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 2014  ottobre 15 Mercoledì calendario

ARRENDETEVI

Se uno studente universitario si presentasse per 18 volte al suo primo esame e per 18 volte venisse bocciato e invitato a ritentare nella sessione successiva, gli sorgerebbe il dubbio di avere sbagliato facoltà, o magari di non essere proprio portato per gli studi. In ogni caso diventerebbe lo zimbello dell’ateneo e cambierebbe ramo, scegliendo magari una facoltà meno improba. Se poi le cose dovessero continuare ad andare male, si dedicherebbe ad attività a lui più consone: l’agricoltura, la pastorizia, l’accattonaggio, il lavaggio dei parabrezza ai semafori, la carriera circense, cose così.
Non è questo il caso di Luciano Violante, che ieri ha stracciato il record – da lui stesso detenuto – di trombature come candidato a giudice della Consulta, passando dalla diciassettesima alla diciottesima senza fare un plissè. Non lo sfiora il dubbio di non essere adatto a quel ruolo, o di non essere gradito ai due terzi dei parlamentari richiesti dalla Costituzione. Dunque non ci pensa proprio a ritirarsi per godersi la meritata pensione (a 74 anni suonati, sarebbe anche ora). Anzi insiste, imperterrito e imperturbabile. E insistono pure i suoi sponsor: i vertici del Pd e di Forza Italia, ma soprattutto Giorgio Napolitano. O Violante o niente. Infatti, niente.
Viene in mente il film I complessi con Alberto Sordi alias Guglielmo Bertone detto Dentone che concorre per il posto di speaker del telegiornale e nessuno degli esaminatori osa spiegargli che, con quelle zanne, sarebbe meglio la radio. Con la differenza che il Dentone è un fuoriclasse assoluto, mentre il noto participio presente è piuttosto scarsino. Pare non abbia neppure i requisiti.
Art. 135 della Costituzione: “I giudici della Corte costituzionale sono scelti tra i magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria ed amministrative, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo 20 anni d’esercizio”. Ora, Violante non è un magistrato delle giurisdizioni superiori. Non ha esercitato la professione di avvocato per vent’anni. E non figura tra i professori ordinari di università in materie giuridiche: è stato, secondo il sito del ministero dell’Università, ordinario di Diritto penale presso l’Università di Camerino, ma solo fino al 2008, e ha pure tenuto dei corsi nel prestigioso ateneo di Aosta. Ma la Costituzione specifica, per i magistrati delle giurisdizioni superiori, che quelli eleggibili possono essere scelti tra quelli “anche a riposo”, mentre nulla dice degli ordinari in materie giuridiche.
Diciamola tutta: la produzione giuridica di Violante è scarsina, per usare un eufemismo. Si tratta di un politico di professione, che agli occhi della Casta è un merito strepitoso, ma purtroppo non per la Costituzione, che fa di tutto per tenere lontani dalla Consulta i partitocrati.
Perché il Pd, che già è riuscito a eleggere al Csm l’ineleggibile Teresa Bene, accompagnata all’uscita appena entrata, tiene occupati da quattro mesi Camera e Senato per far passare un pluritrombato che non passerà mai e, anche se passasse, potrebbe essere rispedito al mittente? Perché il Patto del Nazareno Renzi-B. prevede la spartizione di tutte le poltrone del Paese fra Pd e Forza Italia, dalle assemblee condominiali al Quirinale. E Violante s’è battuto come un leone contro la decadenza di B. (ricordate il Lodo Violante per tirarla in lungo col ricorso a Strasburgo?) e contro la Procura di Palermo che osa indagare sulla trattativa Stato-mafia e s’è addirittura azzardata ad ascoltare la voce di Napolitano sul telefono di Mancino e ora vuole risentirla dal vivo. Ergo il Caimano e Re Giorgio devono sdebitarsi. Infatti FI ha già cambiato tre candidati – Catricalà, Indagato Bruno e Caramazza – ma Violante è sempre lì, fisso come il palo della banda dell’Ortica.
Ottenere i 2/3 e finirla con l’immonda pantomima è facilissimo: basta lanciare due giuristi indipendenti, che sarebbero votati anche dal M5S. Ma non si può: al politico Violante deve appaiarsi un politico forzista. E così lo sconcio delle fumate nere proseguirà sine die, corredato dai continui moniti del Colle contro le Camere che non si spicciano a eleggere chi dice lui. Il bue che dà del cornuto all’asino.
Marco Travaglio