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 2014  ottobre 13 Lunedì calendario

L’APPETITO DI PECHINO LA CONFUSIONE DI ROMA

Nel febbraio del 2010, un negoziato senza precedenti iniziò ai bordi della piscina dell’hotel Four Seasons di Pechino. È lì che l’allora leader della China Investment Corporation (Cic) Lou Jiwei, oggi ministro delle Finanze, aveva dato appuntamento a una delegazione italiana di alto profilo. A guidarla era l’allora ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Quando gli ospiti venuti da Roma arrivarono, Lou uscì dall’acqua e iniziò a discutere. Quel giorno si parlò dell’ipotesi dell’ingresso di Cic con una piccola quota in Cassa depositi e prestiti. Non se ne fece nulla, ma i rapporti fra diplomazia e affari sull’asse Roma-Pechino non fecero che iniziare. Da allora il dialogo fra autorità economiche italiane e la controparte di Pechino non si è mai interrotto. Questa settimana, quando il premier Li Keqiang arriva in visita da Matteo Renzi, segnerà forse il punto più alto raggiunto finora in questa stagione di convergenze italocinesi. L’ultimo investimento di una società a controllo pubblico di Pechino in Italia potrebbe riguardare Saipem, la società di infrastrutture dell’esplorazione petrolifera che Eni ha messo in vendita. L’interesse da parte asiatica è già stato segnalato attraverso qualche banca d’investimento, anche se non è detto che trovi risposta. Nel frattempo si è allungata la lista degli investimenti cinesi in società italiane a controllo pubblico, specie se legate alla fornitura di energia. Affari e Finanza questa settimana le ricorda: c’è l’ingresso di State Grid Corporation of China in Cdp Reti, che controlla le infrastrutture di Terna e Snam; l’ingresso di Shanghai Electric in Ansaldo Energia; l’interesse cinese per Ansaldo Breda (treni) e Ansaldo Sts (sistemi di trasporto); la presenza del capitale di Pechino in uno dei fondi F2i della Cassa depositi, non lo stesso ma contiguo o quello che controlla la società di rete della banda larga Metroweb oggi al centro di grandi manovre con Telecom Italia. Quest’ultima è una posizione di importanza strategica che può tornare utile appena gli enti locali saranno costretti a mettere sul mercato quote delle migliori società partecipate. Sono troppi indizi per non fare una prova. L’Italia sarà sì guardata con sospetto dagli investitori occidentali, ma ha qualcosa che piace ai cinesi: le tecnologie dell’energia e delle telecomunicazioni, la possibilità di entrare nella rete delle municipalizzate, l’accesso alle interconnessioni europee. Da parte di Pechino c’è una campagna strategica e coordinata, ma è meno chiaro che ve ne sia una anche da parte italiana: chi decide, chi ne discute, chi si coordina con chi? Non è chiaro e forse non esiste una risposta, nel caos istituzionale italiano dove chi può, appena può, crea dei fatti compiuti. È appena il caso di ricordare però che la regola numero uno quando si compra - non concentrare tutto il rischio su un solo investimento forse dovrebbe valere anche al contrario. Non è prudente vendere tutto sempre e solo allo stesso compratore, specie se sa giocare a poker e noi no.
Federico Fubini, Affari&Finanza – la Repubblica 13/10/2014