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 2014  ottobre 20 Lunedì calendario

AI PIRATI 72 MILIONI PER LIBERARE LE NAVI

Ai pirati il tesoro viene consegnato in contanti, o forse con un bonifico. In cima all’albero maestro della nave non sventola la bandiera nera raffigurante un teschio con le spade incrociate, a bordo non ci sono loschi figuri con la gamba di legno, la benda al volto e il pappagallo in spalla. I pirati del terzo millennio hanno solo una cosa in comune con i loro antenati che ispiravano testi e romanzi, come quello di Robert Louis Stevenson. Entrambi attaccano le navi alla ricerca di un tesoro. L’oggetto del desiderio dei pirati moderni sono i soldi, preferibilmente dollari Usa. Le inchieste della procura di Roma, i tre processi già terminati e quello che potrebbe iniziare, dimostrano che le persone in grado di assalire le navi riescono a ottenere un riscatto, un bottino che farebbe sfigurare quelle vecchie casse piene d’oro che ricordano tanto i film di Johnny Depp. «Commettendo il fatto con finalità di terrorismo - recita il capo d’imputazione relativo a Jamac Maxamed Abdi Siicid, l’uomo che partecipò al sequestro della motonave Enrico Ievoli - consistente nel richiedere e ottenere, attraverso l’opera d’intermediazione intrapresa dall’indagato con i destinatari della richiesta, un riscatto di circa 10 milioni di dollari Usa quale prezzo del rilascio del natante e degli ostaggi». Altri 11 milioni di dollari sarebbero stati pagati ad altri pirati per riavere la petroliera Savina Cayly, sequestrata nel febbraio 2011 e rilasciata dopo dieci mesi. Altri sei milioni, sempre di dollari, sarebbero arrivati nel forziere dei bucanieri in occasione del sequestro della motonave Rosalia D’Amato, assalita nell’aprile 2011 nel mare Arabico e portata in direzione della Somalia, dove fu rilasciata il 25 novembre successivo. In totale sono 27 milioni i dollari pagati per tre navi, una media di 9 milioni ad imbarcazione. Moltiplicando questa cifra per i 21 natanti italiani attaccati dai predoni si arriverebbe ad una somma da capogiro. Fortunatamente non sempre gli assalti vanno a buon fine. Ad ogni modo, 8 imbarcazioni sono state conquistate e successivamente rilasciate, alcune dopo pochi giorni, altre dopo mesi, sempre senza un intervento militare, presumibilmente dietro pagamento di un riscatto. Otto navi e una media di 9 milioni di dollari a natante: 72 milioni di euro in totale. Ecco il tesoro dei pirati. Da dove provengano questi soldi non è facile capirlo. Forse è lo Stato, che paga come ha gia pagato per liberare i nostri connazionali sequestrati nelle zone di guerra. Forse sono armatori che cercano di impedire la morte o la prigionia dell’equipaggio. Non è possibile escludere che le assicurazioni, attraverso un calcolo costi-benefici, scelgano di versare il denaro richiesto dai sequestratori, soluzione magari più conveniente rispetto al risarcimento dell’intera perdita. I dollari comunque finiscono sempre nelle tasche delle organizzazioni terroristiche. Ma in queste trattative economiche il governo come si comporta? Una domanda alla quale è doveroso dare una risposta.

«Riscatto in tutto o in parte destinato - continua il capo d’imputazione - destinato ad alimentare, sorreggere, potenziare, rafforzare o comunque agevolare gli scopi - ad esempio - dell’organizzazione terroristica somala Al-Sabaab». Ash-Shabaab, Hizbul Shabaab, Movimento di Resistenza Popolare nella Terra delle Due Migrazioni (MRP), Gruppo Insurrezionale Islamista. Il gruppo terrorista è conosciuto con diversi nomi ma la sostanza non cambia, alla fine della giostra i soldi servono a finanziare una sottomarca di Al Qaeda.