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 2014  ottobre 17 Venerdì calendario

AVEVAMO RAGIONE NOI

Il 18 luglio, quando la II Corte d’appello di Milano assolse B. nel processo Ruby perché la concussione “non sussiste” e la prostituzione minorile “non costituisce reato”, la disinformatija all’italiana diede il meglio di sé raccontando che dunque la Procura s’era inventata decine di prostitute, minorenni e non, nelle varie dimore del premier; e s’era sognata le sue telefonate notturne dal vertice internazionale di Parigi per buttare giù dal letto il capo di gabinetto della Questura, Pietro Ostuni, e far rilasciare la minorenne fermata per furto Karima El Mahroug (spacciata per nipote di Mubarak) nelle mani di Nicole Minetti e della collega Michelle Conceiçao contro il parere del pm minorile Annamaria Fiorillo. Nessuno, a parte il Fatto e l’avvocato Coppi, osò ricordare che il 6 novembre 2012 Pd e Pdl avevano approvato la legge Severino, detta comicamente “anticorruzione”, che spacchettava la vecchia concussione (per costrizione o per induzione, non faceva differenza) in due diversi reati: concussione (nel solo caso della costrizione) e l’induzione indebita a dare o promettere utilità (nei casi più lievi), proprio mentre ne erano imputati B. e Penati. Il Fatto spiegò, prim’ancora che uscisse la sentenza, in un pezzo di Marco Lillo, che fino al 2012 bastava che un pubblico ufficiale ottenesse soldi o favori da qualcuno, costringendolo con violenze o minacce o inducendolo con lusinghe o timori riverenziali, profittando della sua posizione, per far scattare il reato di concussione. Dal 2012 non più: nel caso di induzione, come stabilito dalle sezioni unite della Cassazione, bisogna anche dimostrare che l’indotto (non più vittima, ma complice dell’inducente) ha ricavato un “indebito vantaggio” dal suo cedimento. Cioè, nel caso Ruby, perché B. rispondesse di induzione, va provato che Ostuni abbia ceduto alle sue richieste in cambio di vantaggi indebiti. E, siccome Ostuni non ne ha avuti, la nuova legge salva B. Il Tribunale aveva tagliato la testa al toro, condannandolo a 6 anni (più uno per la prostituzione minorile) per concussione per costrizione. Mossa azzardata, visto che le telefonate di B. da Parigi non contengono violenze o minacce: è il tipico caso dell’induzione, come ha ritenuto la Corte d’appello, che però non ha potuto condannarlo per il nuovo reato per mancanza di vantaggi ingiusti per Ostuni. Il 18 luglio, in un dibattito su La7, tentai di spiegarlo a Giuliano Ferrara, che gabellava l’assoluzione per un colpo di spugna su tutti i fatti dimostrati dal processo (e, già che c’era, anche da tutti i processi degli ultimi 22 anni, da Tangentopoli in poi). Lui, per tutta risposta, si mise a sbraitare, si alzò e se ne andò. L’indomani i giornali fecero a gara nel distrarre l’attenzione dal vero nodo della sentenza: che era strettamente giuridico per la nuova legge, e non inficiava minimamente i fatti ampiamente assodati. Libero titolava: “La puttanata è il processo. Chi paga ora per le intercettazioni, i costi, le ragazze alla sbarra, la caduta del governo?”. E tal Borgonovo ridacchiava dei “manettari” e “rosiconi”, “da Lerner a Travaglio”, che hanno “già emesso la sentenza per ideologia e invocano la gogna per Silvio”. Il Giornale dell’imputato chiedeva che qualcuno “pagasse” per il presunto errore giudiziario e addirittura “chiedesse scusa” al padrone puttaniere. Sallusti ringraziava l’amico Renzi per “aver tenuto aperta la porta al condannato” e scatenò i suoi segugi a caccia dei “mandanti ed esecutori” del “colpo di Stato”. Zurlo sfotteva Merkel e Sarkozy che “ridevano sulle nostre disgrazie”: come se ridessero per il bungabunga. La Stampa dava un annuncio trionfale: “È finita la guerra dei vent’anni”. Persino Repubblica titolava sulla “rivincita di Berlusconi”, relegando in poche righe la chiave del verdetto: la modifica del reato, frutto dell’oscena legge Severino. Sul Corriere il solito giurista per caso Pigi Battista attaccava chi “ha mischiato vicende giudiziarie e vicende politiche” e “fatto il tifo per una sentenza che liquidasse l’avversario”, ignaro del fatto che la Severino l’aveva votata il Pd assieme a B.
Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano 17/10/2014