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 2014  ottobre 15 Mercoledì calendario

STEVENSON SCRISSE "L’ISOLA DEL TESORO" PER DIVERTIRE LLOYD, IL FIGLIO DELLA DONNA CHE AVEVA APPENA SPOSATO

L’isola del tesoro fu pubblicato a puntate sul periodico per ragazzi Young Folks, dall’ottobre del 1881 al gennaio del 1882. Stevenson lo aveva scritto per intrattenere Lloyd, il figlio di Fanny, la donna che da poco aveva sposato. I tre erano in vacanza in un cottage a Braemar, tra i monti della Scozia, ma quell’estate il tempo era stato tremendo, ancora più piovoso del solito. Costretto in casa, Stevenson man mano scriveva le pagine che poi , dopo il lunch, leggeva a Lloyd. Gli ultimi capitoli li lesse invece la sera, alla luce della candela. L’isola del tesoro è dunque, nelle intenzioni stesse dell’autore, una storia avventurosa per ragazzi, da incantare con i suoi fantastici personaggi e le loro imprese. Per i giovani lettori ulteriore motivo di fascino era dato dal fatto che Jim, il protagonista, avesse più o meno la loro età e che la storia fosse narrata dal suo punto di vista.
E’ con questo libro per ragazzi che Stevenson ci consegna il suo primo capolavoro. Perché tale è L’isola del tesoro: un classico, come presto proclamò Henry James, «per la sua magnifica qualità di fondere il portentoso con l’umano». E la lingua usata, aggiungeva James, era lo «strumento ammirevole» che consentiva tale fusione. Una lingua che corrispondeva al taglio verbale del racconto e che consentiva alla lettura che ne faceva Stevenson di essere «particolarmente emozionante», come scrisse Fanny. Ammettiamo pure che il lume di candela e il vento che ululava tra i monti delle Highlands aiutassero la voce di Stevenson a far rabbrividire i suoi due ascoltatori. Ma anche nel testo questa qualità narrativa, con la sua forza di racconto orale, è in effetti presente. Nell’originale; ma assai meno in traduzione. Il fatto è che l’italiano è una lingua letteraria, una lingua «scritta». Le vecchie traduzioni dell’Isola del tesoro, per quanto scrupolose e corrette, mantengono ben poco della freschezza verbale del testo di Stevenson.
Ci riesce invece la nuova traduzione di Massimo Bocchiola, pubblicata nei Supercoralli Einaudi, che accantona la «letterarietà» dell’italiano scritto e che reinventa la magia delle parole a cui Stevenson affida le emozioni di Jim e il racconto «accanto al fuoco» delle sue avventure.
Paolo Bertinetti, La Stampa 15/10/2014