Kengo Kuma, Corriere della Sera 18/10/2014, 18 ottobre 2014
HO RICREATO PER LUI IL MONDO FLUTTUANTE
Conosco la vita e le opere di Van Gogh perché in Giappone è uno degli artisti più popolari e celebrati (le sue lettere sono state tradotte più volte e sono molto conosciute). Ma curare l’allestimento di questa mostra milanese così importante, mi ha fatto entrare a contatto in modo più profondo con il pittore. Come molti sanno, la cultura giapponese è stata importante per la sua arte: Van Gogh ha visto le stampe delle opere di artisti come Hiroshige e ha riflettuto a lungo sulla loro capacità di restituire un senso dinamico fluttuante, direi ondulato. E tutto l’allestimento si gioca su questo aspetto: si entra e ci si ritrova a passare sotto un morbido panneggio, evocazione della campagna che lui amava tanto. Stoffe dal colore leggero, perfettamente naturale, simile alla terra. Se si appoggia la guancia al tessuto, pare quasi di sentirne il profumo. Poi i dipinti, che sembrano sospesi, grazie a un particolare sistema di luci e ombre. La luce, qui, non è quella del Rinascimento, che partiva dall’alto. Parte dal basso e segue una linea orizzontale. Vicina alla terra. Dietro il quadro, un gioco di ombre fluttuanti: torna questo termine perché è un preciso riferimento all’ukiyo-e, che vuol dire appunto mondo fluttuante, caratteristico di alcune stampe giapponesi del 1600. Lo stesso che aveva sedotto l’artista. Una dinamicità leggera, che segue il profilo di certi campi del centro Europa. Ma che si richiama anche al mondo orientale (testo raccolto da Roberta Scorranese) .