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 2014  ottobre 18 Sabato calendario

APPUNTI SU GAZZETTA - RENZI DALLA D’URSO E L’ASSEGNO ALLE MAMME


REPUBBLICA.IT
LA DIREZIONE DEL PD
ROMA -"Questo fine settimana la Cgil riunisce centinaia di migliaia di persone. Abbiamo un profondo rispetto indipendentemente dal dibattito che c’è tra di noi. C’è rispetto ogni volta che un’organizzazione importante affronta una prova di piazza". Matteo Renzi ha teso una mano al sindacato a lui più avverso, soprattutto sul Jobs Act, nell’aprire la direzione Pd, organizzata oggi per fare il punto sul futuro del partito. Sul tappeto molti temi sui quali stavolta la minoranza si è fatta sentire: dalla crisi del tesseramento ai bilanci della vecchia Ditta e la spending review inaugurata dal nuovo tesoriere renziano Francesco Bonifazi.
Nella replica Renzi ha fatto una sintetica analisi del voto, chiarendo che "la fatica del consenso è quotidiana, è finito il voto a tempo indeterminato. E’ finito l’articolo 18 del voto. La gente fa zapping, non continua a votare sempre gli stessi, comunque vada". E ha smentito quanti (come Gianni Cuperlo) hanno avanzato l’ipotesi che l’intenzione del segretario sia di trasformare il partito in una confederazione: "Io non posso accettare che questa sia una confederazione. Io voglio che non lo sia. Io non credo né alla circolazione extracorporea, né alla rappresentazione di come sono andate le cose nel 2012-2013".
"Fino a quando ho fatto le primarie contro tutto il Pd non ho vinto. Ho vinto solo quando una parte importante della classe dirigente del Pd ha scommesso su di me", ha aggiunto il segretario. Nel caso dei renziani, ha concluso, "non si è trattato di un’invasione dei barbari dentro al partito".
Pd partito a vocazione maggioritaria. "Oggi non facciamo conclusioni - ha affermato il premier segretario - o comunque saranno conclusioni che alimentano la discussione. Perché risolvere le questioni della forma partito con una sola direzione probabilmente è insufficiente". A ribadire che il dibattito sull’evoluzione del Pd è appena cominciato. L’idea è quello di un partito a vocazione maggioritaria, che si apre anche ad accogliere realtà diverse, come i ’transfughi’ di Sel e Scelta Civica: "Il Pd - ha spiegato Renzi - deve essere un partito che si allarga, Reichlin lo ha chiamato il partito della nazione, deve contenere realtà diverse. Io spero che da Migliore con Led fino ad Andrea Romano che con quella parte di Scelta Civica che vuole stare a sinistra ci sia spazio di cittadinanza piena". Chiamato in causa Romano ha commentato positivamente l’apertura del presidente del Consiglio: "Sc è un progetto esaurito, contribuiamo a nuovo Pd di Renzi".
Italicum: il premio alla lista piace anche ad Alfano. Di conseguenza, "se il Pd è il partito maggioritario, ossia della nazione, deve avere degli strumenti elettorali che lo consentano e allora nell’Italicum meglio il premio alla lista che alla coalizione". Una proposta che ha ottenuto immediatamente il plauso del leader di Ncd Angelino Alfano: "Siamo assolutamente favorevoli. Grillo è una coalizione a sè, il centrosinistra è di fatto il Pd, il centrodestra è frammentato e non ricomponibile, allora è più rappresentativo del Paese un premio al primo partito".
Sulla legge elettorale Renzi ha continuato: "Il Pd è un partito che vince per fare una legge elettorale in cui sia chiaro chi vince. Un passaggio chiave per l’Italia perché non c’è mai stata una legge elettorale che rendesse chiaro chi fosse il vincitore, né con il Mattarellum né con il Porcellum. Avere una legge elettorale che consegni un vincitore - sperando di essere noi - è possibile solo con il ballottaggio: è un grande risultato cui abbiamo lavorato anni sotto diversi segretari", Bersani, Veltroni, Franceschini.
Pd come antidoto al populismo del M5S. In un passaggio successivo, il premier si è soffermato sui lavori alle Camere e sul ruolo del M5S e delle opposizioni: "Questo è un Parlamento che da 18 mesi è bloccato, nei quorum costituzionali è messo in difficoltà da un blocco che dice ’no’ a tutto ma è in corso un costante sgretolamento". E, in merito alle espulsioni dei militanti Cinque Stelle che hanno contestato Grillo al Circo Massimo, ha commentato: "E’ imbarazzante". Rivolto ai suoi ha fissato i paletti sui margini di manovra dei parlamentari nelle votazioni: "Il Pd non espellerà chi dissente, ma sul voto di fiducia bisogna darsi delle regole. Non possiamo diventare né un comitato elettorale, né un club di anarchici e di filosofi". Perché il Pd, nell’ottica di Renzi, è l’unico antidoto al populismo: "Se non ci siamo noi l’alternativa è la piazza talvolta xenofoba, o il populismo o un movimento di anime che non è più rispettoso della democrazia interna di quanto non lo siamo noi. Se non ci siamo noi c’è la vittoria di un fenomeno demagogico e populista che rischia di incrinare le regole del gioco. Questa comunità che ha preso il 41% oggi è l’unica speranza perché l’Italia esca dalla palude". E ha concluso con un appello al senatore Walter Tocci perché riconsideri
la sua scelta di lasciare il Senato: "Credo sia una cosa bella e positiva se resta con noi - ha affermato il premier - perché un partito del 41% ha bisogno di chi fa le sue battaglie e poi si adegua alla scelta della maggioranza".
Scambio di battute Renzi-Civati. Pippo Civati, che ha definito il Pd "un misto tra Usa Urss e Berlusconi" (VIDEO), facendo riferimento anche all’annuncio sul nuovo bonus bebè, ha replicato sul suo blog a una battuta di Renzi in direzione: "Pippo, tu la fiducia a Enrico (Letta) non la votavi nemmeno... Matteo, tu gliel’hai tolta appena sei arrivato". E ha aggiunto: "Scambio di tweet immaginari dalla direzione del Pd". Salvo poi esprimere un parere positivo sul discorso di Renzi in merito al voto di fiducia: "Sulla questione della fiducia mi fa piacere il tono utilizzato dal segretario rispetto ad atteggiamenti un po’ più scalmanati visti sui giornali da parte di tutti. Io sono il primo scalmanato".
Cuperlo: spiegaci cos’è la Leopolda. Tra gli interventi della minoranza, si segnala quello di Gianni Cuperlo che ha invitato il segretario a chiarire che modello di Pd ha in mente e spiegare come la sua iniziativa della Leopolda si combina con il partito. Cuperlo ha spiegato che il Pd in troppi casi è "solo una macchina elettorale, in troppi circoli si discute solo della prossima scadenza elettorale e dei gazebo". Quindi ha aggiunto: "Matteo tu sei il segretario del nostro partito, te lo chiedo qui: cosa è la Leopolda? Io so che le correnti in questo partito dominano la sua vita interna e non mi permetterei mai di rivolgere a te né a nessun altro l’appello a non organizzare una parte. Ma dobbiamo essere chiari tra di noi: se tu, che oggi sei il segretario, costruisci e rafforzi un partito parallelo andremo verso ciò che oggi forse già siamo, una confederazione di componenti dotate di autonomie. E’ quello che vuoi? Non mi pare un disegno né ambizioso né coraggioso, se lo si scegliesse lo rispetterei. Ma non mi parrebbe giusto se dopo lo streaming ognuno tornasse alla gestione di una quota di partito alla quale si ritiene di avere diritto". Quanto all’ipotesi di "un modello-federazione" di correnti, adombrata da Cuperlo nel suo intervento, l’altro esponente della minoranza Alfredo D’attorre è tranchant: "Per evidentissime ragioni non reggerebbe neppure una settimana".
Fassina critica la Leopolda. Critico nei confronti della Leopolda anche Stefano Fassina che, prima dell’inizio della riunione di partito aveva dichiarato: "Si privilegia un appuntamento che non è di partito, i finanziamenti per la Leopolda dovrebbero andare al Pd. Dal segretario nazionale mi sarei aspettato che organizzasse un incontro con i responsabili di circolo piuttosto che la Leopolda". Più tardi in direzione ha aggiunto: "Un partito ha una cultura politica che deve essere condivisa e questo non va sottovalutato. Regole e disciplina vengono dopo". E lo strumento per ritrovare tale comunanza culturale è il quotidiano l’Unità, che "va riportato al più presto in edicola".

CGIL
ROMA - La Cgil si prepara alla grande manifestazione del 25 ottobre contro le politiche del governo ( e in particolare contro la riforma del lavoro). Una manifestazione che potrebbe avere numeri importanti: secondo un sondaggio realizzato da Tecnè per il sindacato guidato da Susanna Camusso potrebbero arrivare a Piazza San Giovanni a Roma un milione di persone. Resta sullo sfondo l’ipotesi dello sciopero generale, che nei giorni scorsi la Camusso non ha escluso, nella speranza che anche Cisl e Uil si uniscano alla protesta contro il governo. Alla giornata di lotta ha aderito anche l’Arci.
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Secondo il sondaggio il 70% della popolazione italiana giudica positivo lo slogan scelto dalla manifestazione indetta dalla Cgil peri il 25 ottobre: "Lavoro, dignità, uguaglianza, per cambiare l’Italia". Una percentuale che sale al 79% tra gli iscritti al sindacato.

"Mi aspetto tante persone in piazza - ha detto la leader Cgil Susanna Camusso - ma non siamo appassionati ai numeri e continueremo a non dare numeri. Mi aspetto una bella, grande, colorata manifestazione, con tante donne, tanti uomini e soprattutto con tanti giovani", ha aggiunto. E oggi alla direzione del Pd sono arrivate parole distensive dal premier Renzi verso la Cgil: "Abbiamo un profondo rispetto di quella piazza, a prescindere dal dibattito che c’è tra di noi".

Al momento però i numeri sono diversi: le prenotazioni reali sono per ora 120mila escluso il Lazio, ma la Cgil sottolinea che si stanno chiedendo pullman anche in altre nazioni. Sono stati organizzati 2.300 pullman, sette treni straordinari e una nave che partirà dalla Sardegna. Sono previsti due cortei, da Piazza della Repubblica e da Stazione Ostiense, che confluiranno in Piazza S.Giovanni, dove è previsto il comizio che si concluderà con l’intervento del segretario generale della Cgil. Prevista anche la presenza sul palco dei Modena City Ramblers per un accompagnamento musicale.

"Sarà una grande manifestazione - ha aggiunto Camusso - aperta a tutti coloro che condividono la nostra piattaforma", lasciando così la porta aperta ai dissidenti dem, come Stefano Fassina, che hanno annunciato la loro presenza in piazza. Camusso però ha messo le mani avanti e ha invitato a non fare paragoni con il marzo 2002 quando il sindacato portò al Circo Massimo 3 milioni di persone: "Sono passati sette anni di crisi e ci sono tre milioni di disoccupati", ha sottolineato la leader Cgil, che non ha rinunciato ad una nuova stoccata all’Esecutivo: "800mila posti di lavoro creati dalla legge di stabilità? L’aveva gia detto Berlusconi: 1 milione di posti di lavoro" è stato il commento di Camusso all’annuncio fatto ieri dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan.

"La legge di stabilità - secondo Camusso - non cambia il quadro rispetto alla disoccupazione e non è una nostra malignità perchè se guardiamo la nota di aggiornamento prevede il tasso di disoccupazione ancora all’11,2% nel 2018". Il governo, per la leader Cgil, deve spiegare da dove arriveranno gli 800mila posti di lavoro. "Senza investimenti, pubblici e privati, vedo difficile ridurre di un terzo la disoccupazione" ha spiegato. Bocciato anche il bonus bebè promesso ieri dal premier in tv: "Non so se l’intervento potrà essere coperto dal fondo previsto nella legge di stabilità e mi colpisce che non si decida mai una politica organica sulla povertà".

BONUS BEBE
ROMA- Nel salotto tv di Barbara D’Urso, Matteo Renzi risveglia l’attenzione del pubblico con un nuovo annuncio: "Dal 1° gennaio del 2015 daremo gli 80 euro non solo a chi prende meno di 1500 euro al mese, ma anche a tutte le mamme che fanno un figlio, per i primi tre anni. Si tratta di mezzo miliardo destinato alle famiglie". Una sorta di rivisitazione del bonus bebè di berlusconiana memoria che, hanno chiarito più tardi fonti di Palazzo Chigi, sarà garantito per i redditi sotto i 90mila euro. Non è stato precisato se si parli di reddito personale o del nucleo familiare. Il costo della misura varrà circa 500 milioni. «So cosa vuol dire comprare pannolini, biberon e spendere per l’asilo. È una misura che non risolve un problema ma è un segnale» dice il premier.
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A proposito della legge di Stabilità, nel corso di Domenica Live su Canale 5, il premier ritorna sullo scontro con le Regioni per i tagli contenuti in finanziaria: "Sono arrabbiati un po’ tutti: Regioni, sindacati, magistrati... io non ho la verità in tasca. Noi siamo al governo da 8 mesi e o tutti facciamo uno sforzo insieme, restituendo i soldi ai cittadini o non c’è futuro. Le Regioni sono arrabbiate? Gli passerà". E ha continuato: "Siccome per vent’anni hanno sempre pagato le famiglie, ora se iniziamo a fare un po’ di tagli ai ministeri ed alle Regioni, non è che si possono lamentare".
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Sull’ipotesi di tagli alla Sanità paventata dagli enti locali, il presidente del Consiglio ha aggiunto: "E’ una vergogna solo a dirlo. Non tagliamo i servizi ai cittadini. Contemporaneamente però ci sono spese che tranquillamente si possono tagliare. Non è strano che una siringa in una parte d’Italia costi il doppio rispetto a un’altra? E non ci saranno troppi supermanager?".

Quanto al Tfr in busta paga, il premier ha garantito che verrà lasciata "al cittadino la libertà di fare come gli pare". Mentre sul taglio dell’Irap ha precisato: "C’è da ridurre la tassa sul lavoro. Oggi un imprenditore paga un sacco di soldi, ma molti non arrivano al lavoratore. La spesa dell’imprenditore se la mangia lo Stato. Mettiamolo a dieta. Sono i 6 miliardi per l’Irap".

Il precedente bonus bebè e la beffa - Nel 2005 fu il governo Berlusconi ad assegnare un bonus di mille euro a tutti i nati dell’anno. Il contributo fu annunciato con una lettera di Silvio Berlusconi recapitata direttamente a casa di 600 mila famiglie. La mancanza di chiarezza sui requisiti provocò però un gran caos che danneggiò migliaia di famiglie. Molte delle mamme che ricevettero la lettera, ad esempio, pur essendo residenti in Italia, erano di nazionalità extracomunitaria. Tutte furono in seguito indagate penalmente per aver attestato falsamente di aver diritto all’assegno (del quale fu chiesta la restituzione) nel momento in cui lo incassarono. Non bastò la giustificazione che era stato il premier a comunicare loro l’assegnazione del bonus e che la lettera non indicava il requisito della cittadinanza Ue. Non solo, circa 80 mila famiglie italiane che avevano incassato l’assegno, pochi mesi dopo ricevettero dal ministero delle Finanze, un’altra lettera che imponeva loro la restituzione del contributo, pagando in aggiunta una sanzione di 3 mila euro (sempre per falsa dichiarazione) perché il tetto di reddito da considerare era di 50 mila euro lordi e non netti; altro requisito del tutto oscuro al momento dell’assegnazione del bonus.

Padoan spiega la manovra. La Legge di stabilità è pronta, domattina sarà al Quirinale e potrà produrre "800mila nuovi posti di lavoro". Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, usa toni rassicuranti e dice di non temere una bocciatura da parte dell’Ue perché "siamo in regola". Padoan ha parlato al programma In mezz’ora su Raitre: "Siamo in contatto con la Commissione. Il 29 ottobre ci sarà il loro giudizio, ma i colleghi europei mi hanno detto che andiamo nella direzione giusta", ha affermato il ministro. Ed ha aggiunto: "Il rapporto deficit-Pil continua a scendere e stiamo all’interno regole e del Patto di stabilità. L’obiettivo strutturale continua a migliorare. Il programma delle riforme è importante". Quindi, in sostanza, secondo il ministro non c’è da preoccuparsi. Quanto al provvedimento che riguarda gli sgravi fiscali per i neoassunti, Padoan ha aggiunto che "nessuno ha la misura di quanti possono essere i contratti a tempo indeterminato. Immaginiamo 800 mila posti di lavoro in tre anni, ma potremmo anche sbagliarci per difetto". La Legge di stabilità, ha detto Padoan, "è fortemente orientata alla crescita e si collega alle riforme strutturali, come il Jobs act, giustizia civile e la riforma fiscale". Poi ha ripetuto l’appello agli imprenditori: "Ci sono sgravi molto significativi, lo ha detto anche Squinzi. Adesso investite e create occupazione’’.

In merito alle polemiche sulla tassazione dei fondi pensione contenuta nella Manovra, Padoan ha precisato: "L’adeguamento (della tassazione) sui fondi pensione è inferiore ad altre categorie. Si collega a una filosofia di adeguare il trattamento ai valori medi europei. Non stiamo svantaggiando i fondi pensione". E ha confermato che per le imprese la soglia massima degli sgravi contributivi triennali per i contratti a tempo determinato (per i neoassunti) è pari a 6.200 euro l’anno, che corrisponde a una retribuzione lorda annua di circa 19 mila euro, 1.200 euro netti al mese.

Il ministro, inoltre, ha escluso una manovra correttiva anche se l’economia dovesse peggiorare: "Questa domanda me la facevano a maggio ed aprile e io dicevo no. Se me lo chiede ora rispondo nello stesso modo", ha replicato a Lucia Annunziata. Infine, parlando delle richieste di modifica avanzate da più parti anche da aree del Pd, ha ribadito: "Il Parlamento vorrà dire la sua ed è sacrosanto. Ma la Finanziaria di quest’anno è molto compatta e così deve rimanere. Altrimenti l’efficacia complessiva viene meno. Sono almeno due decenni che il Paese è bloccato" e c’è "una responsabilità diffusa, forse anche dei sindacati", ha concluso il ministro. "Io sono a favore di qualunque dialogo con chiunque sia d’accordo con questa semplice regola: il Paese va sbloccato altrimenti rischiamo grosso".

Statali, sindacati minacciano scioperi a oltranza. E a proposito di sindacati, quelli che rappresentano gli statali sono sul piede di guerra. I soldi per sbloccare i contratti dei dipendenti pubblici, infatti, non ci sono, come ha avuto modo di chiarire di recente il ministro della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia. La Uil, pertanto, annuncia l’intenzione di non rispettare i limiti previsti dalla legge per gli scioperi.

"I contratti collettivi di lavoro del pubblico impiego sono fermi al 2010. Ebbene, se lo Stato non rispetta gli accordi, anche noi ci sentiamo sciolti dal rispetto di quegli stessi accordi e, dunque, non terremo più conto dei limiti previsti per gli scioperi nel settore". Così il segretario generale aggiunto Uil, Carmelo Barbagallo, ha annunciato la decisione di disdettare il Protocollo del 2001 in merito alle procedure di raffreddamento e conciliazione relative alle prestazioni indispensabili in caso di sciopero. La disdetta è stata comunicata formalmente con lettera inviata all’Aran, l’agenzia governativa per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni.

"Il blocco dei contratti - ha sottolineato Barbagallo - è una decisione arrogante che trasforma oltre tre milioni di cittadini in sudditi: è inaccettabile. Se il Governo, dunque, non modifica la Legge di stabilità, a partire dallo sblocco dei contratti nel pubblico impiego, se non mantiene le tutele per tutti i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato e non le allarga a chi non ne ha, se non dà un segno chiaro nella direzione degli investimenti e dello sviluppo per tutto il Paese, noi chiederemo a Cgil e Cisl di avviare una lunga stagione di lotte unitarie che proseguirà fino a quando il Governo non avrà cambiato verso".

La replica del Garante. Ma l’Autorità di Garanzia per gli scioperi è intervenuta per bacchettare la Uil. "Non rispettare l’accordo significa non rispettare gli utenti, danneggiandoli", ha replicato il presidente Roberto Alesse. La dichiarazione del sindacato sul protocollo d’intesa "non può essere produttiva di effetti, salvo cadere nell’illegittimità, che l’Autorità non esiterebbe a sanzionare". Inoltre, spiega Alesse, "gli accordi tra le parti non possono essere disdettati unilateralmente".