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 2014  ottobre 12 Domenica calendario

I romani avevano progettato gli acquedotti per portare l’acqua nelle case, primo e inequivocabile segno di civiltà: arcate sulle quali scorrevano le tubature delle acque

I romani avevano progettato gli acquedotti per portare l’acqua nelle case, primo e inequivocabile segno di civiltà: arcate sulle quali scorrevano le tubature delle acque. Avevano una sorta di devozione e dedizione all’acqua gli antichi: i bagni pubblici, le abluzioni giornaliere, le terme, luoghi in cui si decidevano i destini della patria o degli uomini. Si ordivano complotti sotto l’effetto benefico di acque termali, coperti dalla rassicurante nebbiolina che aleggiava nell’aria; si immaginavano delitti con la complicità dell’acqua: ricordate - ma qui parliamo di tempi non antichi - l’immagine di Marat trafitto dal pugnale nella vasca da bagno? Aveva ragione Talete, nel settimo secolo A.C., quando affermava che ogni forma di vita nasceva dall’acqua, anche se immaginava il mondo come un’immensa terra galleggiante sull’acqua. Non era andato però molto lontano dalla realtà visto che, secondo recenti studi, tra fiumi e acqua sotterranee si riversano verso gli oceani oltre 40 miliardi di m3 di acqua annui. Ma l’acqua che arriva a noi passa per un colabrodo: goccia dopo goccia un fiume d’acqua viene sprecato. Il problema è serio: immaginate che il vostro rubinetto goccioli: se mettete una pentola sotto la perdita vedrete che a poco a poco si riempie tutta, nel giro di poche ore raggiunge 5 litri. Moltiplicate le perdite per tutti gli acquedotti italiani e raccoglierete miliardi di litri. Per il consumo domestico, l’Italia consuma circa 175 litri di acqua al giorno (63.875 l’anno) per individuo, e arriva a perderne circa il 30%. Inefficienze nella manutenzione, tubature obsolete, rattoppi lungo le linee, collegamenti illegali, tutto contribuisce a perdere acqua e sottrarla agli usi comuni. Siamo lontani dall’acqua «utile et humile et pretiosa et casta», di San Francesco o dalle «chiare fresche e dolci acque» del Petrarca: l’inquinamento è in agguato perenne, e si diffonde come un virus; le deviazioni dei corsi d’acqua fanno il resto. Sarà per questo che la molle natura dell’acqua, («mollis aquae natura») come la definisce Lucrezio nel suo "De Rerum Natura", si ribella e si rovescia all’improvviso: straripamenti, alluvioni, piogge violente. Leonardo Da Vinci aveva studiato un piano per regolare il flusso delle acque, immaginando la Terra attraversata da fiumi e acque sotterranee, come fossero le vene del corpo umano. Il problema, come aveva ben individuato Vitruvio tredici secoli prima, era distribuirle in superficie e regolarne il flusso. Un’attenta distribuzione delle acque e il mantenimento di un bacino di riserva sono indispensabili nella programmazione di una sana agricoltura: la siccità è sempre in agguato, la porzione di terreno fertile viene sempre più erosa. Lo scenario mondiale è catastrofico. Il Brasile è spesso piegato dalla siccità, un dramma che sta colpendo quasi dieci milioni di persone; in parte degli Stati Uniti, la peggiore siccita’ dal 1956 ha bruciato 12 miliardi di euro nel settore agricolo, mentre le alluvioni in Russia e in Ucraina annullano la raccolta di cereali. Siccità e alluvioni, tutto ruota intorno all’acqua, che stenta a difendersi dalla minaccia dell’uomo che la inquina e quando riesce a preservarla e a portarla nelle case la perde durante il percorso, lasciando le tracce dell’incuria sparse sul territorio, da Nord a Sud, senza distinzione di luoghi. Avremmo bisogno di un bagno nell’acqua santa, quella che benedice e conforta, anche con poche gocce, senza sprechi...