Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  ottobre 09 Giovedì calendario

I TEDESCHI HANNO I LIBRI NEL DNA

da Berlino
Mia nipote Francesca, 13 anni, in una settimana d’agosto in Sardegna ha letto dieci libri. Mi ha detto il nome degli autori, non ne conosco neppure uno. Colpa mia. Non crediate che sia in ritardo con i tempi. Ha preso diplomi per computer riservati ai maggiorenni, al di là della mia comprensione.
Semplicemente, ama anche i libri. Non è merito del Dna, né dell’educazione: non si può obbligare un bambino o un ragazzino a leggere. Si ottiene la reazione contraria. Ha letto da sempre. Forse sarà dovuto all’imprinting materno.
Quando andai per la prima volta alla Buchmesse, la gigantesca fiera del libro inaugurata ieri a Francoforte, condussi con me mia figlia, che aveva quattro anni. Piantò una grana che non abbiamo dimenticato né io, né lei. Voleva assolutamente dei libri che le piacevano, ma alla Buchmesse è vietato comprare, si può solo vedere. Il desiderio frustrato ti rimane dentro, e passa, forse, da madre a figlia. Anche quest’anno, quando sarà aperta al pubblico normale, la fiera sarà invasa da migliaia di libri, all’uscita trasportano borsoni colmi di depliant, pubblicità e supplementi letterari dei quotidiani nazionali, come quello della Süddeutsche Zeitung, dieci pagine con il titolo Die Macht der Bücher, la forza dei libri.
I dati italiani sono negativi, come sempre: i lettori diminuiscono del 6%, solo il 43% compra almeno un libro, -6,8% le copie vendute, -4,1 il fatturato. E il trend negativo continua nei primi otto mesi del 2014: -7% le copie vendute, -4,7 il fatturato.
I tedeschi invece continuano a leggere. Dopo diversi anni in calo, l’anno scorso il fatturato complessivo, intorno ai 10 miliardi, ha ripreso a crescere. Dell’1%, ma è una cifra enorme a questi livelli. Salgono pure gli ebook, che ormai hanno raggiunto il 10% del mercato, in continua crescita, anche se siamo sempre lontani dagli Stati Uniti. Non è un male, la carta tiene. E la ripresa forse è dovuta all’azione compiuta nelle scuole: i bambini lettori non vengono lasciati soli, ma indicati come buon esempio da imitare. E i ragazzini, si sa, sono competitivi.
La Buchmesse di quest’anno vede come ospite d’onore la Finlandia, paradiso dei libri: 20 milioni di copie per 5,5 milioni di abitanti. L’80% acquista almeno un libro all’anno, da noi la metà si rifiuta di prenderlo in mano. A molti verrà in mente di commentare: con quel clima, le notti invernali senza fine, che altro possono fare? Ma non mandano messaggini e non si intontiscono con internet.
Forse le difficoltà del libro nel mondo sono paradossalmente spiegate dalla Buchmesse, sempre più grande ed estesa (anche se quest’anno all’appello mancano 300 editori, si è scesi a quota 7 mila). L’anno che ci andai con mia figlia, il 1969, occupava appena una halle, oggi è vasta quanto 17 campi di calcio. Pour con i tapis-roulant ci vuole mezz’ora da una parte all’altra. Parlai con tutti in un pomeriggio. Gli editori erano i signori Bompiani, Einaudi, Garzanti, Feltrinelli, che dirigevano case editrici che portavano il loro nome. Stavano attenti ai conti, ma pubblicavano quel che piaceva a loro. Ero giovane e feci un errore. Chiesi a Garzanti se avesse letto tutti i libri che pubblicava. «È impossibile», sorrise, «ma ho letto quasi tutti quelli che non pubblico». Il troppo grande finisce per soffocare.
Oggi ci sono direttori editoriali colti e che amano i libri, ma devono fare i conti con società per azioni, a volte con multinazionali. Stampare un libro che piace può diventare un peccato mortale. Il mercato è stato sempre doppio, commerciale e, diciamo, letterario. I lettori abituali in Italia non sono più di 200 mila, e molti devono distribuire le loro risorse. Per conquistare tirature da bestseller bisogna raggiungere quelli che di solito non leggono, non è un paradosso. E si dimenticano quelli che leggono per passione, e non comprerebbero mai il romanzo di una starletta televisiva.
Roberto Giardina, ItaliaOggi 9/10/2014