Gianfrancesco Turano, L’Espresso 17/10/2014, 17 ottobre 2014
PAISÀ FOOTBALL CLUB
I paisà si prendono il calcio. Milioni a parte, l’emigrazione di ritorno funziona come quella di andata. Il primo che arriva si sistema. Poi chiama gli altri. Ha cominciato Tom Di Benedetto da Boston con la Roma. Di Benedetto si è portato dietro Jim Pallotta, che ha finito per prendere la guida del club giallorosso. Adesso è il turno di Joey Saputo da Montreal, Canada, nuovo padrone del Bologna. Ma il primo a tornare nel paese dove il gol risuona è l’avvocato Joe Tacopina, 48 anni e cinque figli, nato a Sheepshead Bay, Brooklyn. Lui c’era ai tempi della trattativa per la Roma fra la famiglia Sensi e George Soros. Quando Soros ha mollato, Joe ha fatto un primo tentativo di prendersi il Bologna.
Fallito anche questo, Joe ha elaborato la delusione sportiva nei tribunali degli Stati Uniti con uno dei suoi processi penali che vanno in streaming su tutto il territorio nazionale. Al momento buono è tornato all’attacco costruendo la cordata vincente dei bostoniani.
Nella Roma italo-americana Tacopina è stato vicepresidente e consigliere, a prezzo di un chip di ingresso nell’azionariato da un milione di euro che è finito rapidamente in polvere sotto gli urti delle ricapitalizzazioni necessarie a vivere il sogno del soccer europeo. A Trigoria sono stati tre anni di alti e bassi per il figlio di Cosmo Tacopina, arrivato a New York dal quartiere di Monte Mario a Roma e tifoso giallorosso. Dopo la breve presidenza Di Benedetto, l’arrivo di Pallotta ha segnato l’inizio dell’emarginazione per Tacopina che sognava parate di gladiatori allo stadio e centurioni con le aquile imperiali. Troppo trash, troppo “uòzzamerican” anche per i gusti del finanziere Pallotta e di sicuro troppo laziale per i gusti romanisti. Troppo vistoso lo stesso Tacopina, con gli orologioni da un chilo e i completi di sartoria troppo attillati per la sua corporatura massiccia da ex giocatore di hockey su ghiaccio.
Così l’avvocato di Brooklyn si è messo in cerca della sua second life calcistica. L’ha trovata in Québec con Joey Saputo, 50 anni e quattro figli, figlio di Emanuele “Lino” Saputo, partito dalle campagne siciliane di Montelepre a metà degli anni Cinquanta con il padre Giuseppe per produrre mozzarelle a Montreal e oggi alla guida di un impero alimentare con 13 mila dipendenti, nove miliardi di dollari di ricavi e 300 milioni di utile netto all’anno per una fortuna personale stimata in cinque miliardi.
Sul piano caratteriale la coppia Joe&Joey è di non semplice assortimento. Saputo è nato ricco. Passa il suo tempo nelle soirée eleganti e un po’ vecchio stile della buona società di Montreal. Contribuisce ad attività benefiche ed è uno dei “governors” della Fondazione della comunità italo-canadese. In Italia, durante le trattative, lo hanno visto girare in abiti casual e zainetto.
Tacopina è un’altra storia. Il padre gestiva un “deli”, un negozio di cibi cotti a Brooklyn, e la madre lavorava da contabile nel corpo dei vigili del fuoco di New York. Dopo la laurea alla Bridgeport school of law ottenuta grazie a una borsa di studio come hockeysta, Tacopina ha fatto per un breve periodo il portaborse di Bruce Cutler, difensore del boss John Gotti e alquanto chiacchierato per i suoi legami troppo stretti con la famiglia Gambino. Da lì il venticinquenne Joe è passato all’ufficio del procuratore distrettuale e si è occupato di una delle zone peggiori della Brooklyn del tempo, l’area fra Brownsville e Crown Heights. Come pubblico accusatore, Tacopina si vanta di avere riportato 37 condanne su 38 processi per omicidio. Ma la paga federale (30 mila dollari all’anno) non consentiva lussi. Così Tacopina è passato una volta per tutte alla professione aprendo uno studio legale virtuale in Park Avenue a Manhattan: i clienti telefonavano a una segreteria e lui li riceveva nei bar della zona. Poi è arrivato il successo, le frequenti apparizioni in tv come esperto e alcuni processi che hanno calamitato l’attenzione dell’America: quello della rapper Foxy Brown, quello dell’ex capo della polizia di New York Bernie Kerik, uno degli uomini chiave di George W. Bush in Iraq, e soprattutto la difesa dell’infermiera Melanie McGuire, condannata all’ergastolo per avere drogato, ucciso e tagliato a pezzi il marito. Da qualche mese Tacopina sta tentando di ottenere la revisione del processo all’imprenditore italiano Chico Forti, condannato per omicidio e rinchiuso in un carcere di Miami dalla fine degli anni Novanta. Casi difficili e di grande richiamo, ma niente più mafiosi. Joe Tacopina ricorda ancora i problemi che aveva suo padre con il pizzo a Brooklyn. Niente mafia neanche per i Saputo, usciti senza danni da un’inchiesta della Dia italiana che ipotizzava rapporti fra Lino senior e gli uomini del boss Joe “Bananas” Bonanno.
A differenza di Pallotta e Di Benedetto, che avevano esperienze di business sportivo nel basket Nba e nel baseball della Major league, i Saputo hanno investito nel calcio anche prima di tentare l’avventura italiana. Il patriarca Lino ha speso 17 milioni di dollari canadesi per costruire il Saputo stadium, l’impianto da 20 mila posti dei Montreal Impact. Era il 2006. L’anno dopo Joey ha lasciato il management dell’impresa al fratello maggiore, Lino Saputo junior. Pur restando uno degli azionisti della holding di famiglia, si è messo in proprio con la sua holding (Jolina capital) assumendo fra l’altro la gestione degli Impact. Nel 2012 il club canadese è stato accettato nella Mls, la lega del soccer statunitense, ed è diventato il buen retiro di campioni come i romani Alessandro Nesta e Marco Di Vaio. Proprio l’attaccante ex Bologna, fraterno amico di Francesco Totti, ha avuto un ruolo di persuasione importante nell’acquisto del club emiliano. La trattativa, per gli standard italiani, è stata rapida. Il Bologna retrocesso in B era in mano ad Albano Guaraldi, reduce di una cordata organizzata da Giovanni Consorte, manager storico dell’Unipol travolto dalle inchieste giudiziarie. I rossoblù hanno un carico di debiti da 30 milioni più i costi di calciomercato per tornare in A e la ristrutturazione dello stadio comunale Dallara. Con il fallimento incombente il vicepresidente Gianni Morandi ha tentato di coinvolgere Massimo Zanetti, mister Segafredo. Ma alla fine Guaraldi ha preferito gli americani. Con loro i vecchi soci incassano circa sei milioni di euro. L’alternativa era una società con Zanetti dove gli aumenti di capitale del nuovo socio avrebbero finito per azzerare il valore residuo delle quote.
Nel frattempo, la strana coppia Tacopina-Saputo si è incontrata con il sindaco Virginio Merola, che ha dato il via libera al rinnovamento dello stadio, e con l’altra coppia formata da Diego Della Valle, patron della Fiorentina, e dal suo amico Luca di Montezemolo, tifoso rossoblù. C’è stato anche un faccia a faccia londinese fra Saputo e il presidente juventino Andrea Agnelli che sta valutando se rilevare una quota dei Montreal Impact per entrare sul mercato americano, sempre più centrale nelle strategie di calcio-business, come dimostra la creazione di una franchigia di soccer a New York da parte del Manchester City.
Tacopina è un tassello nel mosaico della nuova proprietà. Saputo non avrebbe mai comprato da solo e si è parlato di un investimento nel club di Kobe Bryant, stella del basket mondiale con un’infanzia fra Emilia e Calabria. In squadra ci saranno anche Piergiorgio Bottai, amministratore delegato della Virtus pallacanestro Bologna, e l’avvocato romano Luca Bergamini, amico di Giovanni Malagò. È molto probabile che il management venga completato con Claudio Fenucci, ad della Roma in uscita a fine ottobre. Ma alla fine fra Joey da Montreal e Joe da Brooklyn il grosso dei soldi ce lo metterà il canadese.