Massimo Galli, ItaliaOggi 10/10/2014, 10 ottobre 2014
ATENE CAPITALE DELLA PROCREAZIONE
In Grecia c’è un nuovo business che ha grandi potenzialità: quello dell’utero in affitto e, in genere, della procreazione assistita. Le legislazioni restrittive di molte nazioni occidentali spingono le coppie a organizzare trasferte nel paese ellenico. Come ha sottolineato Takis Vidalis, giurista alla Commissione nazionale di bioetica, la situazione greca avrà effetto in tutta Europa.
La Grecia, che conta una sessantina di cliniche attive nella procreazione assistita (un numero elevato per una nazione di 11 milioni di abitanti), ha tutto l’interesse a favorire il turismo delle madri in affitto e a cercare di guadagnare quote di mercato rispetto agli Stati Uniti. Per esempio, dal punto di vista economico, oltreoceano bisogna spendere il corrispettivo di circa 100 mila euro per l’utero in affitto, mentre Atene propone un terzo di quella somma.
Uno studio del Parlamento europeo pubblicato l’anno scorso evidenzia che la Grecia è l’unico paese Ue a sostenere espressamente questa modalità procreativa. La conclusione è che la normativa di Atene, approvata nel 2002, può essere utilizzata come base per riformare le altre legislazioni dei paesi comunitari. La versione greca della legge è molto permissiva, aggiunge il documento di Bruxelles: una donna, sola o in coppia, può beneficiare della fecondazione in vitro, di una donazione di ovuli, dell’utero in affitto e perfino di un’inseminazione post mortem fino a 50 anni. Inoltre la donazione di ovociti e l’utero in affitto sono considerati «un atto di altruismo», non remunerato ma «indennizzato». Ufficialmente una donatrice di ovociti può ricevere fino a mille euro, e una madre che ospita l’embrione 10 mila euro. E questo avviene in un paese nel quale i disoccupati sono al 27% e il salario medio ammonta a poco più di 800 euro al mese.
In realtà vi sono molto dubbi a proposito dell’altruismo. Diverse indagini condotte in loco hanno evidenziato che numerose madri in affitto sono straniere, originarie di nazioni povere, di modesta classe sociale e con un basso reddito. Questi casi, sostiene uno studio del Parlamento Ue, sollevano dubbi sulla vera natura dell’altruismo: vi sono squilibri finanziari e sociali fra le parti contrattuali, il possibile sfruttamento delle gestanti e la possibilità di pagamenti in nero, che sfuggono anche ai giudici più navigati. È stata creata un’autorità indipendente di controllo ma, a causa della carenza di personale e di mezzi, non ha mai funzionato. Così il sistema è piuttosto opaco.
A Salonicco si trova il centro Iakentro, numero uno in Grecia per numero di coppie internazionali ricevute ai fini della pratica della fecondazione in vitro. Due terzi dei pazienti arrivano da paesi come l’Italia, la Francia e la Danimarca. Poi c’è la clinica di Tessalonica, aperta nel 1997 e oggi in fase di ampliamento, che all’occorrenza si trasforma anche in tour operator: se la gente ha bisogno di un alloggio, di un taxi, di un’auto a noleggio, viene aiutata. Alcuni alberghi praticano tariffe convenzionate.
In Grecia non si fanno troppi problemi nella scelta della donatrice di ovociti, a differenza degli Stati Uniti dove si consulta un catalogo. Qui le coppie non sapranno nulla della donna. E se i responsabili di Iakentro assicurano di avere a disposizione qualche centinaio di donne donatrici, le madri in affitto arrivano al massimo a dieci. La legge greca impedisce comunque le nozze omosessuali: perciò non è possibile la gestazione di un figlio per conto di due uomini. Quanto ai numeri del fenomeno, non vi sono cifre recenti, ma nel 2010 erano state analizzate 92 autorizzazioni giudiziarie dall’entrata in vigore della legge. A queste vanno però aggiunte le procedure illegali, che servono a evitare i vincoli e le spese in tribunale.
Massimo Galli, ItaliaOggi 10/10/2014