerdì 17, hanno finalmente messo a segno un bel rimbalzo. Piazza Affari ha chiuso a +3,42%, ma dal 2 ottobre il calo è stato del 9,68% (-1,4% da inizio anno e addirittura -17% dai massimi del 10 giugno). Incredibile che un esponente della Fed sia dovuto scendere in campo per supplire ai silenzi della Bce. La morale di questa vicenda è che i mercati chiedono a gran voce il QE della Bce. Come ha detto Standard & Poor’s con linguaggio asettico, le turbolenze nei mercati finanziari globali, tra cui il picco dei costi di finanziamento per i Paesi periferici dell’Eurozona, rendono più probabile un programma di acquisto di titoli di Stato su ampia scala da parte della Bce. Venerdì 17, Draghi ha pubblicato sul sito della Bce la sua risposta a una interrogazione di due parlamentari europei italiani, Marco Valli e Marco Zanni, in cui ha sostenuto che i nuovi prestiti quadriennali della Bce denominati T-ltro, finalizzati a espandere il credito bancario all’economia reale, potrebbero essere investiti dalle banche, in modo temporaneo, in titoli di Stato. Piano piano, si sta preparando il terreno al QE. Forse troppo piano?
Marcello Bussi, MilanoFinanza 18/10/2014