Andrea Grignolio, La Stampa 15/10/2014, 15 ottobre 2014
INVITARE VANDANA SHIVA È STATO UN GRAVE ERRORE DELL’EXPO. GLI OGM SONO UNA BUONA COSA
[Intervista a Shenggen Fan] –
Indovina chi viene a cena all’Expo? Non vorrebbe essere una domanda retorica, nonostante il celebre film, eppure lo è. Il tema per questa edizione è un coraggioso «Nutrire il pianeta, energia per la vita», secondo la tradizione delle esposizioni, appunto, «universali». In effetti nutrire entro il 2050 oltre 9 miliardi di persone non è un tema locale e nemmeno «glocal», ma una delle sfide a cui scienza e politica dovranno dedicarsi con creatività e ingenti finanziamenti.
L’Expo dovrebbe essere il terreno per far germogliare questi semi. Purtroppo non è l’impressione che emerge dal dibattito sull’opportunità della candidatura di Vandana Shiva come «Ambassador» dell’Expo, seguito alle imbarazzanti rivelazioni del «New Yorker» sulla veridicità di molte affermazioni dell’attivista indiana, simbolo della lotta agli Ogm in nome di un improbabile ritorno al passato.
Ci sono in sperimentazione piante Ogm capaci di produrre molecole terapeutiche per diverse malattie, ma all’Expo ci si chiede ancora: «Ogm sì o no?». Per avere risposte attendibili - basate su dati controllabili e pubblicazioni scientifiche - occorre rivolgersi a studiosi «veri», che non mancano, e che potrebbero diventare - loro sì - autorevoli ambasciatori dell’Expo: basta pensare a Patrick Moore, fondatore di Greenpeace, a Ingo Potrykus, il papà del riso «golden rice» ricco di vitamina A, ai teorici della coesistenza tra Ogm e bio, gli americani Pamela Roland e Raoul Adamchak (intervenuti su queste pagine). O, ancora, in ambito indiano, a Shivaji Pandey, direttore alla Fao della divisione per la produzione vegetale, o a Subbanna Ayyappan, segretario del dipartimento ricerche del ministero dell’Agricoltura. Oppure all’economista cinese Shenggen Fan, direttore dell’International Food Policy Research Institute di Washington, famoso per le ricerche sulle strategie con cui aiutare le popolazioni più povere.
Dottor Shenggen Fan, gli attivisti anti-Ogm si scagliano contro il cotone Bt, icona del biotech: secondo lei, qual è stato il reale impatto della sua introduzione in India?
«L’impatto positivo è stato documentato da vari studi, che confermano guadagni in termini di resa (fino al 50%), reddito lordo (+32%), riduzione dei costi e dei pesticidi (-38%). Ciò è stato documentato anche per le regioni-chiave del cotone indiano, tra cui Andhra Pradesh e Maharashtra».
Gli studiosi sanno che i semi Ogm sterili, i «terminator», in realtà non esistono e che la relazione tra Ogm e suicidi dei contadini indiani non è vera: perché, secondo lei, queste leggende sono così diffuse e cosa possono fare gli scienziati per contrastarle?
«Le ricerche del nostro istituto hanno documentato la mancanza di correlazione tra Ogm e suicidi. Quando queste tragedie emersero, il cotone Bt non era nemmeno disponibile ai contadini: sfortunatamente, però, chi si opponeva all’utilizzo delle biotecnologie ha messo in relazione due “controversie coincidenti” e correggere queste idee sbagliate richiede enormi sforzi».
In Europa ci sono molti movimenti «naturalisti», che anelano a un ritorno all’agricoltura totalmente «verde», opponendosi alla ricerca. Considerando sfide quali la fame e i cambiamenti ambientali, come considera le biotecnologie? Pericolo o speranza?
«Il mondo deve guardare a una popolazione di 9 miliardi nel 2050 e tutti gli approcci ragionevoli e sostenibili per la produzione di cibo devono essere considerati: probabilmente una combinazione sarà la soluzione migliore. Oggi la maggior parte delle economie considera le innovazioni tecnologiche come foriere di sviluppo socio-economico, ma anche la politica e il mercato hanno il loro ruolo nell’assicurare che si realizzino tutti i benefici previsti. È difficile stabilire quanta parte di popolazione sottoscriverebbe che i “tempi passati” siano preferibili alla tecnica, ma c’è molta letteratura scientifica che dimostra come investimenti pubblici e privati nella tecnologia agraria abbiano permesso un ritorno economico del 30%».
Se lei fosse il presidente di Expo2015, quanta parte dedicherebbe agli Ogm?
«Gli Ogm hanno conosciuto importanti successi e ne avranno ancora nel futuro, ma ci sono anche altre tecnologie per la crescita dei raccolti e le altre realtà economico-sociali vanno rafforzate. Gli Ogm, quindi, dovrebbero avere un ruolo relativamente piccolo nell’Expo: dovrebbero essere messi in un più ampio contesto, di sfide e di soluzioni».
Andrea Grignolio, La Stampa 15/10/2014