Marco Sodano, La Stampa 14/10/2014, 14 ottobre 2014
COME TRASFORMEREMO IL TELEFONINO IN UNA CARTA DI CREDITO
Twitter ha chiuso un accordo con la banca francese Bpce: basterà un cinguettio - una ditata sullo smartphone, insomma - per inviare denaro a chiunque, purché abbia a sua volta un account Twitter.
Il servizio sarà presentato oggi a Parigi nei dettagli tecnici (la banca già consente il trasferimento di denaro attraverso gli sms), ma l’annuncio è sufficiente per capire che l’ultima rivoluzione digitale ha già fatto il suo corso: non ce l’abbiamo in casa ma in tasca. I cittadini francesi potranno scambiarsi denaro attraverso il sito di microblogging.
Basta avere un conto corrente di riferimento - in qualunque banca, non solo in Bpce - e non è necessario conoscere il numero di telefono del destinatario. La sicurezza è garantita dal sistema bancario: se già compriamo libri, viaggi o vestiti attraverso Internet, non si vede perché non dovremmo fidarci dei tweet.
C’è stato un periodo in cui il computer inghiottiva, uno dopo l’altro, gli oggetti della nostra scrivania: il calendario, l’agenda, il dizionario, l’orologio, i post-it, il blocco note, la macchina per scrivere. In ordine sparso, la storia degli Anni Novanta e dei primi anni Duemila. Poi Steve Jobs ha presentato l’iPhone e ha introdotto nel nostro vocabolario, e nelle nostre abitudini, lo smartphone.
Grazie a quella innovazione il telefono ha fagocitato anzitutto il computer (e tutti gli accessori che avevano già traslocato nell’hard disk): per leggere o inviare un’email non è stato più necessario tornare a casa o in ufficio, mentre il fax aveva già completato la sua parabola, da oggetto ultratecnologico a reperto preistorico nel giro di un decennio.
Poi è toccato a quasi tutto il resto: sono finiti nello smartphone il walkman e la collezione di dischi, la macchina fotografica e gli album fotografici, perfino il televisore (per chi si accontenta di uno schermo piccolo), i libri di ricette. E avanti: i biglietti aerei, le carte fedeltà del supermercato, la cartella clinica, le mappe, dallo stradario all’atlante, la biblioteca.
E c’è dell’altro. Se non riesce a inghiottire un oggetto per limiti fisici, lo smartphone impara a controllarlo. È andata così con il riscaldamento, la lavatrice, l’impianto di illuminazione, l’irrigazione dei giardini e l’antifurto. Tutto chiuso nella scatoletta di vetro e metallo (o plastica) che ci portiamo in tasca.
L’accordo per i pagamenti chiuso da Twitter significa che ora lo smartphone s’è inghiottito anche la banca: perché la banca - per i comuni mortali, non per i banchieri - è la capacità di spostare il denaro rapidamente e ovunque, non il forziere di Zio Paperone. E non c’è nulla di più rapido della rete, quando funziona. Presto, naturalmente, arriverà anche la concorrenza: il sistema Apple Pay potrebbe debuttare nei prossimi giorni, e anche Facebook inaugurerà a breve un servizio analogo.
Tutto per la gioia di chi gestisce i servizi online: avrà un’idea sempre più precisa dei nostri gusti - quanto siamo disposti a spendere e dove preferiamo spenderlo - semplicemente analizzando il flusso dei pagamenti. Tutto più semplice, insomma, a patto di tenere in considerazione alcuni rischi: primo che, perso il telefono, avremo perso anche il controllo tutto ciò che il telefono s’è inghiottito. Secondo: si direbbe che lo smartphone punti dritto a inghiottirsi anche il nostro cervello. In qualche caso pare ci sia perfino riuscito.
Marco Sodano, La Stampa 14/10/2014