Mattia Feltri, La Stampa 11/10/2014, 11 ottobre 2014
“ANDIAMO IN TV, APRIAMO LE SEDI” IL MOVIMENTO VUOLE FARSI PARTITO
Oddio, stanno diventando buoni. O almeno ci provano: c’è il formaggiaio sardo col pecorino a pezzetti sul vassoio. «Guardi, sono un giornalista...». Ma allora due pezzi, dice, e sarà l’arte del commerciante: infatti indugia in spiegazioni sulla cagliata e la stagionatura, un piacere palatale da estendere anche alla casta farabutta dell’informazione. Si beve il «caffè migliore del mondo», è il caffè equo e solidale, offerta libera e al cronista raccomandazione dolcemente paternalistica di fare il mestiere onestamente. Ogni stand ha un seggiola pronta - «s’accomodi che le spiego» - gli stand che visti dall’alto disegnano il contorno geografico d’Italia, e da dentro un labirinto per passare dal gazebo dell’Emilia Romagna a quello di Imperia a quello degli universitari a quello della provincia di Rieti a quello dei venditori di t-shirt, il più classico florilegio di rivendicazioni in filastrocca che il lettore conosce a memoria.
E poi qui c’è altro da raccontare: i gazebo sono lì perché la gente ci entri e gli sia illustrato il perché e il percome. Tutti ben felici, i cinque stelle, di elencare le cose fatte e quelle da fare, e soprattutto, come dice Dario Violi, bergamasco e consigliere regionale lombardo, di abbandonare il tempo oscuro della «contrapposizione totale». È ora di imparare a comunicare, dice, «anche se conserviamo la nostra critica al sistema di informazione». Ma, insomma, poi la critica prosegue, occasionalmente, con le pessime asprezze classiche, con le urla e gli spintoni ai componenti la troupe di Rainews, chiamati «venduti» e invitati a mollare il campo. E sì che poco prima Davide Barillari (consigliere del Lazio alla cui presidenza fu candidato) aveva sostenuto la necessità «di imparare a diffondere le nostre idee e le nostre iniziative individuando nelle tv e nei giornali di regime, ora che siamo da molti mesi nelle istituzioni e che stiamo maturando, chi sono gli interlocutori più onesti». Toccherà anche di andare in tv, dice Giancarlo Cancelleri, capogruppo alla Regione Sicilia, «senza infilarsi in ogni pollaio, ma si valuterà quali sono i contenitori più adatti e soprattutto chi di noi dovrà andarci». Tocca di cambiare, tocca di «capire gli errori commessi» - dice Barillari. Tocca di darsi un’organizzazione, non diciamo una struttura, per l’amor del cielo ché è sacrilegio, ma «un’organizzazione sì», dice ancora Cancelleri. Nessuno qui, per esempio, vuole sentir parlare di incoronazione del vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio. Uno dei responsabili della comunicazione (un comunicatore che non vuole comparire nell’articolo, per dire come siamo ancora messi...) dice che si tratta soltanto di valorizzare, in questo raduno stellato, i volti noti. Ma il senatore Vincenzo Santangelo ha le definizione felice: «Di Maio sarà un perfetto ambasciatore».
E allora si va in tv, si prova ad abbandonare la plumbea diffidenza verso il resto del mondo, si offre a buon prezzo e con dedica il manuale del grillismo (Coerenza, un nuovo vocabolo nella politica di Leo Luongo e Simona Valesi), con una breve storia del movimento, le biografie e i riferimenti dei parlamentari. Si riconosce la necessità di un’organizzazione. Quasi si sconfina nella profanazione accettando di chiamare «partito» il movimento, «perché in fondo la gente ci considera un partito», dice Barillari. Profanazione puro - se si pensa a un anno o sei mesi fa, alla retorica un po’ fastidiosa del web, della rivoluzione on line, del mondo nuovo - quando il lombardo Violi riconosce l’utilità molto novecentesca delle sedi, «visto che nelle valli bergamasche ci cercano fisicamente, vogliono sapere dove trovarci, vogliono parlarci guardandoci in faccia e sapere che cosa stiamo facendo». Si cita quasi alla lettera un recente editoriale nel quale Marco Travaglio sottolineava le alte percentuali di gradimento per i cinque stelle fra gli under 45, e il notevole calo fra i più anziani, disabituati alle salvifiche vie di internet, e legati all’informazione tradizionale, che sarà anche marcescente, come pensano qui, ma tuttora viva. Fare qualcosa, farlo subito. Salta su anche Beppe Grillo, uno che riscatta con lo humour (sempre meno) il cupo pessimismo dei suoi interventi, ma ieri ci ha provato, diceva «entrate nei bar, andate nei circoli, nelle associazioni, abbracciate la gente, parlategli». Niente clic, qua la mano. Forse è la strada giusta, forse no, ma sarà il caso di mettercisi sopra alla svelta, se le poche migliaia di persone radunate ieri al Circo Massimo sono un segnale.
Mattia Feltri, La Stampa 11/10/2014