Adriano Barrì, CorriereEconomia 13/10/2014, 13 ottobre 2014
PIAZZA AFFARI I CAMPIONI DI GENEROSITÀ SOSTENIBILE
Borse in altalena, ma nel lungo termine prevale l’alto rendimento. Con l’inizio del mese di ottobre la performance di Piazza Affari si è progressivamente deteriorata sino a perdere quasi tutto il guadagno accumulato da inizio anno, restando sempre una delle migliori piazze finanziarie europee (Francoforte -7%, Parigi -5%). Insomma i tempi sono ardui per gli investitori a caccia di opportunità, dopo che la politica monetaria di tassi zero della Bce ha ridotto al lumicino le opportunità di rendimento. Ma se la performance dell’indice Ftse Mib non brilla, all’interno del listino non mancano le occasioni.
Ricette
La ricetta per scovare i titoli ad alto rendimento prevede almeno due ingredienti: un solido trend di crescita dei prezzi di Borsa e un generoso dividendo prospettico. Con un simile pedigree troviamo, per esempio, Azimut, società leader in Italia nella gestione del risparmio privato, che nel corso degli ultimi 10 anni ha visto crescere le proprie quotazioni mettendo a segno un rialzo del 570% (cedole comprese). Entrata in Borsa il 7 luglio 2004 a 4 euro, oggi ne vale 18. Un tesoretto a cui si dovrebbero aggiungere i dividendi in arrivo e il cui rendimento medio atteso nei prossimi 3 anni è di poco inferiore al 5%. Hanno moltiplicato per 5 volte il proprio valore anche Brembo e De Longhi entrambe molto generose sul fronte delle cedole.
Ma la pattuglia delle società blasonate sul piano del rendimento è piuttosto nutrita con una trentina di titoli capaci di mettere a segno una performance assoluta di oltre il 50%, ovvero il 5% all’anno. Corriere Economia ha messo in rassegna i rendimenti totali, inclusa la distribuzione del dividendo e il successivo reinvestimento, dal 2004 a oggi, delle aziende quotate in Piazza Affari con una capitalizzazione superiore al miliardo di euro. Il dato più significativo è la quasi totale assenza dalla classifica di società del settore finanziario, banche e assicurazioni. Uniche eccezioni Azimut e Mediolanum che si sono distinte negli anni per l’unicità del loro modello di business che ha consentito, nonostante le turbolenze, di chiudere costantemente i bilanci con risultati positivi.
Anche nel 2014 le cose vanno a gonfie vele: Azimut ha chiuso il mese di settembre con una raccolta netta positiva per 284 milioni di euro portando il dato del terzo trimestre a circa 1 miliardo di euro. Da inizio anno la raccolta netta raggiunge i 4,5 miliardi, più che raddoppiata rispetto ai primi nove mesi dell’anno scorso. Anche Mediolanum ha il vento in poppa: da inizio anno la raccolta netta si attesta al livello record di 3,5 miliardi, il 7% in più rispetto al record storico registrato nello stesso periodo 2013. Per la società guidata da Ennio Doris qualche turbolenza potrebbe arrivare dalla vicenda Fininvest. La holding della famiglia Berlusconi dovrà cedere la quota eccedente il 9,9% della propria partecipazione in conseguenza di disposizioni di Bankitalia e Ivass. E Fininvest (ultimi dati di bilancio) risulta avere una quota del 30,2%.
A farla da padrona tra le società ad alto rendimento sono i titoli industriali attivi in mercati di nicchia, multinazionali tascabili come Brembo De Longhi, e Danieli. Sul gruppo friulano attivo nella costruzione di impianti siderurgici, si è recentemente espressa Mediobanca, confermato il giudizio neutral e mettendo nero su bianco qualche preoccupazione per gli effetti della guerra valutaria sugli utili. A fare compagnia ai titoli industriali l’energia e i servizi pubblici locali. Terna, società di gestione della rete elettrica, vanta una crescita del 272% in 10 anni del valore di Borsa e nei prossimi 3 anni si stima possa rendere il 5,2% all’anno solo di dividendi. Un impegno preso personalmente dall’amministratore delegato, Matteo del Fante, che ha dichiarato il mantenimento della politica del dividendo anche nel futuro e in caso di peggioramento della congiuntura. Grazie alla cura Marchionne anche il titolo Fiat, fa parte del club dell’alto rendimento: dal 2004 a oggi il valore della società si è moltiplicato per due. Ma sul titolo che da oggi cambia nome in Fca e si quota a Wall Street gli analisti sono divisi: Jp Morgan ha tagliato il prezzo obiettivo a 8 euro da 8,9 euro, mentre Mediobanca ha invece ribadito la raccomandazione Outperform (farà meglio del mercato, ndr) con un prezzo obiettivo a 10,50 euro.