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 2014  ottobre 17 Venerdì calendario

EBOLA, ANCHE UN PO’ DI SAPONE PUÒ SALVARE UNA VITA. «NON È UNA BACCHETTA MAGICA MA È UNA BUONA DIFESA. E COSTA POCO»

Ha il muso di un bidone blu e il becco a rubinetto, il nemico naturale più semplice e agguerrito del virus Ebola. Arriva prima di qualsiasi vaccino, costa pochissimo e a quanto pare è decisamente efficace, eppure il mondo deve ancora imparare a usarlo: sono i boccioni di acqua clorata con cui lavarsi le mani, un gesto tanto banale quanto efficace per contrastare l’avanzata del virus più letale del pianeta. «Non è una bacchetta magica, ma è una buona difesa, economica e facilmente reperibile », dice Sanjay Wijesekera, responsabile del programma Unicef “Acqua e igiene”. E a dire il vero, non servono nemmeno i boccioni, distribuiti a migliaia in Africa Occidentale: «Va benissimo anche il sapone», spiega Saverio Bellizzi, epidemiologo di Medici senza frontiere appena rientrato (e «pronto a ripartire, tra dieci giorni») da Monrovia, in Liberia. «Lavarsi le mani con il sapone è uno dei vaccini più economici ed efficaci», dice Wijesekera: funziona «contro le malattie virali, dall’influenza stagionale al raffreddore, e i nostri team in Sierra Leone, Liberia e Guinea ne sottolineano l’importanza per fermare la diffusione di Ebola».Due giorni fa — il 15 ottobre, come ogni anno — è scivolata via senza rumore la settima “Giornata mondiale per la pulizia delle mani”, il Global Handwashing day 2-015 che mai come quest’anno avrebbe meritato i riflettori. Perché i numeri sono impressionanti, un vero atto d’accusa se non impariamo la lezione: lavarsi le mani «salva la vita». Secondo Unicef e Oms, nel 2013 «più di 340mila bambini sotto i cinque anni, quasi mille al giorno, sono morti per malattie diarroiche a causa della mancanza di acqua potabile e servizi igienici». Insieme a camici, guanti e candeggina, Unicef ha distribuito «oltre 1,5 milioni di saponette solo in Sierra Leone, e altri milioni in Liberia e Guinea». «Naturalmente non è una bacchetta magica — dice Wijesekera — è chiaro che ci vuole un enorme sforzo internazionale per arginare la malattia, ma è fondamentale ribadire le misure da adottare nelle zone più colpite: la pulizia delle mani è una di queste». Naturalmente non esistono numeri sulla riduzione della mortalità da Ebola ottenibile con questo semplice accorgimento, ma probabilmente possono essere accostati a quelli rilevati nella lotta contro altre epidemie drammatiche: secondo la Croce Rossa, lavarsi correttamente le mani «può ridurre del 40% la mortalità per diarrea e del 23% l’incidenza della polmonite, le due principali cause di mortalità infantile». «In pochi mesi, la situazione sociale in Africa occidentale è cambiata radicalmente», racconta l’epidemiologo Bellizzi: «Il contatto umano è molto presente nel con- testo africano, ma ora vedi dappertutto i grandi serbatoi di acqua clorata, e tutti la stanno usando. In città, lavarsi le mani è diventato un gesto rituale e le persone hanno imparato a salutarsi senza stringersi le mani».La situazione, tuttavia, resta drammatica e il sapone da solo non può certo arrestare il contagio: «Ci sono focolai dappertutto, al momento è impossibile controllare il virus. Per combatterlo — dice Bellizzi — bisogna conoscerlo: è molto cattivo all’interno del corpo, ma molto debole all’esterno. Da Ebola al raffreddore, dal colera alle malattie gastroenteriche, le mani diventano il nostro principale nemico nelle epidemie. Bisogna lavarle». Le vendite di sapone, in Africa occidentale, sono in forte aumento. «A Monrovia, tre settimane fa abbiamo iniziato la distribuzione di un kit di igiene per le case in cui è entrata Ebola: non possiamo accogliere tutti i malati, tentiamo di rallentare l’epidemia aiutando chi vive con un malato in casa. Abbiamo consegnato 50mila kit con guanti, mascherina e cloro, e facciamo formazione sulle concentrazioni di cloro nell’acqua per disinfettarsi, lavarsi e lavare il corpo del defunto. A Monrovia la situazione è disastrosa, ha un milione di abitanti e casi ovunque. Molti muoiono in casa, e negli slum 20 o 30 persone vivono nella stessa baracca con latrine condivise». Eppure, in Africa Occidentale il virus ha rallentato la corsa. Lavarsi le mani non basta, ma aiuta.
Paolo G. Brera, la Repubblica 17/10/2014