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 2014  ottobre 09 Giovedì calendario

PERISCOPIO


I veicoli in sosta di intralcio vanno rimossi, vedi Violante. Jena. la Stampa.

Non mi ricordo più se noi donne veniamo prima dei disoccupati o dopo i giovani o tra il Mezzogiorno e i pensionati. Altan, Donne nude. Longanesi.

Alfano vuole annullare il registro dei matrimoni gay. Quelli tra idioti gli vanno benissimo. Spinoza. Il Fatto.

(mfimage) Il ragazzo Renzi ci deluderà, sempre il ragazzo delude, Mozart a parte. Il potere delude. Ma se stiamo qui a grattarci con le delusioni future, addio core, come si dice a Roma. Si constati: è un bel tipaccio. Giuliano Ferrara. Il Foglio.

Gli inquirenti sono arrivati a Greganti attraverso una serie di intercettazioni. Di telefonate mute. Edelman. Il Fatto.

Adesso ci spiegano (e qui, noi ibridi, un po’ liberali, un po’ radicali, esultiamo) che licenziare non è una cosa di destra, è una cosa di sinistra. Anche l’abolizione dell’art. 18 è una cosa di sinistra. Anche avere un leader carismatico è una cosa di sinistra. È una cosa di sinistra pensare che le imprese siano una cosa di sinistra. L’unica cosa che non è più di sinistra è essere di sinistra. Mattia Feltri. La Stampa.

Dario Franceschini era stato il vice di Walter Veltroni. Conosco bene che cosa voglia dire essere il vice di un leader. È un’esperienza che ho fatto per anni a Repubblica, sotto il regno di Eugenio Scalfari. Credi di contare molto e invece non conti niente. Vivi al fianco del capo, ma lui ha il sole in fronte, mentre tu resti nell’ombra. E quando il numero uno va da un’altra parte, se non lo segui, i suoi nemici ti sbranano. Giampaolo Pansa, Tipi sinistri. Rizzoli.

Nel 2008 Pier Ferdinando Casini ha rotto definitivamente con Berlusconi e ha creato l’Unione di centro, che, alle elezioni, è riuscita a raggranellare un 5,6 per cento di voti. Infine l’autostrangolamento con la cravatta di Hermès. Casini ha visto in Mario Monti l’astro nascente nel firmamento della politica e ha pensato bene di mettersi sotto la buona stella. Mal gliene incolse, perché ha rischiato di mancare la sua nona legislatura. È entrato in Senato per il rotto della cuffia e ha visto ridursi la rappresentanza dell’Udc a 13 parlamentari, lui compreso, a tutto vantaggio di Scelta civica. Si ricomincia da capo, come nel 1994. Dopo averne dette di tutti i colori sul vituperato fondatore e rifondatore di Forza Italia, l’immarcescibile Bel Ami aspira a risedersi al fianco del decaduto, per rilanciare il centrodestra, lui che di azzurro non ha nulla eccetto la moglie Azzurra. Il bello è che il Cavaliere (se lo conosco, e lo conosco) lo riprenderà con sé. In effetti è il tipo che riprende tutti. Ha ripreso un paio di volte persino me, volete che non si ripigli il figliol prodigo che ha ancora in tasca due o tre voti? E bravo Pierfurby. Ha scampato un’altra volta il pericolo di dover andare a lavorare. Gli rimangono la consorte editrice e il suocero costruttore. Per quanto tempo ancora, non si sa. Vittorio Feltri e Stefano Lorenzetto, Buoni e cattivi. Marsilio.

Salone del libro del Pen Club, nella grande hall della Casa della Radio. Visoni, gioielli, sulle donne che hanno tutte il medesimo look, quello della «vecchia giovane»: magre, piatte, biondo vaporose, bei denti e viso rugato. «Cara amica, grazie di essere venuta». Lo scrittore di romanzi esotici si alza così molte volte, tendendo il braccio al di sopra della sua pila di libri per salutare elegantemente le sue amicizie. Sembra che il Pen Club sia stato creato per venire in aiuto agli scrittori imprigionati, sottoposti a tortura. Annie Arnaux, La vie extèrieur. Folio.

Questo mercoledì di settembre è ciò che tutti definirebbero una bellissima giornata. Tiepida, le chiome degli alberi che docilmente sbiadiscono al sole. Sole un po’ pallido, a dir la verità, in un cielo velato. Ma, nei giardini, le rose fioriscono ancora. Io però non riesco a distogliere lo sguardo dagli alberi: ancora carichi di foglie, ma spente, come se la linfa, nelle loro vene, avesse smesso di scorrere. Non c’è un alito di vento, e solo a tratti una foglia solitaria cade a terra, con un impercettibile fruscio. Le altre se ne restano lassù, sui rami, a guardarla - vive ancora, ma illividite ormai. Non so perché io sia fatta così male, e avverta in questa bella giornata un fiato di cenere. Preferisco, piuttosto, un’alba di gennaio: buia, con il ghiaccio che scricchiola per terra, e il freddo che morde le mani e taglia le labbra. La preferisco, perché lì la morte è ormai compiuta - e non c’è niente che ancora possa morire. Mentre sotto alla terra brinata i semi stanno serrati in sé, e quasi pronti a germogliare. Mi guardo intorno per strada, cercando nelle facce dei passanti la mia stessa malinconia. Ma sembrano tutti indifferenti, come probabilmente, del resto, lo sembro io. Ci diciamo anzi, fra conoscenti: che splendida giornata. Ci sono cose di cui, per convenzione, non si parla. Come l’impallidire e l’accartocciarsi delle foglie, a settembre, e il nostro calpestarle - come se non ci sussurrassero niente. Marina Corradi. Tempi.it.

Ciài l’addominali sblusati. Co’ ’panza tua me ce posso fà er risvolto. Walter Siti, Exit strategy. Rizzoli.

Leopoldo Pardi, maggiore comandante il II gruppo del 1mo reggimento artiglieria celere «Eugenio di Savoia» formava una famosa coppia militare con padre Bach, al secolo pastore evangelico a Mannheim, poi capitano richiamato in fanteria e finalmente maggiore, comandante il battaglione tedesco di «Passo Halfaya». I due avevano portato a tale perfezione l’accordo tra i cannonieri italiani e i fanti tedeschi, da ricordare, pur negli spasimi dei combattimenti, il sincronismo degli acrobati al trapezio. Molti se ne stupivano, specialmente perché quei soldati parlavano lingue molto diverse. Anche Pardi e Bach erano molto diversi. Pardi poderoso e alto quasi due metri, Bach piccolino e dimesso, capovolgendo l’immagine popolare e classica attribuita alle rispettive razze. Bach manovrava bonariamente i suoi, come avrebbe fatto un paterno, maturo e volitivo richiamato di sangue latino. L’uno e l’altro, adorati dalla truppa. Paolo Caccia Dominioni, Alamein 1933-1962. Longanesi, 1966.

Dopo il bombardamento giunsero finalmente alla terza banchina, intatta, dove si stava formando il treno per Tours, un accelerato di provincia, placido e nero, che sputava fumo. Irène Némirovsky, Suite francese. Adelphi.

Io sono le montagne che non ho scalato. Nives Meroi, alpinista himalayano. La Stampa.

È così bugiardo che quando dice la verità non ci crede nemmeno lui. Roberto Gervaso. il Messaggero.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 9/10/2014