Andrea D’Addio, la Repubblica 15/10/2014, 15 ottobre 2014
BLIXA BARGELD HA RICOSTRUITO IN TEATRO I RUMORI DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE. LO VEDREMO IN ITALIA DAL 28 NOVEMBRE
[Intervista] –
La prima guerra mondiale? Non l’ho studiata benissimo, né a scuola né dopo. Quando però lo scorso autunno la regione delle Fiandre mi ha chiesto di realizzare un’opera dedicata ai cent’anni dal suo inizio ho accettato, convinto che ce l’avrei fatta. Ho costruito la mia carriera sulla ricerca: non potevo cominciare ad aver paura delle sfide a 55 anni». Blixa Bargeld non è mai stato un artista convenzionale.
Dopo avere fondato nel 1980 gli Einstürzende Neubauten, pionieri della musica industrial , dal 1983 è stato anche il chitarrista dei Bad Seeds, la band di Nick Cave. Questo solo per rimanere ai suoi due progetti più noti. In mezzo lavori da solista, partecipazioni a film (un cameo in Il cielo sopra Berlino ) e ora una proficua collaborazione con l’italiano Teho Teardo. Lo incontriamo nel suo ufficio, quinto piano di uno dei tanti palazzi restaurati e ormai alla moda di Mitte, centro di Berlino. Fuori c’è il primo temporale della stagione e dobbiamo aspettare che si tolga impermeabile e cappello. «Sono arrivato in bicicletta, non abito lontano e detesto perdere tempo in taxi. Piove? Non è importante, sono tedesco».
L’8 novembre Blixa Bargeld sarà assieme agli Einstürzende Neubauten a Diksmuide, 130 km ad ovest di Bruxelles, per la prima di Lament, il suo progetto sulla prima guerra mondiale. «Non si tratta né di opera né di musical, ma di una composizione per palcoscenico». Che sarà raccolta in un album in uscita l’11 novembre. Quindi girerà in un tour europeo che toccherà l’Italia il 28 novembre a Bologna, il 29 a Torino e il 30 a Roma.
Einstürzende Neubauten e prima guerra mondiale: cosa dobbiamo aspettarci da questo strano connubio?
«Nella sua tragicità, la prima guerra mondiale è stata la prima occasione di viaggio e confronto migliaia di cittadini europei. Lingue, rumori, modi di vivere: il mondo, e l’Europa in particolare, non quella degli aristocratici ma dell’uomo comune, cominciò a conoscere se stessa nella sua molteplicità. In Lament abbiamo cercato di riunire concettualmente queste diverse pulsioni scavando nella storia dei suoni dell’epoca per riaffermarli nel presente».
Perché dal Belgio hanno pensato a voi?
«Forse volevamo dei tedeschi, ovvero coloro che persero la guerra. Però potrei anche rigirare la domanda: a chi altro avrebbero potuto chiedere un lavoro del genere se non a noi?».
Che tipo di ricerca ha fatto?
«Ho avuto a disposizione due ricercatori scientifici che ho guidato e coordinato affinché trovassero il materiale audio di cui avevamo bisogno. Doveva essere qualcosa di trascurato a cui nessun altro avrebbe pensato».
Cosa ha scoperto?
«Prima di tutto che il sonoro di ogni video registrato ai tempi della prima guerra mondiale è falso. All’epoca non si incideva il sonoro in diretta, ogni filmato arrivato ai giorni nostri è il frutto di un lavoro di post-produzione. C’era però il fonografo di Edison e i tedeschi lo utilizzarono a livello sperimentale con i prigionieri. Ai quali fu chiesto di leggere, ognuno nella propria lingua, la parabola del Figliol prodigo. Le loro voci, unite ad un motivetto vocale del XVI secolo realizzato sullo stesso testo dal compositore Jacob Clemens non Papa che visse proprio a Diksmuide, sono alla base del pezzo Lament. Abbiamo scelto questo titolo per ricollegarci alla tradizione biblica del lamento, composizioni musicali da sempre collegate al dolore e al lutto».
Dove ha trovato questo materiale?
«Buona parte negli archivi della Humboldt Universität di Berlino, della radio nazionale e del museo della storia militare di Dresda. Per i testi ho preso da tante fonti diverse, c’è Marlene Dietricht che canta l’inno antibellico Sag mir wo die Blumen sind , ci sono i telegrammi che si scrissero il kaiser Guglielmo II e lo zar Nicola II e gli ironici testi di Joseph Paul, scrittore tedesco dell’epoca che si immaginò la prima guerra mondiale raccontata attraverso un music hall composta solo da rumori di animali. Non c’è però solo Germania. Per un pezzo abbiamo rielaborato due canzoni di una banda musicale soprannominata The Harlem Hellfighter che venivano fatte ascoltare al primo reggimento afroamericano statunitense che prese parte alla guerra. Per quanto riguarda gli oggetti da cui abbiamo ricavato i suoni, la nostra ricerca è stata comprensiva, abbiamo studiato attentamente la vita quotidiana e gli oggetti che si utilizzavano in quegli anni prendendo tutto ciò che ci serviva».
Come lo porterete in scena?
«Probabilmente sarà l’unico nostro lavoro che anche altre band potranno portare in scena. Come esibizione live, Lament potrebbe sopravvivere agli Einstürzende Neubauten. L’importante è che il palco sia grande, è uno spettacolo che ha bisogno di respirare. Porteremo in scena tutto Lament più tre canzoni del nostro passato, tra cui Let’s do it dada che, per le sue connessioni con Luigi Russolo e i futuristi, ci sembra collegata a questo lavoro sulla prima guerra mondiale».
Andrea D’Addio, la Repubblica 15/10/2014