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 2014  ottobre 19 Domenica calendario

«L a famosa Casati… Era la prima moglie di mio suocero», sorrideva levando il mento Anna Casati, moglie di Camillo, anzi Camillino

«L a famosa Casati… Era la prima moglie di mio suocero», sorrideva levando il mento Anna Casati, moglie di Camillo, anzi Camillino. Offrivano vasti ricevimenti in via Puccini, in un grande salone pieno di tavolini abbigliati, con una quantità di scatoline e tabacchiere. Nelle sale attigue, come in un gabinetto di storia naturale, uccelli rarissimi o comunissimi perfettamente impagliati, con un minuzioso cartellino che precisava il luogo e la data dell’uccisione. Poi avvenne la tragedia. Triplice. « Faitez-moi une petite folie », pare che dicesse Lilli Volpi a Tomaso Buzzi, partendo per un soggiorno americano. E al ritorno, sulla spiaggia di Sabaudia, trovò un immenso tempio greco, il celebre Volpaeum , da arredare coi mobili «anni Trenta» in ferro battuto come nella Machine infernale di Cocteau. Con un podietto per annunciare la colazione, mediante una tuba, da parte del maggiordomo in frac. E lì posso ricordare certe sue nenie meridiane e orientali, con Philippine de Rothschild. Cosa avrà detto Mimi Pecci allo stesso Tomaso Buzzi? Un teatrino regale come a Versailles? Effettivamente, alla Cometa, i distinti ospiti in platea si lamentarono molto per la mancanza di schienali sulle panche imbottite (come a Versailles). Ma Buzzi rimediò subito. La sera dopo, gli schienali c’erano. Quando poi Buzzi arredò un mezzanino per un suo favorito, installò i letti a castello. Fu subito detta: la capanna dei sette nani. Al palazzo Fortuny, veneziano, in campo San Beneto, mentre una anziana vedova Fortuny agonizzava lungamente a un piano superiore, si andava da una governante che vendeva i fondi innumerevoli di magazzino a pezzetti — residui di remotissimi tornei torinesi, da utilizzare sui divani, dunque — o anche a metraggio. Ne comprai vari tagli, da regalare alle amiche «conoscenti», anche per nozze. Così finirono benissimo, in vesti da ballo, o in cuscini. «Caro topo, vecchio topo, tu non sai cosa vien dopo»… «E se il tip-tap dei topi, “toppa” fra i proto-tipi?»... «Il Topo — per Toti — è un tipico topo — intrappolato — in un proto-tipo — forse appropriato. O anche troppo?»... «La Pala Costaguti — attribuita a Gabriella — con Toti ed altri aiuti»... Con Toti Scialoja, da Amato topino caro in poi, una quarantina d’anni fa, ci si scambiavano piacevolezze per fax. E ho ancora, benché impalliditi, i suoi coniglietti che uscivano danzanti sull’apparecchio. Però, anche fior di dipinti. Ecco qui una composizione geometrica, e una «caccola» di veri stronzi, allineati su una importante parete di contemporanei. Incontrando il nome di Manzù, poi, diventa indimenticabile il ricordo di Cesare Brandi. Quando, per un ritardo raccapricciante, gli fu solennemente conferita la cittadinanza onoraria di Siena, la sua città. Gli avevano già amputato una gamba, e arrivando a Vignano osservai che le aveva tutt’e due. Ma si trattava di un suo fratello, identico. E mi rammentai di Giovanni Urbani, col quale avevamo condiviso una quantità di cenette all’aperto, nei paraggi di Piazza Navona. Memorie di Cesare, pronto ad aprire o chiudere il portone quando il fratello, in via dei Banchi Vecchi o Nuovi, era perseguito dai teppisti di Campo de’ Fiori. Ora, Argan lesse una lezione o commemorazione perfetta. Manzù borbottò un alcunché. Che fare? Chiacchierai su Cesare Brandi a ruota libera. E mi fu immensamente grato per l’autentico affetto. Poi, sulla stessa macchina per Firenze, mi accorsi che aveva perso della pipì. Segantini, Giacometti… Mi sono sempre domandato: ma quando Rilke nel ’19 giunse nell’incantevole borgo di Soglio, ospite nel suo albergo di un Thurn und Taxis, con i due figli giovanotti Pierre e Balthus, visitavano oppure no la grande baita-atelier dei Giacometti, a Stampa, cioè a un passo? Lì vivevano il padre (Giovanni) dell’autore delle sculture esistenziali e filiformi. E a Coira v’è un museo dove sono esposti i lavori pittorici dei vari Giacometti. Ottiero… Sua moglie, Silvana Mauri, aveva una vera vocazione per le anime smarrite: a cominciare da Pasolini. E poi, Franca Valeri divenuta siffatta a causa della predilezione per Paul Valéry. Per tanti anni, abbiamo abitato allo stesso N. 6 di via San Primo, giacché suo fratello Fabio aveva la delicatezza di affittare «il pianterreno della nonna», ancora col materassaio in cortile, come «seconda casa» a chi ne avesse un’altra. Arrivando in macchina lì sotto, ecco Valentino Bompiani con la moglie Bregoli. Gli si diede il catalogo di Arnold Böcklin già lì pronto (Basilea 1977). E lui, appassionatamente, mandando su la consorte, ne rifece l’impaginazione. Una delle ultime volte. Ottiero e Silvana abitavano più sopra. Li andavo a trovare, ogni tanto. Lui, spesso iroso. Lei, pacifica .