Wanda Marra, il Fatto Quotidiano 11/10/2014, 11 ottobre 2014
LA MINORANZA DEMOCRAT E IL PARTITO DELLE FONDAZIONI
La scissione? Non si può fare. Per fondare un partito, ci vogliono i fondi. Gli immobili? Sì, è vero, ce li abbiamo, ma non sono soldi liquidi”. Un autorevole esponente bersaniano le motivazioni per rimanere nel Pd renziano, leaderistico e poco democratico (almeno per come lo vedono le minoranze ex maggioranza), le fa più economiche che politiche. La presa del Nazareno da parte di Matteo Renzi per molti resta un incubo. Un incubo che torna in forme diverse: la sinistra del partito ha dovuto votare la fiducia al governo e per giunta in bianco su un tema fondativo, come il lavoro. Lo spazio per nuovi soggetti politici per ora non c’è.
Lo sanno un po’ tutti gli oppositori. Eppure la scissione resta un sogno. Tanto accarezzato, quanto negato. “La politica è la massima espressione delle attività culturali”. Ugo Sposetti, l’ultimo tesoriere dei Ds, la mette così, raccontando le attività di un nutrito gruppo di Fondazioni e associazioni, Case del Popolo, Circoli culturali e Operai, riunite in una serie di iniziative adeguatamente illustrate in un sito “La Notte Rossa”.
Lo scorso weekend in giro per l’Italia ci sono state alcune cene di fundraising (ricavati da devolversi ala ricostruzione della Casa del popolo de L’Aquila). Stasera invece ad Alessandria ci sarà un cuoco d’eccezione: il vice ministro all’Economia, Enrico Morando, che si produrrà nel pollo alla Marengo (tanto per ricordare una delle storiche battaglie di Napoleone , il 14 giugno del 1800).
Ma le iniziative vanno avanti. Sono iniziate un anno fa, solo a Bologna e dintorni e adesso cominciano a espandersi per tutta l’Italia. A scorrere la lista delle Fondazioni promotrici si scopre che dentro ci sono le detentrici “ufficiali” degli immobili che ancora restano ai fu Ds, di cui Sposetti è stato l’ultimo tesoriere. Un tesoretto da mezzo miliardo di euro che potrebbe tornare utile. Localmente partecipano anche Arci, Libera, Acli. E pure Legacoop. A proposito di potere rosso. Per dirla con Sposetti: “È lì dentro che vive il Pd”. Non certo alla Leopolda e dintorni, insomma. Dove porterà tutto questo?
Per adesso, non è chiaro. Ma intanto, le cose si mettono in movimento. Si comincia a creare gli spazi, a sondare il consenso. Massimo D’Alema, rottamato eccellente, a fare la parte del dinosauro non ci sta. Pippo Civati ventila la scissione un giorno sì e l’altro pure. Stefano Fassina non fa mistero della sua differenza assoluta con i contenuti del partito di cui fa parte. E Maurizio Landini potrebbe essere l’asse di sfondamento nel mondo che fa capo al sindacato. Per adesso sono poco più che chiacchiere. Ma c’è una variabile che torna spesso nei discorsi di chi si interroga sulla reale fattibilità della scissione. Ed è la legge elettorale. Se la legislatura dovesse finire adesso, i motivi per fondare una nuova formazione politica ci starebbero tutti. Prima di tutto perché Renzi non fa mistero di non avere alcuna intenzione di ricandidare persone a lui non gradite. E poi perché se ci fosse il Consultellum con il sistema delle preferenze alcuni vecchi leader, come Pier Luigi Bersani, potrebbero ancora fare il pieno. Da qui le perplessità di molti dei giovani, che sono poco noti, come, e più, dei colleghi renziani. Ma potrebbe essere comunque un’estrema difesa in caso di elezioni anticipate. O, chissà, un motivo per provocarle.
Wanda Marra, il Fatto Quotidiano 11/10/2014