Sebastiano Vernazza, La Gazzetta dello Sport 14/10/2014, 14 ottobre 2014
UN CALCIO ALL’ORCO
L’ultimo caso di pedofilia nel calcio ai primi di ottobre, in provincia di Padova: arrestato un 54enne allenatore di squadre giovanili. Invitava i piccoli giocatori a casa sua, li palpeggiava. In spogliatoio usava la scusa dei massaggi. Se un ragazzo si faceva male, lo manipolava e si spingeva oltre. Il penultimo episodio, in settembre a Roma: ammanettato un tecnico del vivaio di una polisportiva. «Comprava» gli adolescenti con soldi, ricariche telefoniche, regalini. Calcio e abusi, il problema esiste, sebbene molti degli addetti ai lavori tendano a negarlo. I vivai dei club professionistici sono iper controllati, ma più si scende di livello più il rischio aumenta.
Paura Secondo un sondaggio di Save the Children, onlus che si batte per la tutela dell’infanzia, il 43 per cento dei genitori italiani ritiene che i centri sportivi , sotto questo spregevole aspetto, siano i luoghi più pericolosi. A seguire, parrocchie e oratori. Non solo calcio. Dove c’è sport, ogni abuso su minori è possibile. «E’ fisiologico che sia così», fanno sapere in via informale dall’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile. «Nei luoghi in cui si concentrano minori, maggiore è la possibilità che si consumino certi reati». Che cosa si può fare? «Tutte le istituzioni educative e sociali - spiega Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia - devono dotarsi di un codice di condotta per proteggere i minori nei luoghi di loro competenza: il ministero dell’istruzione per quanto riguarda la scuola, la presidenza del Consiglio e il Coni per le associazioni sportive e tutte le organizzazioni laiche o religiose che hanno in carico bambini e adolescenti». Il fenomeno è più diffuso di quel che si percepisce e certi casi rimandano a una specie di sindrome di Stoccolma.
Stranezze Tre anni fa, nel Comasco, la Dia di Milano arresta un 28enne «accusato di violenza sessuale nei confronti di due giovani calciatori». Il tribunale di Como aveva già notificato a questa persona un provvedimento di inibizione dagli impianti sportivi, ma il giovane istruttore continuava ad allenare bambini. In paese molti, se non tutti, sapevano delle sue deviazioni, erano a conoscenza della volta in cui aveva tentato un approccio con un minore nel locale del campo dove si custodiscono palloni e altro materiale tecnico. Eppure nessuno era intervenuto con decisione per far rispettare la decisione del tribunale di Como. Qualche anno fa, in Alto Adige, dalle parti di Merano, una pattuglia di carabinieri ferma una macchina per un controllo. Nell’auto ci sono un trentenne e tre ragazzini di 12 anni, che non sono né figli né parenti del guidatore. Particolare rilevante: è l’una di notte. L’uomo biascica qualche scusa, dice che sta per riportare a casa i tre minorenni. I carabinieri scoprono di aver davanti un istruttore di calcio con tre piccoli giocatori. Ulteriori indagini, con intercettazioni ambientali, portano dritti alla pedofilia. Il mister accarezzava, abbracciava e baciava i suoi aspiranti calciatori. Domanda: è normale che dei genitori lascino che i figli dodicenni facciano le ore piccole fuori casa con un adulto estraneo?
Ampia casistica Abbiamo setacciato gli archivi e trovato un’ampia casistica su calcio e pedofilia. Qualche esempio flash. Allenatore di calcio giovanile installa una telecamera negli spogliatoi (Roma 2010). Giovane tecnico calcistico arrestato per pedofilia si definisce «educatore sessuale» (provincia di Brescia, 2010). «Toccami, oppure non giochi»: i ricatti del mister a un suo allievo 13enne (provincia di Napoli, 2009). E poi tanti altri casi basati sul medesimo schema: «Se fai quello che dico, ti faccio entrare nel vivaio di un grande club». Nelle pagine di cronaca nera abbondano i pedofili travestiti da talent scout. Dirigenti e genitori imparino a riconoscerli e non girino la testa dall’altra parte.