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 2014  ottobre 14 Martedì calendario

ANIME NERE: STORIE DI GENTE SADICA E BALZANA, A SUO AGIO CON ESPLOSIVI E DETONATORI, STORIE D’ANTISEMITI, DI RAPINATORI E TOSSICI, DI MEGALOMANI

Senza tutti quegli «scenari inquietanti», evocati e poi lasciati cadere, e senza tutti quei manierismi da giornalismo d’inchiesta, Anime nere. Personaggi, storie e misteri dell’eversione di destra di Massimiliano Griner (Sperling & Kupfer 2014, pp. 398, 18,00 euro, ebook 9,99 euro) sarebbe un libro perfetto. Invece d’un altro libro di storia segreta, dove i disegni sono sempre «oscuri» e i golpe «striscianti», poteva essere una finestra di Magritte affacciata sulle allucinazioni politiche degli anni Settanta in Italia. Griner avrebbe potuto puntare uno sguardo impassibile, à la Buster Keaton, sul fantasy sanguinario e sociopatico del neofascismo italiano, Un libro memorabile, come La letteratura nazista in America di Roberto Bolaño, o Storia universale dell’infamia di Jorge Luis Borges.
Anche così, beninteso, Anime nere è un libro scritto con passione, che si legge con profitto. Griner racconta la storia nefasta del neofascismo radicale attraverso le biografie dei personaggi principali (da Stefano delle Chiaie detto «er Caccola» a Gianni Nardi, da Giancarlo Esposti a Maurizio Murelli) e illustrandone le imprese (il golpe Borghese, le stragi, le attività mercenarie in America latina, gli stupri e le rapine). Sono storie esemplari, scritte in lingua asciutta, salvo appunto qualche caduta qua e là nel «misterismo». Ci sono le morti plurime e presunte di Gianni Nardi, un guerrigliero nero dei primi Settanta: era proprio il suo cadavere, o non era piuttosto una salma per così dire compiacente, la carcassa seppellita a Palma di Majorca nel 1976, dopo un incidente d’auto (tanto che anni dopo, quando ci fu l’esame del DNA e si scoprì che lì sepolto c’era proprio lui, Nardi, si cominciò a pensare che in realtà ci fosse finito, esaurite tutte le astuzie, soltanto molto dopo la prima sepoltura)?
C’è l’ex partigiano Carlo Fumagalli, poi fondatore del MAR, il Movimento d’azione rivoluzionaria, una banda strafascista, che nei ricordi d’un amico dei vecchi tempi, ricompare «gonfio, la fronte stempiata, le spalle incassate, i capelli imbiancati». Ci sono personaggi noti e meno noti — alcuni proprio mai sentiti. Ci sono giornalisti fasulli, come il fondatore dell’agenzia Aginter Presses, l’ex Oas Yves Guérin-Sérac; e ci sono giornalisti «bruciati» da scoop più grandi di loro, come Giorgio Zicari, in forza al Sisde, alla P2 e al Corriere della sera. Sono storie di gente sadica e balzana, a suo agio con esplosivi e detonatori; storie d’antisemiti, di rapinatori e tossici, di megalomani. Ci sono tifosi dei nazionalisti armati dell’Ira e dell’OLP, fondatori superstiti del Movimento politico Ordine nuovo, loffietti che si trasformano in criminali di statura internazionale e innumerevoli fan di Julius Evola, caricatura neonazista d’un filosofo.
C’è Pierluigi Pagliai, che in Italia è un loffietto qualsiasi, ma che in Argentina e Bolivia diventa un torturatore e «consigliere militare» e si tira addosso la maledizione della Cia e viene liquidato dai servizi italiani con un colpo di rivoltella alla gola. C’è lo stupro di Franca Rame, e ci sono gli stupri e gli omicidi del Circeo: episodi talmente orribili da lasciare senza fiato, persino in un mondo popolato di killer politici seriali e di criminali per così dire «ideopatici». Ci sono gli attentati. Ai treni, alle sedi dei partiti di sinistra, alle banche. Ci sono sanguinosi regolamenti di conti tra neofascistissimi di scuole concorrenti.
È un viaggio, coraggioso e terribile, nel cuore della tenebra nazionale. Griner poteva farne un classico, ma, anche così, centra più o meno l’obiettivo. Anche se le storie sono note e i personaggi per lo più già visti, anche se i «misteri d’Italia» rimangono tali, benché Griner suggerisca una pista Gladio (non so dire quanto convincente) per la strage di poliziotti a Peteano nel 1972, Anime nere si legge d’un fiato. È un’Italia, quella raccontata da Griner, di cui ci siamo scordati troppo in fretta, così come ci siamo dimenticati troppo in fretta l’Italia nichilista delle Brigate rosse, di Prima linea e del «terrorismo diffuso». Eppure sono Italie eterne, Italie irriducibili, che periodicamente tornano sulla scena, invasate, senza freni morali, encefalogramma piatto, capaci di tutto.
Diego Gabutti, ItaliaOggi 14/10/2014