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 2014  ottobre 10 Venerdì calendario

GERMANIA, CROLLA ANCHE L’EXPORT

«Un film dell’orrore». Carsten Brzeski, economista di Ing, non ha usato mezzi termini per commentare il crollo delle esportazioni registrato in Germania nel mese di agosto. Il calo, comunicato ieri, è stato del 5,8% su base mensile, il più forte dal gennaio 2009, quando si era nel pieno della crisi provocata dalla bancarotta di Lehman Brothers. Con le differenza che allora c’era una chiara causa scatenante, mentre oggi ce ne sono molte, alcune non riconosciute dal governo tedesco perché farlo significherebbe di ammettere di avere commesso degli errori fatali. Il dato sull’export è l’ultimo di una serie preoccupante: si è cominciato martedì scorso con gli ordini all’industria tedesca, scesi ad agosto del 5,7% rispetto a luglio, anche in questo caso il calo peggiore dal gennaio 2009, il giorno dopo è arrivato quello sulla produzione industriale, scesa, sempre ad agosto, del 4% congiunturale. E ieri la mazzata delle esportazioni, da sempre traino e vanto dell’economia tedesca. Su base annua la flessione è stato dell’1% ed è tutto da attribuire alle esportazioni verso i Paesi extra-Ue, che hanno registrato un calo del 4,7%. È evidente che il rallentamento della Cina e soprattutto la crisi ucraina, con le conseguenti sanzioni alla Russia, stanno pesando molto. Le possibilità che entrambi i fattori possano migliorare nel breve periodo sono praticamente a zero. Mentre c’è poco da sperare in Eurolandia, dove, come ha detto ieri la direttrice del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde, esiste «un serio rischio di recessione». «Non stiamo dicendo che l’Eurozona sta entrando in recessione ma affermiamo che esiste il serio rischio se non si fa nulla», ha osservato la Lagarde, che da tempo suggerisce alla Bce di dare il via a un vero Quantitative easing, ovvero a un massiccio piano di acquisti di titoli di Stato. Ma il nein della Germania è sempre più irremovibile. Tanto che ieri il ministro delle Finanze bavarese Markus Soeder ha proclamato che il governo tedesco deve «fermare chiaramente e ad alta voce» gli acquisti di Abs e covered bond da parte della Bce, che «non può diventare una bad bank per l’intero Continente».
In Germania, comunque, sono in molti a essere consapevoli della delicatezza della situazione. I principali istituti economici tedeschi, Ifo, Diw, Rwi e Iwh hanno tagliato le stime di crescita della Germania: a +1,3% da +1,9% nel 2014 e a +1,2% da +2% nel 2015. Le cause della forte revisione al ribasso stanno nella debolezza della domanda interna ed estera e nella fragilità di Eurolandia nel suo complesso. I quattro istituti hanno sottolineato che il governo dovrebbe intervenire riducendo il carico fiscale e aumentando gli investimenti pubblici e privati. Per Richard Grievson, economista di Economist Intelligence Unit, il trend negativo è «dolorosamente chiaro; avremo bisogno di una serie di indicatori molto forti riferiti a settembre perché la Germania eviti la recessione tecnica», ma gli indici relativi al sentiment rendono improbabile questo recupero. È infatti difficile prevedere che i fattori che stanno guidando export e industria in Germania spariscano nei prossimi 2 o 3 trimestri, è la conclusione di Grievson. Tra i pochi a fare sfoggio di relativo ottimismo è Anatoli Annenkov, economista di Société Générale, secondo cui con una Germania in recessione sarà lecito aspettarsi «un’approvazione maggiore da parte di Berlino degli stimoli fiscali interni e anche degli sforzi della Bce».
Marcello Bussi, MilanoFinanza 10/10/2014