Antonio Polito, Corriere della Sera 20/10/2014, 20 ottobre 2014
LA LEGA DI MATTEO SALVINI PUÒ RIEMPIRE LO SPAZIO LASCIATO LIBERO A DESTRA DA BERLUSCONI. ANCHE PERCHÉ FORZA ITALIA HA RINUNCIATO A INCARNARE LA PROTESTA E IL M5S SEMBRA IN FASE CALANTE
Se fosse solo fascismo redivivo, razzismo consapevole, pregiudizio xenofobo, difficilmente il movimento di Matteo Salvini porterebbe in piazza a Milano decine di migliaia di persone, né sfiorerebbe il 10% nei sondaggi.
La nuova Lega è piuttosto la dimostrazione che in politica il vuoto si riempie, come in natura. E in Italia, dopo la dimissione berlusconiana, c’è un forte bisogno di destra.
Forse l’abbiamo dimenticato, tutti presi dal brillio dell’ascesa di Renzi, nella illusione che basti una sinistra moderna per svuotare il serbatoio di una destra moderna. Così ovviamente non è. C’è una rappresentanza di interessi e di opinioni che neanche al suo massimo punto di espansione la sinistra può interpretare. E, quel che più conta, la nuova destra di Salvini è davvero moderna.
La sua carica anti-immigrati, per esempio, ha più radici economiche e sociali che identitarie ed etniche. Salvini non porta maiali sui terreni dove devono sorgere le moschee, né indossa magliette inneggianti alla derisione di Allah. Dice di voler fermare i «clandestini», non la religione che professano.
Non c’è in lui integralismo alla rovescia. L’islamismo, come ha notato ieri su questo giornale Paolo Valentino, viene anzi contrastato più nel nome dei diritti liberali dell’Occidente, a partire dall’emancipazione femminile, che della tradizione cristiana. Un po’ come faceva in Olanda Pym Fortuyn, leader gay, laico e anti-immigrati, poi ucciso da un fanatico islamico.
L’avversione agli stranieri della nuova Lega viene motivata invece con la concorrenza che fanno agli indigeni per il lavoro e le prestazioni del welfare, e trae la sua forza dalla recessione e dal cambiamento tecnologico, che continuerà a spaventare gli italiani anche quando la recessione sarà finita. Angry young men, giovani arrabbiati e poco istruiti, destinati a soccombere nella competizione con mano d’opera a prezzi stracciati, e allo stesso tempo incapaci di inserirsi nella gara per lavori qualificati: può essere questo anche in Italia, come negli Stati UnIti, il cuore di una nuova e moderna destra.
La quale non perde neanche tanto tempo con le tradizionali battaglie culturali. A Salvini dei gay sembra importare molto meno che ad Alfano, ha capito che è un tema residuale. E neanche gliene importa delle bandiere, che sia quella separatista della Lega di prima, o che sia quella tricolore cui hanno dovuto rinunciare i neo-fascisti per essere accolti alle sue manifestazioni. Il secessionismo, lasciato a far bella mostra di sé nella soffitta del movimento, diventa piuttosto rivolta fiscale, e si incarna nella polemica di Maroni e di Zaia contro i tagli lineari alle Regioni, motivata col fatto — peraltro indiscutibile — che così si colpisce chi ha saputo spendere meno e meglio.
C’è ancora, soprattutto nel Nord del Paese, quel sentimento anti-fiscale, di sbrigativo individualismo anti-statuale, che Edmondo Berselli definiva «l’ideologia del forzaleghismo»; e, di fronte alla misteriosa rinuncia di Berlusconi a incarnarne la protesta, sta cercando una nuova rappresentanza. Una parte aveva creduto di trovarla nei Cinque Stelle, in particolare nel Nord Est.
Ma con lo svuotamento progressivo sia della destra moderata di Berlusconi sia della destra qualunquista di Grillo, è possibile che la Lega possa allargare la sua sfera di influenza e proporsi come nuovo interprete di quel mondo. Già oggi è il punto di riferimento di quanti in Parlamento, in Veneto o in Lombardia, si preparano a lasciare Forza Italia.
Se Bossi era una costola della sinistra, Salvini può diventare la spina dorsale di una destra che oggi ne è priva.
Antonio Polito, Corriere della Sera 20/10/2014