Sandra Riccio, Panorama 16/10/2014, 16 ottobre 2014
TABACCO PERCHÉ LA BAT TIFA ITALIA
British american tobacco (Bat) punta ancora sull’Italia e mette sul piatto un investimento da oltre 1 miliardo di euro. Nei prossimi 5 anni, la multinazionale delle Lucky Strike, delle Rothmans e delle Ms, che nel 2003 si è assicurata l’Ente tabacchi italiani per 2,3 miliardi, spenderà 650 milioni in macchinari realizzati dalle aziende italiane e destinati agli impianti produttivi nel resto del mondo. Investirà poi in ricerca e tecnologie italiane oltre che in design e informazione. «Crediamo fortemente che l’Italia sia in grado di generare per il nostro gruppo un notevole valore a livello mondiale» dice l’amministratore delegato di Bat Italia, Marc Lundeberg, che a giugno, insieme con il numero uno del gruppo Nicandro Durante, aveva anticipato l’operazione al premier Matteo Renzi, in un incontro a Palazzo Chigi. Qual è il valore che l’Italia può offrire oggi a una multinazionale che opera in 200 paesi e che ha impianti produttivi in 41? L’Italia è un territorio ricchissimo di eccellenze. Per rifornire le nostre fabbriche, in varie parti del mondo, acquisteremo macchinari e attrezzature da aziende italiane. Si tratta di realizzazioni senza pari che noi apprezziamo al punto che l’Italia diventerà per Bat il primo fornitore di macchinari su scala globale. Non è l’unica nicchia di eccellenza su cui punteremo. Investiremo anche nella coltivazione del tabacco, nell’informazione e qualità del prodotto, e non ultimo nella ricerca scientifica.
Quali benefici ci saranno per il Paese da questo vostro piano di investimenti? Abbiamo delineato il nostro investimento in maniera tale da produrre impatti significativi su tutta la filiera. Il nostro impegno è di cinque anni, un orizzonte temporale che permette alle aziende di programmare, di assicurarsi stabilità e possibilità di pianificare. È un’o-
perazione ampia che andrà a coprire varie regioni della penisola, dalla Campania al Veneto, con la creazione di 300 posti di lavoro diretti. Non temete costi del lavoro e dell’energia alti, pastoie burocratiche, giustizia lenta?
I partner che abbiamo scelto e che ci affiancheranno in questo percorso sono realtà industriali e commerciali all’avanguardia, non solo nel loro settore ma anche nelle modalità di gestione del business. Insomma, sono degli ottimi esempi di come si possa produrre lavoro superando la burocrazia.
Avete altri progetti allo studio in Italia?
L’Italia è per noi un Paese che, dal punto di vista della regolamentazione e della tassazione, ha consentito finora di generare equilibrio per il mercato del tabacco. E poi è ancora il primo produttore di tabacco in Europa con una filiera che dà lavoro a oltre 200 mila famiglie. Ci tengo a dire che oggi vediamo anche ai più alti livelli istituzionali la volontà di lavorare per rendere il Paese sempre più attrattivo e competitivo. Per questo continuiamo a guardare all’Italia. Se le condizioni lo consentiranno, entreremo nel business dei prodotti di nuova generazione perché crediamo possano offrire un’alternativa meno dannosa ai consumatori.
Philip Morris costruirà un nuovo stabilimento in Italia, per i prodotti del tabacco di nuova generazione. Voi avete piani analoghi? Bat è estremamente interessato a quel settore. Siamo già presenti in alcuni «mercati pilota», come il Regno Unito, dove la regolamentazione si è già stabilizzata. Se ciò succederà anche in Italia, avremo certamente interesse a entrare nel mercato italiano dei prodotti di nuova generazione. Lo faremo attraverso partnership con rilevanti istituti scientifici nazionali e attraverso la stretta collaborazione con la rete delle tabaccherie.
Tutti stanno studiando soluzioni per ridurre la nocività delle sigarette. Cosa prepara Bat? Negli ultimi dieci anni, abbiamo investito oltre 150 milioni di euro in ricerca e sviluppo. Stiamo testando, oltre le sigarette elettroniche, una vasta gamma di prodotti e continueremo a investire risorse significative anche in Italia.