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 2014  ottobre 10 Venerdì calendario

IRAQ – È andata in onda l’ultima domenica di settembre sulla tv di Stato irachena al-Iraqiya e andrà avanti complessivamente per 30 puntate: stiamo parlando di State of Myths, fiction televisiva irachena che ironizza sull’ascesa del gruppo jihadista dell’IS (Stato Islamico), che sta terrorizzando il Paese e la cui minaccia è avvertita fino ai nostri confini

IRAQ – È andata in onda l’ultima domenica di settembre sulla tv di Stato irachena al-Iraqiya e andrà avanti complessivamente per 30 puntate: stiamo parlando di State of Myths, fiction televisiva irachena che ironizza sull’ascesa del gruppo jihadista dell’IS (Stato Islamico), che sta terrorizzando il Paese e la cui minaccia è avvertita fino ai nostri confini. Sulla scia di serie televisive fortunatissime che hanno tracciato il rapporto tra potere e politica, come la statunitense House of Cards, ideata dall’attore Kevin Spacey e forse la più nota di tutte, anche l’Iraq ha la sua serie televisiva “politica”. Solo che, in questo caso, si tratta di una commedia ed è forse la fiction più rischiosa del mondo. La serie, infatti, si svolge in una cittadina immaginaria, caduta sotto il controllo degli uomini dell’IS e prende di mira il carattere radicale del movimento, facendolo risultare quasi grottesco. Il capo del gruppo è rappresentato su un divano viola con rifiniture dorate, mentre attentamente studia le strategie da mettere in campo nella comunicazione sui social media. Accanto a lui figurano un nano e un temibile flagellatore di ubriachi, ma che allo stesso tempo, di nascosto, ha il vizio del bere. Nel paese controllato dall’IS, il fruttivendolo deve avere a che fare con il dilemma di non poter esporre insieme verdure con nomi femminili e maschili, per evitare la promiscuità tra i sessi. E, di questo passo, viene di fatto ridicolizzata la tendenza estremista del movimento nell’interpretare alla lettera i dettami della religione islamica. Per gli autori, dunque, un’arma che si spera si riveli efficace contro la violenza. Per gli attori, invece, l’interpretazione più pericolosa della loro carriera, al punto che quasi tutti hanno preferito rimanere anonimi per evitare di incappare in vendette, mentre sono stati in molti ad aver rifiutato il posto per paura di ritorsioni. La serie va in onda anche nelle città stesse controllate dall’IS, tra cui Mosul: uno degli ideatori ha detto che è proprio qui – dove alcuni locali hanno aderito, forse anche solo per necessità di sicurezza, al messaggio dell’IS – che si spera di far cambiare opinione alle persone, mostrando il vero volto del movimento e mettendone in luce gli aspetti più assurdi. Se, da un lato, la fiction è dunque un tentativo di combattere per altre vie l’espansione del radicalismo, dall’altro è anche un bel risultato per l’industria televisiva di Baghdad. Si tratta, infatti, della produzione televisiva più importante da quando è avvenuta l’invasione statunitense nel 2003, nonostante i costi tutto sommato modesti (circa 500.000 euro).