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 2014  ottobre 11 Sabato calendario

QUEL FREDDO CONTROPIEDISTA CHE METTE IN RIGA IL MONDO


Bobby Fischer ci ha lasciato nel 2008 dopo aver mandato al diavolo gli Stati Uniti d’America, Boris Spasskij è impegnato a combattere un altro match del secolo contro il suo cuore infartuato. I diplomatici del nobil giuoco sono arnesi vecchi, i secchioni e i maghi della statistica sulla via dell’estinzione. Ora comanda la generazione Pc, che spesso con Windows 8 ha in comune la simpatia.
Il prossimo Campionato del Mondo di scacchi vedrà il via fra un mese nella polifunzionale Sochi. L’indiano Viswanathan Anand proverà un’altra volta la spiacevole sensazione di sentirsi preistoria, quando sulla sedia davanti a lui si accomoderà Magnus Carlsen. Lo scorso novembre il ragazzo lo ha mortificato a domicilio dopo un dominio lungo sei stagioni.
Carisen è nato a Tonsberg, in Norvegia. La sua vita dà la definizione di genio: a 2 anni poteva risolvere un puzzle da 50 pezzi, a 5 già se la cavava con torre e pedoni. A 22 era il più forte sul pianeta. Solo Garri Kasparov ci mise meno, 147 giorni per l’esattezza. L’uomo che ha sfidato l’intero genere umano a scacchi e Vladimir Putin alla democrazia gli offrì i suoi segreti, il norvegese nemmeno ringraziò. Carlsen guida una covata di fenomeni allevati dalle sfide a software sempre più infallibili. Le stesse notti insonni trascorse dall’italiano Fabiano Caruana, numero due al mondo, o dalla ventenne campionessa cinese Hou Yifan.
«Uso i computer per analizzare le partite, verifico che le mie idee fossero giuste» spiega apagina99 Magnus Carlsen. Sembra chiuso in se stesso, ma è solo sicuro: qualche mese fa ha impiegato nove mosse per umiliare Bill Gates in un match di esibizione.
«La tecnologia è molto utile nella fase di preparazione, quella che amo di meno – prosegue –. Il duello è la parte più importante di una partita, oltre che la più divertente. Senza un po’ di guerra psicologica non c’è gusto».
Chennai, Golfo del Bengala. Carlsen ha la prima mossa e il cavallo bianco va in F3. Il Mozart degli scacchi inaugura i suoi Mondiali con la giocata che il cecoslovacco Richard Reti usò per battere l’imbattibile Capablanca. Era il 1924.
«È un serpente, se gli mostri un fianco ti ha già morso» ci spiega Eric Lobron, ex grande maestro tedesco che ora si gode la compagnia della supermodella Carmen Kass. Negli scacchi la vittoria vale 1, il pareggio 0.5: chi non perde mai alla fine festeggia. Oggi le nuove leve vanno subito all’attacco, Carlsen invece ti mette nelle condizioni di sbagliare. Fosse calcio sarebbe un contropiedi sta, a tennis il più letale dei pallettari.
«È fondamentale rimanere concentrati sulle possibili risposte del tuo avversario – dice –. Saper prendere decisioni, ragionare in modo analitico, agire in modo creativo: è utile nella vita quanto nel gioco».
Consigli che mai penseresti di ricevere dal ragazzo che ammicca dalla copertina di GQ. Look curato e mento in fuori, Magnus Carlsen è testimonial di un brand di abbigliamento olandese. Il re dei cerebrali sembra il cantante di una boy band e fa arrossire le mamme con le pose su riviste patinate e cartelloni pubblicitari.
«Faccio promozione a me stesso e agli scacchi, ma essere famoso non significa nulla» si limita a dire. Di certo col marketing ci sa fare e il suo staff non lascia nulla al caso. I suoi profili social sono curati e decisamente affollati, anche se lui dice di usarli più che altro per comunicare con gli amici quando è in viaggio per il globo.
«In nessun modo queste attività mi distraggono dal lavoro – assicura –. Me le posso permettere perché non ho ritmi di allenamento fissi, ma faccio ogni giorno ciò che voglio. Di solito non passo più di un’ora alla scacchiera, solo un paio di settimane prima dei tornei aumento i carichi».
È quanto sta succedendo in questi giorni, con la rivincita di Anand alle porte. Una nuova sfida, gloria e pubblicità. «Vado avanti finché avrò qualcosa da imparare, la partita perfetta è quella ancora da giocare – chiude Magnus Carlsen –. Non so cosa farò dopo, ma purtroppo sono destinato a scoprirlo».