VARIE 15/10/2014, 15 ottobre 2014
APPUNTI PER GAZZETTA -LA RIBELLIONE GRECA, IL CROLLO DELLE BORSE, LA MANOVRA DI RENZI
REPUBBLICA.IT - LE BORSE
MILANO - Le Borse crollano sotto i colpi di una giornata densa di eventi politico-economici di rilievo, appesantite dall’andamento al ribasso del petrolio, che certifica quanto gli investitori temano il rallentamento economico globale: l’Europa brucia 276 miliardi, solo 20 il listino italiano. A Milano Piazza Affari amplia pesantemente il ribasso e chiude in calo del 4,44% archiviando la peggior seduta dal 26 febbraio 2013: il listino milanese crolla a 18.300 punti, ai minimi dal 18 dicembre dello scorso anno. Tengono appena meglio gli altri listini del Vecchio continente: Londra perde il 2,83% in linea con Francoforte 8-2,87%) mentre Parigi scende del 3,63%. Gli investitori cedono le azioni e si rifugiano nei titoli di Stato soprattutto tedeschi, che salgono azzerando i rendimenti del bund. Venduti, invece, i titoli dei Paesi più in difficoltà come Italia, Spagna e Grecia. La Borsa di Atene sprofonda di oltre dieci punti percentuali per i timori sugli stress test della Banca centrale europea sulle banche elleniche prima di chiudere in calo del 6,25%.
Sale in area 165 punti base lo spread italiano, ampliandosi di una ventina di punti base verso il rendimento dei Bund, mentre il rendimento dei Btp sul mercato secondario è al 2,4%. Torna attuale una vecchia conoscente, la Grecia, dove i rendimenti dei titoli di Stato decennali schizzano sopra il 7%: a farli impennare è il report diffuso dall’agenzia di rating Fitch, la quale sottolinea che nonostante i progressi compiuti le banche elleniche "restano zavorrare da pesanti problemi sui portafogli prestiti". Di contro, il Bund tedesco tocca nuovi minimi storici.
Il petrolio crolla nuovamente con il Wti che si porta in area 81 dollari, come accennato. Il Brent ha invece toccato i minimi da 4 anni. Il prezzo dell’oro registra il secondo calo consecutivo ma resta saldamente sopra 1.200 dollari. Lo Spot gold scivola dello 0,5% a 1.226,35 dollari l’oncia (segui le materie prime in diretta).
Sugli scambi pesano anche dati macro negativi provenienti dagli Stati Uniti: l’indice Empire State di New York delude a 6,17 punti ad ottobre, mentre le vendite al dettaglio calano dello 0,3% sotto il -0,1% preventivato dagli analisti. BofA ha invece annunciato una trimestrale in rosso, sotto il peso dei costi legali. Numeri che appesantiscono la seduta di Wall Street: dopo il "sell-off", il comando di vendita generalizzato, che nelle prime battute ha portato il Dow Jones sotto quota 16mila punti, mentre chiudono i mercati europei, le perdite dell’indice principale arrivano all’1,5% come l’S&P 500, mentre il Nasdaq perde l’1,3%.
I deludenti dati statunitensi sui prezzi alla produzione e le vendite al dettaglio penalizzano il dollaro sul mercato dei cambi. L’euro chiude così in rialzo a 1,2762 dollari dopo aver toccato un massimo di seduta sopra quota 1,28. Lo yen è in deciso progresso sul dollaro a quota 106,16 e guadagna qualche punto anche sull’euro a quota 135,56. Crolla ancora il rublo, a nuovi minimi storici verso la moneta unica.
L’Italia resta al centro delle attenzioni degli investitori con Piazza Affari colpita delle vendite: nel tardo pomeriggio a Palazzo Chigi si riunisce il consiglio dei ministri per approvare la legge di Stabilità per il 2015. L’Istat intanto ha diffuso la revisione dei conti economici trimestrali con la nuova stima del Pil per il secondo trimestre di quest’anno: la variazione è confermata a -0,2% rispetto al primo trimestre, mentre emerge un peggioramento del rapporto tra deficit e Pil del primo semestre dell’anno. A Francoforte, poi, si riunisce il consiglio direttivo della Bce, mentre all’apertura degli "European cultural days 2014" il presidente dell’Eurotower, Mario Draghi, ha definito "una grande opportunità" la vigilanza unica delle banche. Tutti i timori degli investitori si fanno sentire nell’andamento del petrolio, che dopo il crollo di schianto di ieri, che paga il rallentamento economico globale, continua ad esser debole.
Nel frattempo in Germania l’inflazione è rimasta ferma a settembre, registrando una crescita dello 0,8% tendenziale, mentre ha subito un nuovo rallentamento in Cina: secondo i dati forniti dall’ufficio di statistica i prezzi al consumo sono saliti dello 0,5% mensile ma cresciuti solo dell’1,6% tendenziale, vicino ai minimi da 5 anni (a gennaio 2010). Il mese precedente i prezzi erano saliti dello 0,2% mensile e del 2% tendenziale e le attese erano per un +0,4% mensile e +1,7% annuo. Il governo giapponese ha rivisto al ribasso la produzione industriale di agosto. Secondo i dati diffusi oggi dal ministero dell’Economia e industria, due settimane dopo le stime preliminari, la produzione industriale nipponica ha registrato una contrazione mensile dell’1,9% dal -1,5% del dato preliminare. Le uniche buone notizie per il Vecchio continente le registra il Regno Unito, dove la disoccupazione è scesa al 6% nei tre mesi sino alla fine di agosto, il livello più basso dal 2008.
Tornando ai titoli del listino milanese, spiccano i ribassi di Tenaris e Telecom, mentre Luxottica cade ancora dopo due giorni di passione per gli sconvolgimenti ai vertici di Agordo. Crollano tutte le banche sui timori dell’esito dei risultati degli stress test. Il crollo del petrolio fa scivolare in coda al listino europeo il comparto dell’energia, che perde oltre due punti percentuali, seguito dal tech e dai finanziari. Sui mercati è in atto una rotazione che porta i capitali verso i titoli di Stato in grado di offrir maggiori garanzie di solvibilità, quelli tedeschi, americani o francesi, mentre si abbandona il comparto azionario.
La Borsa di Tokyo ha chiuso, questa mattina, in rialzo, rimbalzando dopo cinque sessioni negative grazie anche all’indebolimento dello yen. L’indice Nikkei è avanzato dello 0,92% a 15.073,52 punti.
LIVINI SULLA SITUAZIONE IN GRECIA
MILANO - La ripresa della Grecia, come ampiamente previsto, rischia di scivolare sulla fragilità del governo di unità nazionale di Antonis Samaras e sul rischio di elezioni anticipate a inizio 2015. Il rendimento sui titoli decennali ellenici è balzato oggi di 78 centesimi sopra il 7,6%, il massimo da giugno 2014 (l’andamento dei mercati). A picco pure la Borsa, che a metà seduta ha toccato la doppia cifra di ribassi. A scatenare le vendite - dicono gli analisti - è il tentativo dell’esecutivo di accelerare l’uscita del paese dal piano di assistenza della Troika, prevista a fine 2015. Il premier vorrebbe giocarsi questa carta in vista del forte rischio di caduta del governo in occasione dell’elezione del presidente della Repubblica prevista a febbraio. Ma i mercati temono che una Grecia senza salvagente di Bce, Fmi e Ue finisca per essere di nuovo travolta dalla crisi, soffocando i segnali di ripresa degli ultimi mesi.
La doccia fredda di oggi riporta all’improvviso Atene con i piedi per terra. La scorsa estate, in effetti, nel paese si era diffuso un certo ottimismo. La stagione turistica è stata un boom (+17% gli arrivi), la disoccupazione è calata di un punto, il pil - dopo aver bruciato il 25% del suo valore in cinque anni - era previsto in ripresa a fine anno mentre nei primi nove mesi dell’anno il surplus di bilancio, al netto degli interessi sul debito congelati, si è gonfiato a 2,5 miliardi. Una rondine però non fa primavera. E i germogli di ripresa sono già scivolati sull’incertezza politica. La sinistra radicale di Syriza, in testa in tutti i sondaggi, ha lanciato il suo piano economico che prevede la restituzione della tredicesima agli statali, l’addio ai provvedimenti imposti dalla Troika e l’aumento dello stipendio minimo assieme a un ampio piano di ivnestimenti pubblici. Samaras ha risposto promettendo tagli alle tasse e l’uscita anticipata dalla tendina ad ossigeno degli aiuti internazionali. Anche perchè il rischio delle urne tra pochi mesi è altissimo visto che il governo - con la sua maggioranza di 153 seggi su 300 - faticherà a raggiungere il quorum di 180 seggi necessario per eleggere il nuovo presidente della Repubblica a febbraio. Aprendo la strada a quel punto al voto anticipato.
L’ipotesi si è ulteriormente rafforzata nelle ultime ore. Alexis Tsipras, numero uno di Syriza, ha raggiunto un accordo con Pamis Kamennos, leader della destra degli Indipendenti Greci, per non votare candidati del governo alla presidenza. Il voto di fiducia chiesto e ottenuto la scorsa settimana da Samaras non è bastato a placare i timori. Le banche di Atene sono ancora zavorrate dai prestiti in sofferenza. Il rapporto debito pil è vicino al 180% anche se il 90% dell’esposizione è in mano a Bce, Ue e Fmi. E il rischio è che l’orologio della crisi ellenica torni all’improvviso indietro agli anni più bui.
PEZZO SULLA GRECIA DELL’8 OTTOBRE (LIVINI)
MILANO - La Grecia, dopo cinque anni di crisi in cui ha bruciato il 25% del suo Pil, rischia a sorpresa di scivolare sulla ripresa. Atene, dicono i dati, sta uscendo dal tunnel: il pil salirà quest’anno dello 0,6% e il prossimo del 2,9%, promette la legge di stabilità appena presentata in Parlamento. I prezzi delle case hanno smesso di scendere a luglio, la disoccupazione calerà di 5 punti percentuali al 22,5% nel 2015 mentre le vendite al dettaglio sono salite per due mesi di fila per la prima volta dal 2010. Eppure, proprio mentre il paese inizia a vedere la fine del tunnel, la strada si è fatta improvvisamente in salita.
Il motivo? La politica. Il governo di unità nazionale guidato da Antonis Samaras, scosso da una serie di fibrillazioni interne e forte di una risicata maggioranza di tre voti in Parlamento, ha chiesto il voto di fiducia per serrare le fila. Il dibattito, iniziato oggi, non dovrebbe riservare sorprese. Il redde rationem però è solo rinviato: il prossimo febbraio la Grecia dovrà eleggere il nuovo presidente della Repubblica. E se il candidato non riuscirà a raggiungere i 180 voti (su 300) in Parlamento, il paese andrà ad elezioni anticipate. Un quadro, dicono gli analisti, molto probabile: la sinistra radicale di Syriza, in testa in tutti i sondaggi, ha interesse ad andare in fretta alle urne prima che il governo possa appuntarsi al petto la medaglia del rilancio dell’economia. E la frammentazione dei partiti in aula - l’esecutivo ha solo 153 voti - rende molto difficili i compromessi. Risultato: buona parte degli osservatori dà per certe le elezioni a febbraio. E qualcuno pensa addirittura che Samaras possa forzare la mano con un voto anticipato a novembre. Ipotesi che si scontra solo con i dati della formazione di Alexis Tsipras nei sondaggi.
Il clima, del resto, è già pre-elettorale. La Troika è partita oggi da Atene senza essere riuscita a completare i dettagli per l’ultima revisione dello stato di salute del paese, che potrebbe uscire dalla protezione di Bce, Fmi e Ue alla fine del prossimo anno, in anticipo sulle previsioni. Il piano di salvataggio da 340 miliardi nella testa del suo ceto politico è già affare del passato. La disoccupazione è al 27%, il potere d’acquisto è crollato del 29%. Ma in vista della ripresa (e delle urne) nessuno vuole più parlare d’austerity.
Samaras ha promesso un taglio delle tasse, quelle sul gasolio da riscaldamento in primis, poi quelle sulla casa. Tsipras ha illustrato per la prima volta il suo piano per il rilancio dell’economia: un mix di investimenti pubblici, rialzo dei salari minimi e della pensioni basse, tagli alle imposte sul reddito per le fasce più deboli, restituzione della quattordicesima ai dipendenti pubblici finanziato con i fondi della Ue, con la lotta all’evasione e con patrimoniali sugli immobili di lusso. Un libro dei sogni, dicono i critici, totalmente criptico nello spiegare dove si troveranno i soldi per finanziarli. La Troika assiste preoccupata e teme l’harakiri. Ma con l’aria di elezioni alle porte sarà difficile che qualcuno le dia ascolto sotto il Partenone almeno fino al prossimo marzo
IL PIANO DI TSIPRAS (15 SETTEMBRE 2014)
ETTORE LIVINI
MILANO - Alexis Tsipras alza il velo sui piani di Syriza per l’economia greca. E’ la prima volta che il leader della sinistra radicale ellenica - in testa in tutti i sondaggi - squaderna un programma dettagliato su questo fronte. E il suo discorso alla Fiera di Salonicco, attesissimo in tutto il paese, monopolizzerà il dibattito nazionale nei prossimi giorni in vista di possibili elezioni anticipate a inizio 2015, quando il giovane numero uno del partito cercherà di utilizzare gli spazi previsti dalla Costituzione greca in occasione della nomina del nuovo presidente della Repubblica per portare il paese alle urne. Se il candidato non raggiunge i 180 voti in Parlamento (il governo Nea Demokratia-Pasok ne ha 153) per legge si va infatti al voto. Ecco il progetto di Syriza per rilanciare Atene.
Il debito
Tsipras ha detto che uno dei primi atti di un suo governo sarebbe la richiesta di convocare una conferenza europea sulla Grecia in cui chiederebbe la cancellazione di buona parte del debito. Atene ha oggi circa 330 miliardi di debiti, la grande maggioranza dei quali nei confronti di Ue, Bce e Fmi. Syriza vuole anche indicizzare il resto dei debiti che rimarrebbe in capo al paese alla sua crescita economica. A livello continentale il partito supporterà sia il quantitative easing della Bce che l’acquisto di titoli di Stato nazionali da parte della Banca centrale. Ultima richiesta, l’esclusione degli investimenti pubblici in economia, per la crescita, dal patto di stabilità.
Misure
sociali
Il programma di Syriza prevede la distribuzione di energia elettrica gratuita a 300mila famiglie con i redditi bassi cui verranno garantiti anche buoni pasto. Sconti anche per gli acquisti di medicine mentre per oltre 1,2 milioni di pensionati che prendono meno di 700 euro verrebbe ripristinata la 13esima cancellata dalla Troika. Previsto pure un piano di rate per rimborsare i 68 miliardi di arretrato del governo con le imprese, assieme alla creazione di una bad bank per i prestiti in sofferenza. La nuova tassa sulla casa imposta da Samaras, invece, verrebbe cancellata per venir sostituita da un balzello per gli immobili di lusso, mentre si alzerebbe da 5 a 12mila euro la fascia di reddito esentasse.
La crescita
Syriza alzerà lo stipendio minimo da 586 a 751 euro al mese, utilizzerà 5 miliardi (in parte in arrivo dalla Ue) per un programma choc biennale per far crescere il lavoro: obiettivo 300mila nuovi posti. Via anche a una banca pubblica per sostenere con prestiti artigiani, agricoltori e piccole imprese tagliati fuori oggi dal credito. Quest’operazione sarà finanziata utilizzando 3 degli 11 miliardi accantonati oggi come cuscinetto per tappare eventuali buche delle grandi banche nazionali. I soldi per finanziare il piano dovrebbero arrivare anche da un giro di vite sull’evasione e il contrabbando di benzina, con 3 miliardi di raccolta prevista in 5 anni, anche se non si spiega con che mezzi si contrasterà l’evasione.
(15 settembre 2014)
IL CONSIGLIO DEI MINISTRI
ROMA - Era fissato alle 15 di oggi pomeriggio, poi è stato spostato alle 18. Infine, alle 19,54, il Consiglio dei Ministri, che dovrebbe rendere noto tra le altre cose la Legge di Stabilità di cui si è tanto parlato negli ultimi giorni, è iniziato dopo le ultime limature. A quanto si apprende, si va verso una manovra di 36 miliardi di euro, quindi di 6 superiore rispetto alle stime e alle indiscrezioni dei giorni scorsi. Diciotto i miliardi di euro di tagli alle tasse, come annunciato da Renzi, e 15 miliardi di spending review, un paio in più rispetto alle indiscrezioni. Nessun aumento delle tasse e maggiore lotta all’evasione fiscale. E ci sarebbe anche la misura del Tfr in busta paga. A questo proposito, il lavoratore potrà liberamente scegliere di averlo al 100 per cento in busta paga. Non è ancora deciso, però, se l’operazione scatterà solo nella seconda parte del 2015.
Inoltre, oggi è stata una giornata molto impegnativa per il governo. Solo alle 19 è infatti terminato a Palazzo Chigi un vertice sull’epidemia di ebola, convocato dal premier Matteo Renzi. Vi hanno partecipato i ministri degli Esteri Federica Mogherini, il ministro dell’Interno Angelino Alfano, il ministro della salute Beatrice Lorenzin, il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi. Il vertice ministeriale ha seguito la conference call tra il premier Renzi, il presidente Usa Barack Obama, la cancelliera tedesca Angela Merkel, il premier britannico David Cameron, il presidente francese Francois Hollande.
Ma non è escluso che fino all’ultimo si sia lavorato sulla Legge di Stabilità, che ha evidenziato numerosi nodi da sciogliere, soprattutto per quanto riguarda le coperture per gli sgravi alle aziende e la conferma del bonus degli 80 euro. Inoltre, c’è la possibilità dell’inserimento del Tfr in busta paga, provvedimento però che all’interno dello stesso governo ha incontrato alcune resistenze. "A noi il Tfr risulta inserito nel disegno di legge di stabilità, possiamo esprimere soddisfazione", ha sottolineato oggi il presidente dell’Abi (Associazione Bancaria Italiana), Antonio Patuelli.
Si parla, complessivamente, di una manovra di 30 miliardi. Nel complesso, la riduzione di tasse annunciata da Renzi vale 18 miliardi, come il premier ha confermato anche oggi su Twitter. La fetta maggiore di queste, praticamente un terzo del totale, è destinata alla conferma del bonus Irpef in busta paga da 80 euro al mese: costa 10 miliardi. La novità accolta con il maggior interesse dal mondo confindustriale è il taglio dell’Irap da 6,5 miliardi. Tra le altre misure previste nella bozza della Legge di Stabilità, secondo le indiscrezioni filtrate nei giorni scorsi, ci sono: detrazioni per le famiglie numerose (500 milioni, confermate oggi dal ministro della Salute, Lorenzin), azzeramento contributi per i primi tre anni dei neoassunti e stabilizzazione dei precari della scuola.
Critici sinistra e sindacati, come hanno ribadito oggi il segretario della Cgil, Susanna Camusso ("l’idea dei tagli e l’idea che non ci sia una compensazione diretta sul fondo sanitario del tagli dell’Irap, sono cose che ci destano preoccupazione"), e quello della Fiom, Maurizio Landini, che ha detto: "Meno sei miliardi di Irap... a tutti? O solo alle imprese che tengono i dipendenti? Facciamo un intervento pubblico a pioggia o lo diamo alle imprese che fanno investimenti e che non licenziano?".
Intanto, la Commissione Ue ha fatto sapere che non commenterà le leggi di stabilità presentata da Italia e Francia come quelle degli altri paesi prima della pubblicazione dell’opinione formale. Lo ha detto il portavoce del commissario agli affari economici Jirki Katainen, dopo le indiscrezioni dei giorni scorsi su una possibile procedura di infrazione all’Italia da parte dell’Europa. La scadenza per l’opinione della Commissione da presentare ai ministri finanziari è fine novembre, ma, come ha ricordato il portavoce, se l’esecutivo europeo ritiene che il progetto di bilancio contenga serie violazioni del patto di stabilità, in tal caso ha due settimane di tempo da domani per chiedere delle correzioni. "Non è scontato che la Commissione Ue dia il suo assenso. Ma difficilmente l’Europa potrà dare un giudizio negativo", ha detto a Rainews 24 il responsabile economico del Pd, Filippo Taddei.
I DATI ISTAT NEGATIVI
MILANO - I numeri dell’Istat confermano la stagnazione dell’Italia, che non cresce dal 2011: secondo l’aggiornamento dei conti nazionali, in base ai nuovi metodi statistici recentemente introdotti su base europea, il Pil nel primo trimestre 2014 è sì stato rivisto al rialzo dall’Istat, registrando una variazione nulla sul trimestre precedente (dal -0,1% della ’vecchia’ stima). L’economia italiana è però al palo, considerando che il secondo trimestre è confermato il calo: tra aprile e maggio, il Prodotto interno lordo è diminuito dello 0,2% sul trimestre precedente e dello 0,3% su base annua. Numeri che fanno il paio con il calo del potere d’acquisto delle famiglie, sempre registrato dall’Istat. In termini assoluti, nel secondo trimestre del 2014 il Pil è calato fermandosi a 385,776 miliardi di euro. Si tratta del valore più basso dal primo trimestre del 2000, ovvero da 14 anni.
I dati, aggiornati dall’Istituto in base ai nuovi principi statistici del Sec2010, dicono anche che il Pil dell’Italia non è più cresciuto in termini congiunturali sin dal secondo trimestre del 2011. Il Prodotto interno lordo, infatti, è risultato negativo pure nel quarto trimestre del 2013: -0,1%, quando finora ci eravamo illusi di aver centrato un mini-rimbalzo, dato che la ’vecchia’ stima indicava un +0,1%. Peggiora anche la variazione acquisita per il 2014 che è pari a -0,3%: nell’ultima stima diffusa lo scorso 29 agosto era al -0,2%.
Da un’altra pubblicazione dell’Istituto, relativa al conto trimestrale delle amministrazioni pubbliche, emerge invece che un peggioramento dell’andamento del deficit/Pil. Nei primi due trimestri del 2014 il rapporto tra indebitamento netto e Prodotto è stato pari a 3,8%, con un peggioramento di 0,3 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno prima. Nel secondo trimestre, in particolare, l’indebitamento è stato dell’1,1%, superiore di 0,4 punti percentuali nel confronto con lo stesso trimestre del 2013. Si tratta comunque di dati stagionali, frutto anche della varianza delle entrate fiscali, che non hanno valore agli occhi di Bruxelles.
Dati positivi sul fronte della pressione fiscale: nei primi sei mesi dell’anno è stata pari al 40,7%, in calo di 0,5 punti percentuali su base annua (era al 41,2%). Si rovescia la medaglia, però, guardando solo al secondo trimestre: registra un aumento di 0,1 punti, con la pressione al 43,2%.
FRANCIA
ANSA
(ANSA) - PARIGI, 7 OTT - Il premier francese, Manuel Valls, ha detto oggi davanti all’Assemblea Nazionale che il progetto di bilancio 2015, che prevede una chiara deriva nelle finanze pubbliche rispetto agli impegni assunti con Bruxelles, è ’’quello che serve alla Francia’’ e che la Commissione europea ’’non può’’ respingerlo.
UE
MILANO - La Commissione Ue non commenterà le leggi di stabilità presentata da Italia e Francia come quelle degli altri paesi prima della pubblicazione dell’opinione formale. Lo ha detto il portavoce del commissario agli affari economici Jirki Katainen. La scadenza per l’opinione della Commissione da presentare ai ministri finanziari è fine novembre, ma, come ha ricordato il portavoce, se l’esecutivo europeo ritiene che il progetto di bilancio contenga serie violazioni del patto di stabilità, in tal caso ha due settimane di tempo da domani per chiedere delle correzioni.
In ogni caso "lo sforzo strutturale richiesto all’Italia per il 2015 sarà aggiornato alla luce delle stime economiche autunnali", ha aggiunto il portavoce, rispondendo a chi gli chiedeva quale fosse il target 2015 per l’Italia. Va da sé che se le stime saranno peggiori, gli sforzi dell’Italia dovranno essere maggiori. Finora solo cinque governi hanno inviato i progetti di bilancio alla Commissione Europea: Germania, Lettonia, Olanda, Austria e Finlandia. Gli altri seguiranno nel corso della giornata: la scadenza è per la mezzanotte. Sotto i riflettori, la Francia e l’Italia. Il ministro delle Finanze Michel Sapin in una intervista ha rivendicato nei confronti dell’Unione europea, la volontà di decidere per conto proprio le misure da intraprendere.
Anche le intenzioni del governo italiano, scritte nella Legge di Stabilità, rischiano di scontrarsi con Bruxelles, così come ha sottolineato Bankitalia nell’audizione sul Documento di economia e finanza che ha rimandato al 2017 (due anni più in là delle disposizioni iniziali) l’obiettivo che l’Italia ha preso con Bruxelles di ridurre il suo deficit strutturale. Lo stesso responsabile economico del Pd, Filippo Taddei, sostiene che "non è scontato che la Commissione Ue dia il suo assenso. Ma difficilmente l’Europa potrà dare un giudizio negativo".
Per cautelarsi da eventuali problematiche, Padoan ha pensato a un cuscinetto di 2,5 miliardi da sfoderare in caso di contestazioni europee. Nel frattempo, la stessa risoluzione di maggioranza alla nota di aggiornamento al Def lo ha autorizzato a rimandare il percorso di convergenza verso l’Obiettivo di Medio Periodo (Mto) concordato con Bruxelles, che prevedeva una riduzione del deficit strutturale dello 0,5% del Pil nel 2015: sarà limitata allo 0,1%.
Nello stesso Def, d’altra parte, il ministro Padoan ha sottolineato in maniera critica come i conteggi della Commissione siano opinabili, soprattutto quando fanno riferimento al prodotto potenziale italiano, la base dalla quale si ottiene poi il deficit strutturale che è il parametro cardine del Fiscal Compact. In questo senso, la battaglia con Bruxelles è già partita, ora la palla passerà alla Ue.