Annalisa Chirico, Panorama 16/10/2014, 16 ottobre 2014
«IO, IN CARCERE PER 83 GIORNI, PERCHÉ CONFESSASSI IL FALSO»
[Intervista a Giuseppe Orsi] –
Assolto perché il fatto non sussiste. Una sentenza dopo 20 mesi può essere una consolazione, quando ti hanno tolto la tua vita? Giuseppe Orsi lavorava 18 ore al giorno, sette giorni su sette, viaggiava 365 giorni l’anno: era l’esistenza che si era scelto. Ma il 12 febbraio 2013 l’onda di un’inchiesta, avviata dalla Procura di Napoli e trasferita per competenza a Busto Arsizio, lo risucchia. Viene arrestato con l’accusa di corruzione internazionale per una tangente da 51 milioni di euro che la sua Finmeccanica avrebbe pagato all’India per chiudere la vendita di 12 elicotteri Aw 101. L’ad di AgustaWestland Bruno Spagnolini va ai domiciliari. «In poche ore» racconta Orsi a Panorama «sono passato dall’avere a disposizione tutto e tutti a dovermi muovere in 10 metri quadrati e a dover fare la coda per una doccia negli orari previsti».
Ma 83 giorni di carcere preventivo non piegano l’Ingegnere, come lo chiamano i collaboratori: Orsi nega ogni addebito. «Ho sempre agito per il bene del Paese e dell’azienda. Chi mi ha accusato ha cercato di vendicarsi perché gli interessi a lui vicini avevano subito un duro contraccolpo dal mio arrivo». Il manager si riferisce a Lorenzo Borgogni, ex responsabile delle relazioni esterne di Finmeccanica e vicino al precedente numero 1 dell’azienda, Pier Francesco Guarguaglini. Borgogni parla di un pagamento alla Lega come ricompensa per avere ottenuto la nomina di Orsi. Il quale, a sua volta, lo denuncia per calunnia. In luglio il pm Eugenio Fusco chiede l’archiviazione del finanziamento illecito: mancano le prove. Il 9 ottobre il giudice assolve gli imputati per la corruzione, e li condanna a 2 anni per false fatturazioni. «A fronte della eclatante assoluzione si vuole evitare un esito troppo punitivo nei confronti del pm» dice Ennio Amodio, legale di Orsi. «Ma dimostreremo che anche il reato tributario non ha fondamento». Da manager di una delle maggiori aziende statali a galeotto: c’è di che soffrire e, forse, provare rancore.
Il rancore non mi appartiene. Sono amareggiato perché sapevo che il fatto non sussisteva, ero conscio dell’ingiustizia che stavo subendo. Per accettarla l’ho collocata tra le prove che la vita ti dà e che ti fanno domandare: «Perché proprio a me?». Ecco: perché a lei? Che risposta si dà? Ho subito la vendetta di chi avevo allontanato dall’azienda. Sono convinto che il pm non avesse nulla di personale contro di me. Ma pensavo che l’indagine venisse archiviata e mai mi sarei aspettato di essere arrestato prima di essere interrogato. Invece è finito in carcere e sulle prime pagine dei giornali, non solo italiani. Sulla stampa avrei tanto da dire. Alcune testate hanno dato una corretta informazione, altre si sono comportate come acritico amplificatore delle accuse o come superficiale e voyeuristico riproduttore d’intercettazioni. E tutto per vendere qualche copia in più... Con la violenta invadenza di chi ha fatto circolare notizie false, rivelatesi poi infondate. Come ha superato 83 giorni di carcere? Grazie alle tre F: faith, family e friends. Senza la fede e la vicinanza dei miei cari non ce l’avrei fatta. Ho una moglie che mi supporta e mi sopporta da 41 anni; ho due figli che amo. Mi scrivevano tutti i giorni. Certo che 10 minuti di telefonata a settimana e 6 ore di visita al mese sono poche. Per non parlare delle 2 ore d’aria al giorno. A sentirla il carcere è una livella: dietro le sbarre i manager come i poveri cristi. Anche dei delinquenti va salvata la dignità. E poi c’è un 40 per cento di detenuti in attesa di giudizio, quindi innocenti o presunti tali. Il suo avvocato dice che le manette dovevano «scucirle la bocca» e spingerla a un patteggiamento. È così?
Mi hanno sottoposto a una sorta di tortura perché pur di uscire ammettessi qualcosa, anche a danno di terzi.
In cella la politica le voltò le spalle?
La maggior parte di quanti avevano rapporti con me hanno finto di non avermi mai conosciuto. In cella il 19 febbraio 2013 vidi una puntata di Porta a Porta: il mio concittadino Pier Luigi Bersani, sotto elezioni, si limitava sorprendentemente a parole di circostanza. La sera dopo, da Bruno Vespa, Silvio Berlusconi disse qualcosa di più: «Siamo diventati autarchici; le nostre aziende produrranno elicotteri solo a uso interno. Io sono un consumatore di elicotteri, quindi di che ci lamentiamo?». Provai un lieve sollievo. Come ricorda la liberazione?
A casa mi aspettavano moglie, figli e tre nipoti. E ho saputo che il quarto era in arrivo. Si potrà recuperare la commessa che l’India ha sospeso dopo il suo arresto? Penso e mi auguro che si potrà. Ma il problema va oltre. Il danno arrecato ad Agusta è grande: a partire dall’averla privata di un ad come Spagnolini. Il team che guidavo l’aveva portata ai vertici mondiali del volo verticale. Deve ritrovare lo spirito di leader. Ingegnere, si rimette a lavorare?
Don Luigi Molinari, storico cappellano del lavoro di Genova, mi ha ricordato i miei obblighi di cristiano. Così ho deciso di dedicarmi alla fondazione Ernesto Pellegrini. Ci occupiamo dei «nuovi poveri» che, perduto il lavoro, sono passati dal benessere all’indigenza. A Milano abbiamo aperto il ristorante Ruben dove si può cenare a 1 euro. Insomma, ha scelto la solidarietà. Quel che mi è rimasto.