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 2014  ottobre 18 Sabato calendario

A QUALI MEZZI RICORRERE PER SCONFIGGERE L’ISIS

Quali azioni l’Occidente dovrebbe adottare contro l’Isis, per affrontare quanto sta accadendo?
Cesare Reale
c.reale@fastwebnet.it

Caro Reale,
A dispetto del suo nome, l’Isis non è uno Stato. Non ha un territorio stabilmente soggetto al suo controllo. Non ha ministeri, caserme, sistemi di comunicazione, aziende, reti ferroviarie aeroporti: obiettivi che il nemico può distruggere. Le sue milizie si sono installate da qualche mese in una città siriana (Raqqa), ma lo Stato islamico della Siria e dell’Iraq continuerebbe a esistere e a combattere anche se le truppe siriane di Bashar Al Assad riuscissero a riconquistarla. L’efficacia dei bombardamenti dall’aria è modesta perché il drago ha molte teste e non muore se i droni americani riescono a colpire duramente una delle sue formazioni. Sarà meglio quindi che l’opinione pubblica non si aspetti impazientemente risultati immediati. Questa guerra di tipo nuovo non sarà breve e le armi non sono il solo mezzo a cui sia necessario ricorrere. Occorre intercettare i volontari che cercano di raggiungere le formazioni dell’Isis in Siria e in Iraq. Occorre impedire il mercato nero del petrolio con cui Isis ha finanziato le sue operazioni. Occorre bloccare la fornitura di armi che arrivano dalle più diverse provenienze. Occorre aiutare le popolazioni locali a organizzarsi per meglio resistere.
Queste strategie sono tanto più efficaci quanto maggiore è il numero dei Paesi che hanno interesse a lavorare insieme per sradicare Isis dalle regioni in cui si è installato. Ma è questo, sfortunatamente, il punto dolente dell’intera vicenda. In teoria il numero dei Paesi su cui contare è alto, ma non tutti, in realtà, hanno gli stessi obiettivi. Come abbiamo visto negli scorsi giorni, la Turchia odia il presidente siriano Bashar Al Assad ed è preoccupata dai curdi siriani del Pkk più di quanto tema le milizie del Califfato islamico. L’Arabia Saudita disapprova i metodi dell’Isis, ma chiude un occhio quando combattono contro gli odiati sciiti. Gli Stati Uniti sono impegnati militarmente con i loro aerei e i loro droni, ma non vogliono collaborare, almeno palesemente, con la Siria, vale a dire con lo Stato che può dare all’Isis i colpi più duri.
Molti si chiederanno, a questo punto, se non occorra intervenire sul terreno con un corpo combattente. Forse, ma non vedo un Paese occidentale, almeno per il momento, che voglia mandare i propri uomini a battersi in un ginepraio dove non esiste una linea del fronte e nessuno riesce a distinguere i buoni dai cattivi. Come molte altre guerre anche questa è una guerra di nervi e di logoramento. Vinceremo quando gli jihadisti saranno stanchi di morire per un obiettivo irraggiungibile.