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 2014  ottobre 14 Martedì calendario

COME MAI LA GIANNINI, MINISTRO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, HA VERSATO 426 MILA EURO ALLA FONDAZIONE DI LUIGI ZANDA, CAPOGRUPPO AL SENATO DEL PD?


La cifra complessiva è consistente- oltre 1,75 miliardi di euro- e oltre metà di quella somma come sempre è conquistata da due soli grandi enti pubblici: il Consiglio nazionale delle ricerche (583,1 milioni) e l’Agenzia spaziale italiana (536,4 milioni). Somme che avrebbero dovuto essere incassate dai beneficiari da tempo, ma solo il 30 settembre scorso il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca, ha trasmesso alle Camere per il relativo parere la sua proposta di riparto del “Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca per l’anno 2014”. Scelte che in gran parte non sono discrezionali, perchè molti capitoli di quel contributo generale sono regolati da leggi e decreti vari. Era obbligatorio ad esempio dare 14 milioni alla società Elettra Sincrotone Trieste scpa, così come non si poteva fare altro che versare i 14,2 milioni previsti ai due enti di ricerca del settore scolastico- Indire e Invalsi, e così per molti altri. Anche con quegli argini rigidi il potere di scelta del ministro Stefania Giannini non era banale. E lei ha scelto, modificando quasi sempre le assegnazioni non rigide per legge rispetto alle scelte fatte nel 2013 e negli anni precedenti dai predecessori dei vari governi che si sono passati la mano. A molti progetti e programmi scientifici ha assegnato meno risorse dell’anno precedente, a qualcuno di più. Qualche programma si è eclissato, qualcun altro è invece entrato per la prima volta nella lista dei beneficiari. Quasi sempre però dentro lo stanziamento dei soliti beneficiari: il Cnr e l’Asi già citati, poi l’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), che si porta a casa 277 milioni di euro, l’Istituto nazionale di astrofisica (88,2 milioni), l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (51,8 milioni), il Consorzio per l’area di ricerca scientifica e tecnologica di Trieste (26,7 milioni di euro) l’Istituto nazionale di ricerca metrologica (19,9 milioni), l’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (17,7 milioni), la stazione geologica Anton Dohrn (15,2 milioni) e altri ancora con stanziamenti minori. Si tratta sempre di enti pubblici, e solo una piccola quota è destinata a consorzi, fondazioni e società private. Sono pochissime le innovazioni della Giannini, e sostanzialmente riguardano due contributi inseriti in tabella per la prima volta: 255.747 euro al China-Italy Innovation forum, che dipende però da accordi fra i due governi. E i 426.245 euro assegnati alla Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII. Quei soldi sono stati assegnati per costruire una «infrastruttuira di ricerca delle scienze religiose». Nella scheda inviata in Parlamento la Giannini spiega che la fondazione beneficiaria ha come finalità «quella di dotare il sistema della ricerca italiana di una infrastruttura di eccellenza nell’ambito della ricerca storico-religiosa europea ed internazionale, basata sulle dotazioni scientifiche e sulla rete di rapporti internazionali della fondazione. Tale infrastruttura offrirà uno strumento di innovazione scientifica e di conoscenza dell’incidenza del dato religioso nella società contemporanea». A parte l’evidente fumosità della motivazione (che cosa è una infrastruttura della ricerca religiosa?), la Giannini non cita alcun elemento in grado di capire cosa sia questa fondazione. Eppure non è così neutra per il parlamento. Il cda è presieduto dall’ex giudice costituzionale Valerio Onida. E c’è un ex membro del governo di Mario Monti come Piero Giarda, il presidente della Cassa depositi e prestiti, Franco Bassanini, ma soprattutto il capogruppo Pd in Senato, Luigi Zanda, in evidente conflitto di interessi proprio con il decreto Giannini. Zanda deve dare infatti indicazioni ai suoi sul parere da fornire a una proposta di stanziamento che beneficia una fondazione di cui è consigliere di amministrazione. L’incompatibilità è palese, ma naturalmente può essere risolta o con le dimissioni di Zanda dal cda della fondazione beneficiaria o con l’esclusione della stessa fondazione dal riparto di quei contributi.