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 2014  ottobre 10 Venerdì calendario

LA RIFORMA MADIA GARANTISCE NEI COMUNI POLTRONE E STIPENDI AI POLITICI TROMBATI, NOMINANDOLI DIRIGENTI ANCHE SENZA LAUREA

Avete presente il caso di Alessandra Poggiani e dell’Agenzia digitale? Bene, preparatevi a vederlo replicato per migliaia di volte, ad assistere al trionfo dell’incompetenza sul merito, alla sopraffazione del clientelismo sulle capacità manageriali. Il tutto grazie alla pessima riforma della pubblica amministrazione firmata da Marianna Madia. Lo scandalo Poggiani, è bene ricordarlo, è stato scoperto quando, tre mesi fa, ItaliaOggi ha rivelato che la nuova direttrice generale dell’Agenzia digitale era stata nominata senza adeguato titolo di studio. La nomina, guarda caso, era stata firmata dalla ministra Madia, che è grande amica della Poggiani. Un tipico caso di clientelismo politico.
Finora, benché sollecitata da varie interpellanze, la Madia si è ben guardata dal fare chiarezza sulla nomina, rispondendone in Parlamento. Quello della Poggiani, tuttavia, rischia di non essere un caso isolato, ma soltanto il primo di una lunga serie: la cosiddetta «riforma Madia», lungi dal rivoluzionare alcunché, ha infatti introdotto, per i raccomandati della politica, due straordinarie porte d’ingresso nella pubblica amministrazione, con la possibilità di assunzione a tempo senza concorso, più quella di diventare dirigente anche senza laurea, ma con stipendio apicale. Il primo a scoprire questo sconcio è stato Luigi Olivieri, dirigente della Provincia di Verona, esperto di problemi del lavoro, che ne ha dato conto sul sito lavoce.info con un’analisi accurata.
Le due porte spalancate dalla Madia ai protegé della politica, spiega Olivieri, sono: 1) «la possibilità per gli enti locali di assumere dirigenti cooptati a tempo determinato, senza concorsi, fino alla soglia del 30 per cento delle dotazioni organiche, circa il triplo di quanto previsto nello Stato e di quanto fosse ammesso, fino a poco tempo fa, negli stessi enti locali; 2) la possibilità di assumere, negli staff dei sindaci, collaboratori a tempo determinato, retribuendoli come dirigenti, anche se privi della laurea, cioè del requisito per accedere alla qualifica dirigenziale».
È evidente che simili innovazioni non hanno nulla a che fare con l’obiettivo di migliorare l’efficienza e la produttività della pubblica amministrazione. Il vero scopo, scrive Olivieri, è piuttosto di «garantire uno sbocco a chi si dedica a una vita di partito, ma non riesce ad accedere, poi, alle cariche elettive o a nomine manageriali politiche, a causa della loro riduzione di numero». In concreto, un’innovazione che serve a trovare una diversa collocazione non solo ai politici trombati alle elezioni, ma anche a quelli rimasti a spasso a seguito dell’abolizione dei consigli provinciali e alla riduzione delle poltrone legate agli enti inutili provinciali e regionali.
Tutti costoro, grazie alla riforma Madia, «potranno trovare spazi più ampi per continuare la carriera partitica dentro i Comuni, peraltro garantendo alla forza politica di appartenenza risparmi sui costi, addossati all’ente, e piena fedeltà al sindaco che li nomina dirigenti a contratto». Non solo. Il politico trombato o rimasto a spasso per la finta abolizione delle Province, anche se non laureato, «può puntare a essere inserito nello staff del sindaco o dell’assessore, contando su uno stipendio dirigenziale e su una gestione del potere, sia pure per interposta persona». In pratica, una riforma devastante, che mira a trasferire al livello dei Comuni il tipico sottogoverno dei ministeri romani, alla faccia del merito e di chi, rispettando le leggi, ha speso anni per laurearsi, vincere un concorso e scalare i vari gradini della dirigenza pubblica locale.
Non è tutto. La riforma Madia, nell’analisi di Olivieri, introduce un’altra novità, estendendo la dirigenza a tempo determinato anche nello Stato e nelle Regioni. In questo caso il tempo determinato si spiega con il fatto che ogni dirigente pubblico, assunto per concorso a tempo indeterminato, per poter svolgere la sua attività dovrà d’ora in poi ricevere un incarico dirigenziale, che avrà una durata limitata. Dopo la scadenza, ogni dirigente dello Stato e delle Regioni dovrà darsi da fare per ottenere dal ministro o dall’assessore regionale un nuovo incarico. In caso di assenza prolungata di questo incarico, la riforma prevede che il dirigente venga licenziato.
La ratio di una simile novità, spiega Olivieri, è molto semplice. Nulla vieta che l’incarico dirigenziale, invece che a un dirigente assunto per concorso a tempo indeterminato, sia affidato a un dirigente esterno assunto a tempo determinato. Così «la chiamata senza concorso di dirigenti esterni potrà permettere di fare fuori i dirigenti ’di non provata fede’ politica, senza nemmeno il disturbo di dover dare ai dirigenti di ruolo valutazioni negative, dimostrando le loro inefficienze».
Il risultato? La riforma Madia mira a trasformare il presunto disboscamento della casta politica in un bluff, dando vita a uno spoil system di nuovo tipo, dove «la carriera politica diventa un tutt’uno indistinguibile con la gestione amministrativa, attraverso un sistema di porte girevoli». Ovvero, lo scandalo Poggiani elevato a sistema di governo. Un vero schifo.
Tino Oldan, ItaliaOggi 10/10/2014